Cap 6: Segreti rivelati

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Qualcosa passò correndo tra le foglie, salì sul tetto e poi se ne riandò via. Dei passi si udirono farsi sempre più forti e vicini, era una camminata decisa di quelle da sfilata.
«secondo te ha scoperto dove siamo?» chiese Water Killer a Charlotte Noire che aveva preso in mano la sua mitragliatrice e puntava contro le scale, il ragazzo venne zittito della ragazza che li disse: «stai zitto e fai finta di non esserci».
EvilRose e Dark Arc si scambiarono un'occhiata di intesa e quest'ultimo si preparò a scoccare una freccia nella stessa direzione in cui puntava Charlotte. Rose prese il cellulare e si preparò in caso bisognasse chiamare Mr J.

Qualcuno scese le scale e uno sparo ruppe il silenzio.
«hey!» urlò Black Jolly dopo che la pallottola le passò a qualche centimetro dal naso «torno solo per voi è tentate di uccidermi?» rise e continuò a scendere le scale.
Nessuno si aspettava di rivederla dopo quella settimana senza sue notizie. Dark Arc e Charlotte Noire pensavano che se ne fosse andata via, EvilRose che fosse morta e Water Killer che si fosse data alla Macchia.

«uhu» Black schioccò le dita davanti a quelli che la fissavano come degli zombie «siete vivi? C'è nessuno?».
«ehm...si...si» EvilRose scosse la testa e sembrò tornare alla realtà «bentornata...credevo fossi morta...» accennò un sorriso.
«noi che fossi sparita» dissero in coro Charlotte e Arc che poi si guardarono negl'occhi per qualche secondo.
«io che fossi diventata La Macchia» rise Killer e guardò EvilRose «te sei sempre così pessimista?» chiese togliendole un ciuffo di capelli dal viso.
«we...calmatevi, mi sembra il Gioco delle Coppie...» Black li guardò e poi li separò tra loro «non voglio essere la conduttrice solitaria dello show» sorrise e si sedette su un divano.
Rose la guardò e si avvicinò «qualcosa mi dice che sei stata con un ragazzo...».
«ti sbagli» rispose subito Black, forse troppo in fretta valutando l'occhiata che le lanciò l'altra ragazza.

Ci furono scambi di sguardi tra tutti quelli nella stanza.

«ceniamo?» chiese Killer rompendo il silenzio tombale che si era creato nel soggiorno.

*

Fuori iniziò a piovere, fulmini illuminavano il cielo come se fosse giorno, le gocce erano grandi come petali di rosa e il vento andava più veloce dei battiti cardiaci dopo una lunga corsa. Nel Quartier Generale il silenzio regnava sovrano e combatteva con qualche tuono che cercava di varcare il suo territorio.
Un'ombra, nera come la pece, attraversò il corridoio con un passo rapido e si fermò davanti alla terza porta, una luce di Zeus fece vedere che la persona nascosta nell'ombra indossava un vestito rosso e aveva una capigliatura marrone scura che spuntava da sotto il cappuccio della giacca nera e grigia. Bussò dolcemente ma non udendo risposta rifece il gesto con forza.
Il giovane che giaceva nella sua camera si destò dal sonno e aprì la porta facendo entrare chi l'aveva disturbato durante il suo riposo.

«Jo, che vuoi?» chiese Dark Arc chiudendo la porta e voltandosi.

Black Jolly iniziò a frugare nell'armadio del ragazzo e portò fuori dei vestiti lanciandoglieli in faccia «mettiteli che andiamo a fare un giro, papà non si accorgerà che ho rubato una delle venti Lamborghini viola fino a domattina. Tu sei quello che mi sta più simpatico e scommetto che pure tu vuoi divertirti un po'...bene, muovi il culo» disse velocemente sedendosi sul letto e fissandolo «beh? Muoviti».
«okay...» Arc si cambiò e poi aprì la porta «facciamo come dici tu».
«facciamo troppo rumore da lì» Black si lanciò dalla finestra e atterrò su una siepe per poi rialzarsi e aspettare Arc in piedi davanti alla casa.
Il ragazzo scese e salì in macchina al posto del conducente, Black si sedette accanto a lui e li diede le chiavi, la macchina partì spedita e i km di strada nei boschi parvero giusto qualche metro. Nulla fermava la Lamborghini che correva verso la città in contromano; camion, macchine, moto, bici, camper...qualsiasi mezzo si scansava e la lasciava passare per paura di avere guai.
Ecco che la scheggia viola si mescolò ad altre milioni che provenivano dagli edifici, dai pali della luce, dai fari delle auto e da quel faro in cui tutti i cittadini, nonostante tutto quello che accadde qualche anno prima , tentavano di riporre le speranze. Infondo è sempre stato un bisogno dell'essere umano poter affidarsi ad un qualcosa di superiore, per dare un senso alla vita, a ciò che accade e alle nostre scelte, qualcuno in cui riporre le nostre colpe, le nostre speranze, le nostre convinzioni; tutto perché ci sentiamo così piccoli e vogliamo credere in qualcosa di grande.

Sfortunatamente a Ghotam le persone non si affidavano a Dio, ormai chiunque aveva dubbi sulla sua esistenza, ma a Batman che potevano vedere ed essere certi della sua esistenza ma anche lui era un uomo e aveva dei limiti, ma bastava fosse un buono. Nessuno riponerebbe le sue speranze in dei pazzi, in persone che non hanno certezze, strane abitudini, associali, psicopatici, gentaglia: i cattivi.
Forse non erano loro i cattivi, forse loro erano semplicemente i meno normali, ma anche i giusti, i lodati, i santi, gli eroi, i venerati, gli dei...anche loro sono meno normali dei "civili", cazzata?

Avevano già assaltato due banche, per loro era normale, una passeggiatina al parco e una rapina non avevano nulla di differente, correvano per la città come le persone comuni andavano a lavoro, gioivano del loro bottino come quando una persona comune vince alla lotteria.

«fermati» disse Black Jolly a Dark Arc che inchiodò facendole dare una testata contro il sedile «devo fare una cosa...portami al cimitero».
«perchè? Cosa devi fare?» chiese il ragazzo guardandole il viso che pareva serio e non sorridente come al solito, come se la follia si fosse spenta.
«fallo e basta» rispose la ragazza «per piacere».

Dark Arc fu molto sorpreso da quel tono gentile e così...buono. Guidò fino al cimitero e parcheggiò dietro ad un angolo così che nessuno si accorgesse della macchina.
Black Jolly scese dall'autovettura tenendo in mano un colier di diamanti, si mise il cappuccio e lo mise in tasca per poi arrampicarsi e superare un cancello, entrando così in mezzo ad una delle stradine che passavano accanto alle tombe. Il ragazzo si limitò ad andarle dietro e a non fare domande, guardava la ragazza che sorvolava con uno sguardo ogni lapide alla ricerca di una in particolare.

Black si fermò davanti ad una lapide in marmo dove qualcuno aveva lasciato una rosa bianca, ormai appassita e un lumino del tutto consumato.
«vengo qui ogni notte» disse lei quasi a rispondere ad una domanda, tirò il colier fuori dalla tasca e lo «non l'avevo mai detto a nessuno prima d'ora, questo era il mio segreto».
«ora è il nostro segreto, non lo dirò a nessun'altro» disse lui poggiandole una mano sulla sua spalla «lei chi è?».
«è mia madre, è da lei che prendo il cognome...aveva solo ventisette anni quand'è morta tentando di farmi da scudo con il suo corpo, una delle uniche due persone che mi abbiano mai dato affetto incondizionato...non le importava chi era mio padre e chi sarei diventata io, sarei sempre stata il suo angioletto e lei fiera di me...come avrebbe fatto con mia sorella, che ha avuto con un'altro uomo di Los Angeles, non la vedo da dieci anni. Lei è una metaumana, può dominare l'elettricità e il fuoco. Si chiama Johanna» raccontò Black che si asciugò una lacrima prima che le potesse sporcare il viso. Guardò il ragazzo negli occhi e accennò un sorriso «si è fatto tardi, torniamo a casa».

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Hey, non sono morta, anche se la scuola lentamente mi uccide.
Spero che questo capitolo vi piaccia.

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