Abbie era particolarmente felice per la sua partenza, felice come rare volte prima di allora aveva avuto l'opportunità di vederla.
Ciò lo constatò quando, rientrato in casa dopo la sua passeggiata serale con Federico, ed essersi richiuso la porta alle spalle, quelle che gli sembravano le parole di una canzone - intonate da una voce decisamente femminile, ma senza una base musicale ad accompagnarle in sottofondo - giunsero alle sue orecchie, seguendo incuriosito la scia di quelle parole che aleggiavano nell'aria, in poco tempo si ritrovò sull'uscio della camera della sua dipendente, dove, al suo interno, questa era intenta a gettare - totalmente alla rinfusa e senza nemmeno la preoccupazione di piegarli - quasi ogni vestito che le capitava tra le mani. Inoltre, tra una di quest'ultime, reggeva quella che a primo impatto e alla fioca luce di una delle luci posizionate ai lati della casa per illuminare tutto ciò situato intorno ad essa, che entrando dalla finestra non troppo lontana da entrambi, inondava tutta la stanza, e quando sul suo viso riuscì ad individuare i suoi occhi, semi-chiusi, ridotti quasi a due piccole fessure, capì immediatamente che era completamente concentrata sulla sua performance azzardata, e non sulla valigia aperta e ricoperta quasi del tutto dai suoi vestiti, così come il letto su cui era posizionata e buona parte del pavimento che lo circondava.
Non essendo stato ancora notato, dopo svariati minuti, in cui non aveva smesso neppure per un secondo di reprimere un sorriso per la buffa scena che si stava articolando davanti ai suoi occhi, decise di completare l'azione già in programma nella sua mente da quando era entrato, rimasta, però, compiuta solo per metà, e per questo, reprimendo stavolta uno sbadiglio sul palmo della mano, si diresse nella sua di camera da letto.
Richiuse la porta alle sue spalle e recuperò dall'armadio un paio di pantaloni corti e una maglia a mezze maniche, per poi indossarli e stendersi sul letto. Gli occhi si chiusero da soli, ma stranamente, nonostante la stanchezza che sentiva in ogni parte del suo corpo, il sonno sembrava improvvisamente averlo abbandonato.
Dalla sua tipica posizione laterale che aveva assunto, si girò a pancia in sù, rivolgendo in questo modo, il suo sguardo al soffitto: era completamente bianco ma alla luce della luna che filtrava dalla finestra sembrava di un colore più scuro. Necessitava assolutamente di essere ritinteggiato, così come le pareti, ma, nonostante le crepe che lentamente stavano iniziando a formarsi, continuava a rimandare quel lavoro. Quasi istantaneamente, pensò che avrebbe potuto chiedere una mano di aiuto a Federico, ma si rese subito conto dell'assurdità del pensiero e si diede mentalmente dello stupido. Nonostante ciò, si rese conto solo allora che quel ragazzo, all'apparenza uno sconosciuto venuto lì da un'altra città, era ormai diventato parte della maggior parte dei suoi pensieri, negli ultimi giorni.
Si era sorpreso più volte a pensarlo, di solito accadeva dopo averlo casualmente incontrato nelle vicinanze del ranch, nei suoi turni lavorativi, e doveva ammettere che - pur ostinandosi a sostenere il contrario -, apprezzava il sorriso che gli rivolgeva ogni volta che si incrociavano, e più di una volta, si era ritrovato ad arrossire come un sedicenne alle prese con la sua prima cotta. Continuava, però, ad essere restio nei suoi confronti, per un motivo che continuava a negare.
Dalla morte di Ivanov, la sua vita era completamente cambiata; in parte, si sentiva colpevole per non aver fatto nulla, per non aver lottato per la sua sopravvivenza, ma di essere rimasto quasi immobile ad ascoltare le sue promesse pronunciate con voce affaticata. Con il tempo, però, aveva imparato ad accettarlo. Aveva imparato ad accettare il dolore come una parte della sua vita, una parte di cui si era convinto che mai lo avrebbe lasciato.
Di questo ne fu convinto per molto-forse troppo- tempo, o almeno, fino a quando Federico non entrò a far parte della sua vita. Quando erano insieme, anche per breve tempo, sentiva tutti i problemi che gravavano sulle sue spalle sfumare via, e la tranquillità, caratteristica saliente del biondo, impossessarsi anche di lui.
Possedeva una tranquillità d'animo non eguagliabile, evidente soprattutto dal particolare, ma allo stesso tempo semplice, modo in cui articolava i discorsi, quest'ultimi capaci di rapire completamente Benjamin e trasportarlo in un altro mondo formato esclusivamente dal sorriso di Federico e dai suoi profondi occhi blu, luogo in cui sembrava nascondersi un dolore profondo e sconosciuto.

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Before you go. | Fenji
FanficFederico: un giovane marine di appena vent'anni alla sua terza missione, si ritrova a parlare con il suo amico Rickard della casualità del destino, quando una granata lo ferisce brutalmente, uccidendo l'altro. Tre anni dopo, nell'anniversario della...