Capitolo 6: Incubi e fabbri

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Paul si trovava in un campo, sulle colline del Cambridgeshire, le riconosceva dalla presenza delle case di allevatori e dalle luci della piccola cittadina di Lode, oltre che in lontananza da quelle di Cambridge stessa. L'aria era fredda, e sembrava di essere in un film in bianco e nero di fine anni '50. All'improvviso, nel terreno si formò una chiazza oscura, e ne uscì un essere che credeva di aver visto solo in un videogioco per la sua Playstation 2: un umanoide dalle vesti scure e aderenti, che cadevano come una gonna fino al ginocchio, lunghi guanti e stivali bianchi, e la testa totalmente coperta. A quest'ultima erano attaccati una mandibola e una mascella fusa alla parte superiore di un cranio, con le orbite degli occhi rotonde vuote, entrambi di metallo, e dalla forma triangolare affusolata. Dalle spalle pendevano le due estremità di una catena, che correva dietro la schiena e alla quale erano attaccati 8 coperchi di bare con angeli in altorilievo. Alla cintura aveva una spada.

«Thanatos...» Paul era pietrificato. «Ma come...»

«È così che mi immagini?»

Quella voce rimbombava nella testa di Paul, mentre la creatura emetteva un ruggito, identico a quello della sua controparte in "Persona 3".

«Ad ogni modo, non ho molto tempo, quindi ascoltami.»

Da una parte, il ragazzo voleva ascoltare il padre, ma dall'altra sentiva la frustrazione che saliva. Da quando sapeva che era suo padre, un solo pensiero gli passava per la mente: vendetta. Delle farfalle rosse iniziarono a volare. "Pure in sogno?"

«I tuoi poteri... Il colore riflette il tuo stato d'animo, vero? Rosso... parleremo di quello quando ci incontreremo. Ma ora, sappi che non sarà facile raggiungere gli Inferi, ma tu sei mio figlio, quindi puoi controllare le Porte della Morte per entrarci.»

Paul sbottò. «Non ti fai vedere per 19 anni, e spunti all'improvviso dicendomi come raggiungere gli Inferi. Perché non prima?!»

Il dio studiò il suo aspetto. «Devo ammettere che non mi dispiace questa forma.» Poi si voltò verso il figlio. «Non sono mai stato nei sogni dei semidei, e in ogni caso, se rimango a lungo, potrei comunque ucciderti.» Ma il ragazzo continuava a guardarlo torvo aspettandosi una risposta. «Come vuoi. Io ti ho aiutato, non puoi dire il contrario. Arrivederci, figlio mio.» E sparì nella stessa macchia scura da cui era apparso.

Helena e Nicolas erano davanti alla porta della casa Ventuno da quasi un quarto d'ora. Si erano incontrati a metà strada, entrambi intenzionati ad andare da Paul per parlare prima della colazione su come era andata la riunione della sera prima. Da allora erano immersi in un silenzio imbarazzante. Poi il figlio di Atena bussò di nuovo, e la porta si aprì: sulla soglia c'era un Paul in pigiama (ovvero una maglietta e un pantalone nero), con i capelli scompigliati, e lo sguardo assonato. Aveva le occhiaie di uno che non aveva chiuso occhio tutta la notte. E poi, dalla casa uscì una farfalla blu, con disegnati sulle ali dei fantasmi.

«'Ngiorno... Che succede?»

«È ora di colazione.» Helena si era avvicinata. «E tu non hai una bella cera. Incubi?»

«Circa. Ho incontrato mio padre in sogno.» Si stiracchiò, facendo scricchiolare le spalle e la schiena. «Ha detto che per arrivare agli Inferi posso usare le Porte della Morte. Non ho idea di cosa intendesse.»

«Facciamo che ci pensiamo dopo mangiato.» Nicolas si era fatto avanti, e provò a toccarne un'altra che era appena uscita. «Ma queste farfalle?»

Il figlio di Thanatos schioccò le dita della mano destra, e la farfalla uscita prese fuoco, per poi scomparire in pochi secondi. Altri piccoli focolai si intravedevano dentro la capanna.

«Ma povere farfalle!» Esclamò la figlia di Afrodite.

«Sono proiezioni delle mie emozioni. Già tanto se sono vive.» E così dicendo, Paul tornò dentro per cambiarsi, chiudendo la porta sui due amici perplessi per la sua risposta.

«Che voleva dire?» Chiese Helena guardando Nicolas con uno sguardo pieno di dubbi.

Paul comunicò a Chirone l'ultimo sogno, ma questo non fece altro che preoccupare sempre di più il centauro. E doveva ancora scegliere i due compagni per l'impresa. Ma era una scelta abbastanza chiara: Nicolas e Helena, gli unici due con cui aveva legato là al campo. Mancavano solo gli ultimi preparativi, e poi sarebbero partiti per Los Angeles. Paul fece un salto alle fucine: era un enorme capanno, con forni per fondere il metallo, strumenti appesi alle pareti, e l'odore di olio lubrificante misto a fumo regnava. I ragazzi della Casa Nove lavoravano a vari progetti, da armi ad automi, fino ad armature e strumenti ancora più bizzarri. Quando il figlio di Thanatos entrò, gli venne incontro Nyssa. Con lei aveva scambiato solo un paio di parole, ma era l'unica che conosceva là dentro.

«Ciao Nyssa. Ho bisogno di un favore.»

«Ciao, dimmi pure.» La ragazza era sporca di lubrificante, e aveva gli occhiali da saldatore tirati su. Era rimasto il segno, ed era comico, ma Paul evitò di ridere.

Il ragazzo fece trasformare Nox in forma spada, e la porse alla ragazza. «Potresti realizzare una cintura che possa reggere questo peso? Come puoi aver notato, Nox impiega 5 secondi a cambiare forma, e nel frattempo potrei essere diventato polpette di semidio.» Nyssa rise alla sua affermazione.

La figlia di Efesto prese la lama trapezoidale con le due mani, la studiò un minuto e trasse le sue conclusioni. «Una lama di ferro dello Stige lunga un metro, larga 10 centimetri, spessa un centimetro e con un peso che non supera gli 8 chili.» Il ragazzo la osservava stupito. "Come diamine ha fatto?" Poi Nyssa riprese la sua analisi, aiutandosi con una calcolatrice. «All'interno ci sono degli spazi cavi che percorrono la lama, e dal calibro di pochi millimetri. Sembrano fatti per raccogliere qualcosa, all'interno sono rigati, come la canna di una pistola.»

«Fantastico. Come hai fatto?» Chiese il ragazzo osservandola stupido.

«Sono una figlia di Efesto, è naturale per noi.»

«Va bene. E ora, dopo questa serie di numeri?» Continuava però ad avere uno sguardo sbalordito. Ne aveva viste di cose e persone, ma quella le batteva tutte.

«Servono per capire la resistenza del magnete.»

«Magnete?» Paul inarcò un sopracciglio.

«E considerando anche che è troppo larga per creare un fodero, può andar bene un magnete. E dato che può creare squilibrio, soprattutto per le dimensioni. Quindi sarà anche dotato di un meccanismo per cambiare l'orientamento in base alla tua posizione.»

«Okay. Mi fido di te. Quando hai fatto tutto, fammi sapere.»

«Va bene, ciao.» E Nyssa ritornò nel caos della fucina.

Il resto della giornata passò nella solita routine, nonostante anche Nicolas e Helena dovessero prepararsi per la missione.

Il figlio di Atena stava mettendo nella borsa un libro con le varie informazioni su Nyx e gli altri dei primordiali generati agli albori da Chaos, insieme a una maglietta di ricambio, l'ambrosia e il resto delle provviste. Come arma aveva scelto una normale spada di bronzo.

La figlia di Afrodite aveva preparato anche lei uno zaino come quello degli altri, ma inserì anche, su consiglio di Paul che l'aveva fermata apposta dopopranzo, un kit del pronto soccorso con ben due rotoli di bende. "Quando combatto, non mi curo dei danni che ricevo. Meglio se evitiamo che muoia dissanguato." Le aveva detto il ragazzo.

Ed entrambi, l'uno inconsapevole dell'altro, sperava che quella fosse, nonostante i pericoli, l'occasione adatta per dichiararsi.



N.d.A. ciao bei lettori. Allora, per questo capitolo devo fare un ringraziamento extra a mio padre, che alle 23:30 (cioè quando correggo i capitoli) si è messo ad aiutarmi con le misure della spada di Paul. Meno male che è un esperto in queste, e siamo riusciti a fare una cosa che rispetti fisica e capacità umane. E ringrazio ancora Alessia, la mia (fatela santa) correttrice. Credo che per tutti quei "pure" a posto di "anche" non mi ammazzava ancora una volta. Detto ciò, ritorno nelle tenebre del Tartaro. Ciao :D

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