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Just tonight — The Pretty Reckless

C'è ancora il sole a San Diego quando mi sporgo fuori dalla finestra della mia camera e mi appoggio sul davanzale con una sigaretta tra le dita. A mia madre dà fastidio che fumi; in realtà non lo faccio neanche spesso, ma dovrebbe sapere che non sono perfetta come avrebbe voluto e che non è una sigaretta a compensare tutte le mancanze e a riempire i vuoti incolmabili.

Mi passo le dita tra le ciocche della frangia come un'abitudine che non riesco a lasciare andare, come questa sigaretta che lentamente mi si consuma tra le labbra. Quello che mi piace di questa stanza è questa finestra. Il fatto che non ci sia niente davanti a me quando guardo fuori, soltanto il vuoto e tutto ciò da cui vorrei poter scappare anche soltanto per una notte.

«C'è Selene» mi dice poi mi madre; sento la sua voce da dietro la porta e io mi volto dopo aver spento sul davanzale quello che ne restava della sigaretta.

La porta viene aperta, Selene sorride a mia madre e poi entra nella stanza. Il suo sorriso è sempre lì, anche per me. Selene è l'unica che sia rimasta dopo tutto quanto, l'unica che è riuscita a farmi credere che non sarebbe andata via e che poi davvero non lo ha fatto.

«Stasera ti porto in un posto» dice soltanto; io la guardo senza riuscire a comprendere a fondo il suo sguardo. Cela qualcosa di diverso, ma io non niente da perdere. E quando non hai niente da perdere è tutto più semplice.

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Il posto in cui mi porta Selene sembra tranquillo. È un po' fuori San Diego, ci siamo arrivate con la sua auto e credo che lei lo conoscesse già, anche se non ha voluto sbilanciarsi più di tanto mentre lo raggiungevamo. San Diego mi piace, mi è sempre piaciuta anche se a volte la sento stretta, come se mi soffocasse. Mi è sempre piaciuta prima di quel giorno, prima di tutto quanto. Prima.

«C'è un tavolo lì» afferma Selene al mio fianco, indicando il piccolo tavolo in fondo alla sala. Mi limito a seguirla e a farmi spazio tra le persone già sedute che occupano il locale.

Quando ci sediamo sul viso di Selene campeggia un sorriso e io non riesco a fare a meno di chiedermi se ci sia qualcosa che mi sta nascondendo.

«Perché mi hai portata qui?» le domando, sfilandomi la giacca dalle spalle e poggiandola sulla sedia. Fa caldo, l'ambiente è anche più riscaldato di quanto immaginassi. Selene mi guarda con i suoi occhi azzurri e io faccio lo stesso, sporgendomi sul tavolo e poggiandomici con entrambi i gomiti.

«Ricordi quel ragazzo di cui ti ho parlato qualche settimana fa?»

«Calum?» le chiedo conferma, perché non sono sicura di ricordare bene il suo nome. Ma dal modo in cui Selene continua a sorridere, penso di non ricordarlo poi così male.

«Stasera suonerà qui con alcuni suoi amici, e mi ha invitata.»

La guardo inclinando la testa. «Quindi avevi bisogno soltanto di un appoggio.»

«No, Les» Selene scuote la testa, «Ci sarei comunque voluta venire con te.»

Questa volta sono io a sorriderle, perché so che non sono quello per lei. Non sono soltanto un vuoto da riempire quando se ne sente il bisogno o qualcosa di cui puoi fare a meno per la maggior parte del tempo. Lo so perché tra me e Selene è così e lo è sempre stato, e non c'è neanche il bisogno di dirselo. Lo sappiamo e basta. 

Qualche minuto più tardi davanti a noi ci sono due bicchieri ancora pieni, che decidiamo di far durare per l'intera serata dato il viaggio di ritorno che non possiamo evitare. Una leggera musica ci fa da sottofondo prima che si interrompa e prima che qualcuno parli dal piccolo palco davanti a noi. La luce è ancora troppo debole e noi non siamo abbastanza vicine per riuscire a vedere più dei contorni del ragazzo che adesso è davanti al microfono.

Si presenta; in troppe parole dice chi sono e cosa canteranno, quanto ci hanno lavorato e che sperano possa piacere alle persone che stasera ascolteranno la loro musica. Il suo volto adesso viene illuminato da alcune luci che provengono dall'alto del fondo della sala. Mentre mi sto soffermando sul colore dei suoi capelli — che non riesco a capire se siano blu o verdi — gli altri ragazzi gli passano dietro e si sistemano sul palco. Uno va dietro la batteria, uno ha un basso che gli pende dalla spalla simile a quello del ragazzo che li ha presentati e l'ultimo è seduto al piano.

Selene mi si avvicina. «Calum è quello con il basso e i capelli neri» me lo fa notare indicandolo e io annuisco, rivolgendole poi un'occhiata e un sorriso che lei non tarda a replicare.

«Il ragazzo che ha parlato è Michael, quello con i capelli blu» continua, indicando anche gli altri ragazzi. «Invece quello alla batteria è Ashton e quello al piano Luke.»

È poco dopo che iniziano ad intonare una base, ed è poco dopo che Calum inizia a cantare seguito da Michael, il ragazzo con i capelli blu. Sono bravi, lo devo ammettere. Poi inizia Luke, ed è lì che qualcosa si smuove. È in quell'esatto momento in cui mi sembra di rivivere tutto, come una sensazione inaspettata ma che allo stesso tempo speri ti attraversi e che ci resti dentro di te. Forse è la sua voce, forse sono le parole della canzone, la melodia, non riesco a capirlo. Non mi rendo conto neanche di quando si sposta dal piano per raggiungere il centro del palco e indossare il terzo basso. Le sue mani si muovono veloci sulle corde e la maglia nera che indossa gli aderisce al petto sempre di più ad ogni movimento. Poi i suoi occhi si alzano e percorrono il pubblico, dischiude le labbra e riprende a cantare, e anche se so che non è possibile, io sento come se stesse guardando me. Sento come se stesse puntando i suoi occhi esattamente dentro di me e non riesco a sopportarlo.

Sposto lo sguardo su Selene quando sono già in piedi e con il pacco di sigarette tra le mani. I suoi occhi non tardano a trovarmi e la sua espressione si trasforma. «Stai bene?»

«Ho bisogno di un po' d'aria. Esco e rientro, non preoccuparti» cerco di rassicurarla, perché ho bisogno di riprendere a respirare da sola e perché non voglio rovinarle la serata. E Selene lo capisce. Mi guarda soltanto ma lo capisce. Capisce che ho bisogno di farlo da sola, non me lo chiede neanche di venire con me. Mi lascia i miei spazi eppure c'è in ognuno di essi.

«Stai attenta» mi dice soltanto sopra la musica e mi sorride, io faccio lo stesso e senza neanche guardarmi indietro sono di nuovo tra quei tavoli prima di arrivare all'uscita del locale.

«Cazzo» la mia voce esce fuori prima che possa fermarla quando mi rendo conto di aver lasciato la giacca all'interno. Senza pensarci ancora recupero una sigaretta e la porto alle labbra, accendendola e iniziando a consumarla. Mi passo un braccio intorno alla vita per tentare di tenermi più calda, più raccolta e meno esposta.

Intorno a me non c'è tanto, le strade sono poco illuminate e io sono avvolta soltanto dalla mia stessa nuvola di fumo. Sento la musica provenire dal locale sempre di meno, sempre più debolmente perché mi costringo a farlo. Mi costringo a non soffermarmi su quella voce, mi costringo a non pensare, a liberare la mente e a lasciare spazio soltanto a questa sigaretta che stringo tra le dita.

Poi chiudo gli occhi e la sua voce sovrasta ogni cosa, ma io sono troppo debole per contrastarla e lascio che mi scavi dentro, che riporti in superficie quello che dopo tanto sono riuscita a lasciare sul fondo, permettendo solo a me stessa di risalire.

A/N

Non è un miraggio, San Francisco è ufficialmente iniziata e dovete ringraziare hyxperion se questa storia riesce finalmente a vedere la luce!! (Grazie del sostegno e della fiducia, baby.)

Non mi sbilancerei più di tanto, vi anticipo soltanto che non sarà una storia lunghissima e che non sarà neanche felicissima insomma (prima o poi ce la farò a scrivere qualcosa di allegro giuro, e proverò a farlo prima dei 40 anni.)

Detto ciò, spero di non dilungarmi troppo con spazi del genere nei prossimi capitoli e che la storia possa piacervi!! Se vi va, fatemi sapere già da ora cosa ne pensate (:

Vi abbraccio,
Chiara

𝐒𝐀𝐍 𝐅𝐑𝐀𝐍𝐂𝐈𝐒𝐂𝐎 - 𝐋𝐔𝐊𝐄 𝐇𝐄𝐌𝐌𝐈𝐍𝐆𝐒 [𝟓𝐒𝐎𝐒]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora