Il Figlio Della Morte

Capitolo 4: Spaventiamo con passione

Quel giorno pioveva, e la notte di Paul fu riempita da sogni. Il sogno era uno dei ricordi più tristi per Paul: il giorno della morte di sua madre. Era uscito di casa, ed era andato fino al ponte Ed Koch Queensboro, percorrendo Vernon Boulevard. Quella mattina, dalla finestra dell'appartamento che dava su Queensbridge Park, aveva visto degli scoiattoli correre tra i rami, ed i bambini seguirli, scalciando i mucchi di foglie secche che iniziavano ad accumularsi. Doveva essere una normale mattinata di novembre. Percorrendo il ponte, era arrivato a Manhattan, dove aveva preso un taxi fino al Lennox Hill Hospital Ans. Arrivato in camera di sua madre, vi aveva trovato i suoi nonni: erano arrivati dall'Inghilterra solo per lei, la loro unica figlia, Cassandra. Ma qualcosa nel suo sogno cambiò: l'aria si fece grigia, e i nonni fissavano il ragazzo con occhi vuoti.

«Figlio di Thanatos, unisciti a noi.»

«Unisciti a noi. Per la Madre Notte.»

I suoi nonni mutarono, e divennero due creature con ali rugose da pipistrello, artigli d'ottone e occhi rossi. Indossavano un vestito nero stracciato, e avevano la faccia da nonne serial killer. "Arai, maledizioni." Sussurrò un angolo del suo cervello. I mostri gli saltarono addosso, e tutto diventò nero.

Il risvegliò fu un trauma. Un tuono era appena risuonato in cielo, spaventando il ragazzo e facendolo cadere dal letto quando si era appena alzato per lo shock dell'incubo. Il vedere i suoi nonni diventare creature oscure era terribile, e il solo ripensarci gli faceva venire i brividi. Per la stanza volavano farfalle con ali nere su cui erano disegnati teschi bianchi, ogni tanto andavano a posarsi sulla bluddeia. Rimessosi nuovamente in piedi, Paul si era avvicinato verso il piccolo bagno nell'angolo opposto al suo letto. Allo specchio, vedeva un ragazzo coi capelli neri sparati ovunque, e gli occhi marroni-verdi piena di stanchezza. Dopo una pettinata vigorosa (si erano formati dei nodi belli tosti) e una lavata con l'acqua fredda, Paul poteva riconoscersi: capelli lisci, con una treccina a cui era legata la piuma, e gli occhi con il solito velo di malinconia, la stessa che da due anni a quella parte lo accompagnava dopo la morte di sua madre. Uscì per andare a fare colazione, e notò che fuori dalla valle pioveva, mentre dentro era tutto asciutto. "Dovrò farci l'abitudine a tutta questa magia."

Paul amava l'odore di pioggia misto a erba bagnata al mattino, gli ricordava l'Inghilterra. I suoi nonni vivevano fuori Cambridge, in un piccolo paese del Cambridgeshire chiamato Lode, e attorno era tutta campagna: d'estate c'erano pascoli di pecore, d'inverno distese bianchissime di neve. Quanto avrebbe voluto essere là, davanti al camino a cucinare con la nonna o a giocare a carte col nonno. Invece era lì, a Long Island, in un campo a esercitarsi nel tiro con l'arco, ma era un miracolo se riusciva a incoccare la freccia, ed il figlio di Apollo che lo aiutava aveva molta pazienza nel spiegargli le cose. Gli allenamenti nell'arena erano invece il suo forte, riusciva a usare l'enorme lama con una o due mani, spostandola in modo che il peso desse una spinta in più, e tagliando tutto quello che era sulla sua traiettoria. Di sicuro aveva ottenuto la stima dei ragazzi della casa di Ares, e molti lo invidiavano. Normalmente, l'addestramento greco e romano, a detta loro, non permetteva l'uso di quel tipo d'armi e quello stile di combattimento, ma a Paul non importava. Era già stato difficile imparare da autodidatti per sopravvivere, e non voleva cambiare.

Quando mancava poco all'ora di pranzo, Paul andrò a cercare Chirone. Il centauro stava come andando verso l'arena, o meglio stava trottando. Gli corse incontro, deciso a parlargli dell'incubo.

«Chirone, credo di avere brutte notizie per te.»

«Che succede?»

Il ragazzo raccontò al centauro del suo incubo. «Cosa può significare? Che Nyx, oltre alla sua progenie, vuole richiamare a se anche le progenie dei suoi figli?»