Six.

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Il sonno sembrava essere scivolato via completamente, quando i suoi occhi si aprirono e la luce del sole, seppur non troppo forte, del mattino, che entrava dalla finestra lì di fianco, gli illuminò il viso, e passati i primi secondi di disorientamento, poggia i palmi delle mani e si drizza a sedere, quasi in preda ad illuminazione improvvisa, ma che non è altro se non il suo primo pensiero di ogni mattina: il ranch.
Con la mente occupata da ciò, il dolore che aveva alla testa e che fino a quel momento era stato messo in secondo piano, ritornò a colpirlo con una seconda ondata, e non riuscendo a fare altro, poggiò la testa sul cuscino e socchiuse gli occhi, nel tentativo di alleviare quel dolore pulsante.
Piano a piano, le immagini della sera precedente iniziarono a riformularsi, e nonostante la poca nitidezza di quelle verso la fine, a causa dell'alcol ingerito, il risultato finale era un indecisione tra il ridere per la sfacciatagine avuta nel dire tutto quello a Federico, oppure scoppiare a piangere dalla vergogna, ma tutto ciò che fece, fu limitarsi ad andare nel bagno e sciacquarsi il viso con abbondante acqua fresca, per dare un aspetto più sveglio al suo viso e dove sostituì I suoi vestiti utilizzati per dormire con una semplice maglietta a mezze maniche e un paio di pantaloni a mezza gamba.
Represse uno sbadiglio sul palmo della mano e sciacquò il viso nuovamente, rimanendo a fissare lo specchio che gli restituì un immagine del suo viso con uno strano sorrisetto dipinto sulle labbra, ed in fondo, sapeva che ciò che la sua bocca era stata in grado di formulare la sera precedente, non era dovuto completamente all'alcol, ma ai sentimenti che, pian piano, iniziavano a farsi strada dentro di lui e che provava nei confronti di quell'uomo tanto misterioso di nome Federico.

Il caffè che fino a pochi minuti prima si trovava nella tazza bianca che reggeva con entrambe le mani, aveva avuto degli effetti quasi miracolosi su di lui; il sonno era completamente svanito, e con esso, anche buona parte del mal di testa. Ne bevve la parte rimanente tutta in un sorso e, rimanendo appoggiato alla ringhiera della veranda, posò lo sguardo dove era stato fino a poco prima: la figura di Federico che, dopo aver aperto il ranch, aveva iniziato a ripulire una parte delle stalle che avevano selezionato il giorno precedente, e di questo, Benjamin crede che non gli sarà mai abbastanza riconoscente.
Quando si decide a spostare, oltre che il suo sguardo, anche il suo corpo, da quella scena, si dirige all'interno della casa fino ad arrivare in cucina, dove posa la tazza sporca nel lavandino insieme alla macchinetta utilizzata per preparare la bevanda. Si avvicina alla finestra e ne sposta le tende, prima di aprirla, e quando un leggero soffio di vento lo colpisce sul viso, un'idea improvvisa, ma a suo parere geniale, gli passa per la mente, e con molte probabilità, riuscirà anche a ringraziare il suo collega per il lavoro che aveva svolto anche al suo posto: un picnic all'aperto, in una pianura non
molto distante dal ranch.

Due ore dopo circa, il risultato era una cucina completamente messa sottosopra e una padella dal fondo completamente bruciato, reduce da un esperimento non andato a buon fine, -davvero irrecuperabile-, ma allo stesso tempo, il tavolo ospitava una grande distesa di cibo, interamente preparato da lui per l'uscita con Federico, che, però, ancora non sapeva nulla, a causa della sorpresa che Benjamin aveva intenzione di fargli.
Stranamente, sentiva l'ansia che iniziava a crescere, e completamente perso nei suoi pensieri, -tra cui anche quelli che continuavano a chiedere se quella era stata davvero una buona idea-, tanto da non sentire nemmeno la porta d'entrata aprirsi e poi chiudere all'entrata di una figura a lui molto familiare.

Federico, dopo qualche attimo di esitazione davanti la porta di casa di Benjamin, decise di aprirla senza bussare, deducendo che si conoscevano da ormai parecchio tempo da mettere da parte le formalità, e una volta entrato, la richiuse alle sue spalle, iniziando a dirigersi subito dopo verso la cucina, l'unico luogo in quella casa in cui provenivano dei rumori e dove lui credeva ci fosse Benjamin.
«Benjamin?», lo chiamò per avvisarlo quando altri pochi passi lo separavano dalla soglia della cucina, ma non ricevendo risposta, decise di avanzare, ma quando quella visione gli si parò davanti, tutto ciò che uscì dalla sua bocca fu un: «Benjamin», detto in un tono molto più basso rispetto al precedente e carico di sorpresa, ma fu abbastanza alto da far spaventare il moro e da fargli quasi cadere la spugna piena di sapone che aveva in mano.
«Federico!», lo salutò. «Entra pure!» Si avvicinò ad una sedia e dallo schienale ne prese uno strofinaccio, con cui si asciugò le mani prima di posarlo nuovamente dove era prima.
«Hai preparato tu tutto questo?», con una mano indicò la grande varietà di pietanze che occupavano gran parte del tavolo e che erano tutte sistemate in dei contenitori ermetici.
«Beh, sì.» Rispose, accarezzando la sua nuca con la mano e sentendo un po' di imbarazzo iniziare a farsi strada dentro di lui. «Sai, quando non si ha nulla da fare...»
«Di solito quando io non ho nulla da fare vado a fare una passeggiata oppure leggo un libro, ma non cucino di certo tutte queste cose!»
«In realtà non le ho preparate solo perché non avevo nulla da fare», iniziò, del tutto intenzionato a proporgli la sua idea. «Le ho preparate perché pensavo fosse una bella idea andare a fare un picnic noi due.
Sai, volevo ringraziarti per il lavoro che hai svolto anche al mio posto questa mattina, te ne sono davvero debitore.»
Non ricevendo nessuna risposta da parte dell'altro ragazzo, per un attimo pensò che non era stata per nulla di suo gradimento, ma prima che riuscisse ad aprire bocca per formulare qualsiasi parola, le labbra di Federico sera premute sulla sua guancia sinistra, che al di sotto di quel tocco delicato, sembrava quasi bruciare.
«Grazie.», la sua voce era poco più alta di un sussurro, ed in risposta, Benjamin non poté far altro che sorridere.
«Come faremo a trasporatare tutte queste cose?», chiese Federico, ma la sua più che una domanda gli sembrò un ragionamento a voce alta, a giudicare anche dal tono di voce leggermente basso con cui aveva parlato.
«Potresti ripetere? Non credo di aver sentito molto bene.»
«Come faremo a portare con noi tutta questa roba?», ripetè a voce più alta e indicando con un cenno ciò che aveva nominato.
Avendo quasi un illuminazione improvvisa, e senza proferire nessuna parola in risposta alla domanda di Federico, Benjamin scomparve nell'altra stanza, e prima che il biondo potesse proferire anche una sola parola, Benjamin fece di nuovo ritorno con un sorriso soddisfatto sul volto. Federico restò per un attimo interdetto, guardando l'altro con espressione quasi interrogativa, ma quando Benjamin alzò entrambe le braccia, rivelando in questo modo due borse termiche dalla lunga tracolla che Federico prima non aveva notato, l'espressione di quest'ultimo cambiò: le sue labbra si incurvarono all'insù in un leggero sorriso, si diede mentalmente dello stupido per non averle notate prima e lasciò fuoriuscire un : «Aah!», dalla sua bocca.
Insieme, sistemarono il cibo in entrambe le borse termiche, e fu soltanto quando ogni contenitore fu posato ordinatamente nelle borse che Benjamin si rese conto di aver leggermente esagerato con le porzioni, ma prima che, come suo solito, iniziò a farsi qualsiasi complesso mentale, Federico lo rassicurò, dicendogli che ciò che sarebbe avanzato si sarebbe potuto consumare tranquillamente la sera stessa a cena, ma aggiunse anche un: «Sicuramente sarà tutto buonissimo, e sono anche sicuro che non avanzerà nulla.», causando un sorriso, -l'ennesimo-, sul volto dell'altro.
Quando uscirono al di fuori dell'abitazione, Benjamin si premurò di chiudere a chiave la porta di casa e anche di aver chiuso tutte le finestre, essendo sicuro che sarebbero stati fuori quasi tutta la giornata e per questo motivo, voleva evitare che si verificassero episodi spiacevoli in sua assenza. Sulla porta dell'ufficio, sistemò anche un cartello di avviso per I clienti della chiusura pomeridiana dell'attività, anche se era del tutto sicuro che con il caldo di quel giorno, nessuno sarebbe passato per di lì, preferendo al posto di una passeggiata con un cavallo una giornata in spiaggia, e fu proprio allora che ebbe un'idea, secondo lui, a dir poco grandiosa.
Non si sistemarono le borse in spalla, né si avviarono in direzione della strada che li avrebbe condotti alla loro meta, a differenza di come pensava Federico, ma quest'ultimo, si limitò a seguire il moro in silenzio, passando in repertorio nella sua mente qualsiasi possibilità, ma non ci volle molto ad escludere qualsiasi cosa avesse pensato, quando i loro passi si interruppero e si rese conto che ciò che Benjamin aveva ideato, era una passeggiata in cavallo per arrivare alla loro destinazione.
Entrarono all'interno, dove l'odore pungente del fieno riempiva la maggior parte di quel posto, e dove anche lì, Federico seguì Benjamin in silenzio, ma con un lieve sorriso sulle labbra. La loro camminata si interruppe quando il moro si fermò circa alla fine dell'edificio, e, non sapendo il motivo di tale gesto, Federico dedusse mentalmente che i due box, -gli unici lì in fondo ad essere pieni, dato che circa quattro in quel punto erano vuoti-, ospitavano i cavalli che avrebbero preso. Le sue deduzioni vennero confermate pochi attimi dopo, quando Benjamin posò a terra la borsa che aveva in spalla, e girandosi verso sinistra, aprì con uno scatto la serratura che teneva chiusa la porta in legno e la aprì per metà, rivelando al di dietro un cavallo adulto dal manto nero e lucente. Era decisamente un bel cavallo, pensò, anche se le sue nozioni sui cavalli erano davvero scarse, ad esclusione di ciò che aveva imparato in un mese di lavoro lì al ranch. Girandosi dall'altro lato, Benjamin fece lo stesso con l'altra porta, rivelando stavolta un cavallo completamente diverso dall'altro: il suo manto era bianco, candido, e dalla criniera, spostata interamente da un lato ed anch'essa bianca, fuoriusciva una lunga treccia, che oscillò leggermente al movimento del capo.
«Sono davvero belli», commentò Federico mentre li guardava incantati, e Benjamin, d'altro canto, non poté che essere d'accordo.
«Lascia che ti dica i loro nomi», disse Benjamin, posizionandosi al centro dei due box ed in modo da essere anche dinanzi a Federico.
Federico alzò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto.
«Hanno anche dei nomi?»
«Certamente!», protamente rispose Benjamin, non riuscendo a decifrare l'espressione dell'altro ma decidendo di ingnorarla, iniziò a prensentare I due cavalli. «Lui è White.», iniziò, avvicinandosi al bianco e carezzandogli con la punta delle dita un punto preciso sulla testa.
«Bel nome», commentò Federico, pensandolo seriamente ed avvicinandosi a sua volta al cavallo.
«Dal nome sembra essere molto buono, chissà se lo è per davvero.», aggiunse allungando una mano in direzione della fronte del cavallo, ma appena questi emise uno sbuffo abbastanza alto, la ritirò immediatamente, per evitare di essere morso o cose di questo tipo.
«Direi proprio di no.»
Benjamin rise leggermente, prima di rassicurarlo. «All'inizio con gli estranei è sempre così, ma non preoccuparti, quando si abitua è un vero angioletto. Non è vero White?» tornò ad accarezzargli lo stesso punto di prima, e vedendo che questo era completamente tranquillo sotto quel tocco, rimase quasi stupito, ma velocemente scacciò dalla sua mente l'idea di riprovare a stabilire un contatto con quell'animale, se voleva continuare ad avere tutte le dita della mano destra.
«Lui invece è Furia.» Indicò con la mano il cavallo dal lucente manto nero iniziando ad avvicinarsi.
«Furia?»
«Sì, Furia»
«Non credo che sia molto calmo come cavallo, a giudicare dal nome»
«Sbagliato», lo rimbeccò, carezzando la punta del naso del cavallo, «E' il cavallo più buono che io abbia mai conosciuto»
«Oh, davvero?»
«Proprio così», confermò, spostando le dita dal naso alla cima della testa, mentre esso sembrava completamente rilassato sotto quel tocco. «Dai prova!», aggiunse poi, cessando le carezze ed ignorando il contatto con la sua mano che l'animale stava cercando di riavere.
«Oh no, non vorrei che...», tentennò, indietreggiando di qualche passo e del tutto deciso a non sfiorarlo nemmeno con un dito, ma quando gli occhi del moro si incastrarono perfettamente nei suoi, e le loro mani si toccarono, creando un intreccio perfetto, Federico in poco tempo si ritrovò ad accarezzare le orecchie dell'animale con i polpastrelli delle sue dita, e il corpo completamete inondato dai brividi per le parole rassicuranti che Benjamin gli sussurrò all'orecchio. Voleva bearsi di quella piacevole sensazione per molto altro tempo ancora, e fu quando sentì il petto del ragazzo dietro di lui, entrare in contatto con la sua schiena, che un calore si irradiò nelle sue membra, ma i suoi occhi si socchiusero appena prima che Benjamin si staccò da lui, così come il calore e la sensazione di benessere che si era impossessato di lui per pochi attimi, ma che a lui, parvero molto di più.

Non molto tempo dopo, si ritrovarono al centro della stalla, ognuno con il proprio cavallo, -Benjamin aveva preso White, dato che riusciva a fargli mantenere la calma, mentre Federico prese Furia, avendoci socializzato prima-, ed alle prese con gli ultimi passaggi per il montaggio delle selle. Questo, si rivelò essere molto facile e per niente difficile rispetto a quanto si aspettava Federico, ma in alcuni passaggi, -di solito in quelli più complessi-, si mostrò incapace e bisognoso dell'aiuto di Benjamin, aiuto che lui prontamente gli aveva dato, ma, in realtà, tutto ciò di cui aveva bisogno era di sentire l'altro vicino a lui proprio come poco prima.
In seguito a queste situazioni createsi, salirono in groppa ai rispettivi cavalli, ed avviandosi per un tratto boscoso, che Benjamin conosceva molto bene grazie alla moltitudine di volte che lo aveva attraversato, raggiunsero la loro meta, che, lasciò a bocca aperta Federico e un espressione soddisfatta sul volto di Benjamin, dovuta allo stupore del suo amico. Quest'ultimo epiteto glielo aveva affibbiato qualche giorno prima quando, rientrando in casa da una giornata di lavoro particolarmente spensierato, di cui la maggior parte era stato per il collega che aveva svolto le sue faccende al suo fianco, e quella sera stessa, ritrovandosi a pensare a quei momenti, lo aveva definito in quel modo, ma, dentro di sè, non potè negare che per lui, stava diventando un qualcosa in più di un semplice amico.

Guardandosi intorno con entrambe le mani poggiate sulla sua vita, Federico pensò che quel posto era davvero incantevole, quasi magico, intriso di una tranqullità unica, ed assorto in questi pensieri, li riassunse tutti in un: «Che meraviglia», ma che, seppur non lo fosse, sembrava non fargli abbastanza giustizia.
Dietro di lui, Benjamin finì di legare con delle corde entrambi I cavalli ad un albero, lanciandogli di tanto in tanto delle occhiate veloci che si mescolavano a dei piccoli sorrisi, prima di raggiungerlo e posizionarsi al suo fianco.
«Assolutamente», commentò a sua volta, con le braccia incrociate al petto e alcune ciocche ribelli di capelli che gli cadevano davanti al viso. «Era da tempo che non venivo qui, e ad essere sinnceri, sono felice di esserci tornato con te», aggiunse, voltandosi completamente verso il ragazzo al suo fianco, che nel frattempo, imitando l'altro, aveva fatto lo stesso.
Federico restò a guardarlo per alcuni istanti, e prima ancora di rendersene conto, le parole, fino ad allora ferme sul fondo della sua gola, risalirono in cima, per poi scivolare sulle sue labbra ed arrivare alle orecchie dell'altro. 
«Ed io sono felice di essere qui con te»

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 11, 2017 ⏰

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