Capitolo 3: Zeus passione catasto edile

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La mattina era nebbiosa sul Campo Mezzosangue, l'aria fredda e autunnale colpì il viso di Paul appena uscì dalla casa di Ermes. Il ragazzo era rimasto fino all'una di notte a riflettere. Al campo c'erano case per ognuna delle divinità, e perché suo padre, che era una divinità anch'esso, non poteva? Con questo dubbio andrò a far colazione.

Il campo aveva attività per tutta la giornata, divise per ogni casa, ma siccome Paul era solo, si unì ai ragazzi che lo ospitavano. I capogruppo erano i fratelli Stoll, e fin da subito notò la loro passione nel rubare. Le attività consistevano nel tiro con l'arco, canoa sul lago, lezioni di volo sui pegasi. Durante quest'ultima, gli animali sembravano spaventati.

«Amico, ma che diamine gli hai fatto?» Gli chiese Travis Stoll.

«Avranno capito che sono figlio della Morte?»

«Dubito si spaventino per un semidio. E se fosse per la piuma che hai? Sbaglio, o hai detto che viene dalle ali di tuo padre?»

«Mi sa che hai ragione. Anche i mostri si spaventano così quando la vedono.»

Chirone era nella Casa Grande, impegnato nel suo studio a riordinare scartoffie e leggere preoccupato una lettera arrivata da poco. All'improvviso entrò Paul, con aria decisa.

«Vorrei una casa per mio padre. E quindi devo andare sull'Olimpo, o almeno così mi hanno detto.»

Al centauro venne un colpo, e tutti i documenti caddero sul pavimento.

«Co-come?»

«Hai sentito bene.»

Chirone attraversò il soggiorno, sbattendo con la sedia a rotelle contro il tavolino su cui si trovava il vasetto con le salsicce per Seymour, la testa di ghepardo vivente, che iniziò a ringhiare per la fame. Paul prese una salsiccia e gliela lanciò in bocca. "Dopo questo, posso dire di aver visto tutto."

«Allora? Può mandare un messaggio a chi è di competenza?»

«Vieni. Andiamo fuori, nel porticato. Ho bisogno d'aria.»

Fuori, mentre il resto del campo continuava la sua routine, i due erano uno di fronte all'altro.

«Sicuro di non voler rimanere nella casa di Ermes?»

«I ragazzi sono ospitali, ma non è il mio posto.»

«Guarda che ci vogliono autorizzazioni particolari, rilasciate dallo stesso signore degli Dei. Non è così semplice. Lascia perdere.»

«E adesso Zeus è pure a capo del catasto divino?»

Chirone osservò l'orizzonte, come in attesa di qualcosa. Passato quasi un minuto, alzò un sopracciglio e si rivolse di nuovo a Paul.

«Strano. Normalmente pronunciare il suo nome causa tuoni, e non si è sentito niente... Comunque, ottenere il permesso non è così facile. E se mai lo ottenessi, non avremmo spazio per costruire una capanna.»

Il ragazzo fece un ampio gesto del braccio indicando tutta la valle. «Come scusa?»

«E chi si occuperebbe del progetto? La capogruppo della casa di Atena, Annabeth, non c'è, e...»

«Esistono altri figli di Atena. Quindi non ci manca di nulla.»

«Ma...»

«Niente ma. Ho vinto io.»

«Ho addestrato molti eroi, ma nessuno era testardo come te.» Disse il centauro, mentre il ragazzo si allontanava.

Argo, un uomo con occhi su tutto il corpo, lo portò fino all'Empire State Building, sede dell'Olimpo. "Meglio non chiedersi dove si trovino quelli nascosti dai vestiti" pensò Paul. Entrò nell'edificio e si recò alla portineria, dove un uomo pelato stava leggendo un grosso tomo dalla copertina blu.

«Salve, devo andare al 600esimo piano.»

«Non esiste un 600esimo piano, ragazzo.»

Paul immaginò che fosse un modo per verificare se a chiederlo fossero semidei e appartenenti al mondo mitologico o no.

«Devo andare al consiglio divino, sono il figlio di Thanatos.»

Al sentire il nome del padre, il portinaio impallidì.

«Puoi andare.»

Paul prese l'ascensore, dove apparve un bottone dorato con scritto "600", e mentre saliva come sottofondo c'era "Bohemian Rhapsody" dei Queen. "E mi avevano detto che la musica era pessima" pensò il ragazzo mentre canticchiava, ridendo ogni tanto per le assurde diceria dette dai ragazzi della casa di Ermes che gli saltavano in mente.

L'Olimpo era più o meno come se lo immaginava: una città sulle nuvole, e sotto si estendeva Manhattan. Giardini, ville e templi greci erano ovunque, con strade che salivano a un tempio molto più grande, pasando vicino a due state enormi di Zeus e Era, e per le strade c'erano muse, spiriti della natura e altre creature mitologiche. Percorse la strada principale fino a un enorme tempio con porte di bronzo, e le aprì.

La sala dei troni era enorme, con troni per ognuna delle 12 principali divinità greche, ciascuno alto 6 metri. Davanti a lui, su una sedia in pelle, sedeva un uomo con la barba nera tagliata accuratamente, un vestito su misura blu cielo, e attorno a lui l'aria crepitava di elettricità. Era chiaramente Zeus. Sembrava esserci solo lui, e aveva l'aria di uno che andava di fretta.

«Mi scuso per l'assenza degli altri dei, ma non abbiamo visto motivo data la richiesta. Fai veloce, che ci sono cose più importanti.»

Il ragazzo si inchinò, per poi presentarsi.

«Divino Zeus, sono Paul Braveheart, figlio di Thanatos. Sono venuto al suo cospetto per chiedere il permesso degli dei nella realizzazione di una dimora dedicata alla discendenza semidivina di mio padre, in quanto è assente al Campo Mezzosangue.»

«Sono a conoscenza delle tue richieste, figlio di Thanatos. Ti permetto di costruire una dimora per tuo padre.»

Dopodiché, sparì in un lampo.

"Devo ammetterlo, se la cava con le uscite di scena" pensò Paul prima di uscire dalla sala e tornare a terra. "Ma è stato troppo facile."

Arrivati nel suo appartamento nel Queens, Paul iniziò a mettere in un borsone il minimo necessario per stare al campo, quindi biancheria intima e qualche vestito pesante per l'inverno. Alla fine, prese il suo taccuino, e lo aprì su una pagina al centro: da un lato, c'era un ritratto di sua madre, Cassandra Braveheart, e dall'altro quello di una ragazza che non conosceva, ma credeva di averla già incontrata. Una ragazza dai capelli neri legati in due trecce, e questo era uno dei pochi dettagli che ricordava, insieme a una maglietta viola.

Al ritorno al campo, Chirone convocò Paul nella casa Grande. Il centauro era ancora sulla sedia a rotelle, sotto al porticato.

«Sono tornato. Niente ceneri su cui ballare.»

«Non scherzare. Com'è andata?»

«Neanche il tempo di entrare, che Zeus mi ha detto sì per poi andarsene. Ma tutti gli dei sono così?»

«Ti sembrava nervoso? Di fretta?»

«Parecchio. Come se avesse qualcosa di estremamente più importante da fare.»

«Non mi piace. Paul, tu conosci Nyx, vero?»

«Sì. È una delle figlie di Chaos, e da lei, col marito Erebus, sono nate tutte le cose oscure, come mio padre.»

«Esatto. Tuo padre, così come il resto della discendenza della madre Notte, sono tenuti sotto controllo. Giungono brutte notizie dal Tartaro.»

«Cosa sta succedendo?»

Ma un tuono squarciò il cielo.

«Mi dispiace ragazzo, ma ho detto anche troppo.»

Nei giorni a seguire, la casa di Thanatos venne costruita, con la supervisione di un figlio di Atena, Nicolas Watson. La Casa 21 era fatta di legno di tasso, l'albero della morte, ma trattato per non avvelenare nessuno, e con ossidiana. Dentro c'erano vari letti a castello, e Paul occupò quello vicino alla finestra, e in un vaso sotto quest'ultima c'era una pianta di buddleia, conosciuta anche come albero delle farfalle: un arbusto con rami arcuati, e coi fiori raccolti a pannocchia color azzurro lilla. "La magia. Siamo a novembre ma questa pianta è comunque in piena fioritura." Pensò il ragazzo, mentre osservava un satiro finire di metterla nel vaso.

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