20. Sabbia

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Il volto del vecchio perse colore, e le sue palpebre si spalancarono. 
-Traditore!- gridò ancora una delle guardie. -Sporco traditore!-.
In quel momento, Ed doveva aver compreso quale destino gli spettasse; fu per questo, che non tentò la fuga in nessun modo. Al contrario; usò se stesso per assicurare la salvezza degli altri.
-Ragazzo, ascoltami bene- disse a bassa voce rivolgendosi a Nux, pur non distogliendo mai lo sguardo dagli individui minacciosi davanti a sé. -Devi promettermi che porterai Etnia in salvo. L'ho ficcata io in questo casino-.
Il Trivial, tuttavia, non ebbe nemmeno il tempo di rispondere. Le guardie che si calarono giù dalle mura atterrarono dietro di lui, ed una di queste lo afferrò per la schiena, bloccandolo. Altre due, si diressero verso Etnia e Timber.
-Un Trivial?- esordì una quarta figura -Che diavolo ci fa un Trivial nella Città Celeste?!-.
-Lasciateli subito!-. Il grido di Ed si propagò nell'ambiente con molta più forza degli altri, mentre compiva un balzo in avanti. Senza pensarci troppo si buttò sulla guardia che stava aggredendo Nux, e sorprendendo persino sé stesso riuscì a liberarlo dalla sua presa. Il ragazzo atterrò la guardia con un calcio, e corse verso Etnia; uno degli uomini in divisa l'aveva ormai fermata a terra, e tentava di bloccare i suoi polsi con un paio di pesanti manette. Fu per lui facile assestargli una spallata, che se causò una violenta caduta sulla strada. Afferrò poi la ragazza per la spalle, aiutandola a rialzarsi velocemente.
-Nux... Mio fratello!- farfugliò lei, guardandosi intorno.
Il piccolo Timber era stato preso; due guardie lo tenevano fermo, afferrandolo saldamente per le braccia ed alzandolo da terra, nonostante i suoi continui tentativi di liberarsi. Si agitava, urlava, e piangeva. Era letteralmente terrorizzato, e non faceva che cercare il volto della sorella nel mezzo di tutto quel caos.
Nux avanzò un passo verso di lui, ma gli fu subito chiaro che se avesse tentato di liberarlo sarebbe stato acciuffato a sua volta: troppi erano gli uomini che lo accerchiavano. Dovette prendere una decisione, e molto in fretta; fu così che il bambino divenne un elemento secondario. La priorità assoluta, adesso, era Etnia.
Tornò quindi a voltarsi verso di lei, e la afferrò per un polso costringendola a seguirlo verso il cancello.
Seppur sapesse bene che la perdita del fratello le avrebbe fatto male, non poteva permettere che venisse uccisa per questo. Inoltre, le parole di Ed erano state chiare. "Promettimi che la porterai in salvo".
La ragazza, tuttavia, non collaborò affatto. -Fermati! - gridò cercando di puntare i piedi a terra; i piastroni di sasso che ricoprivano la strada, tuttavia le impedirono di far presa. -Nux, fermati!- gridò ancora -Mio fratello!!-.
Nel frattempo, Ed aveva iniziato a correre. Correva in direzione dell'unica guardia che brandiva un fucile; l'unica guardia che adesso avrebbe potuto arrestare la fuga dei due giovani.
-Ammazzami, bastardo!- urlò agitando le braccia.
La sua richiesta fu accolta non più di un secondo dopo. Il suono di un altro sparo si propagò nell'aria, nell'esatto istante in cui Nux riuscì ad attraversa il cancello calpestando la sabbia del deserto. L'orizzonte si aprì davanti a lui; il paesaggio era troppo vasto perché fosse possibile vederlo tutto quanto. Il colore giallo della sabbia moriva all'orizzonte, ove si univa all'azzurro del cielo; e per la prima volta nella sua vita, il Trivial si sentì libero.
Dall'interno delle mura, invece, il piccolo Timber vide il corpo del vecchio cadere a terra, trapassato dal proiettile che lo uccise. Volse poi lo sguardo al cancello aperto, e gridò il nome di Etnia con tutto il fiato che gli restava in gola, prima che un mano tappasse la sua bocca.
Le guardie lo portarono via con sé.

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-Nux! Fermati!-. Etnia, esausta, gridava a squarciagola. Nonostante ogni suo tentativo di ribellione, tuttavia, il ragazzo non la smetteva di tirarla verso di sé, costringendola a seguirlo.
-Fermati!-. Tentò di puntare le scarpe nella sabbia, spostando tutto il peso del suo corpo indietro; ma la forza di lui era decisamente troppo superiore alla sua, motivo per cui per poco non cadde con la faccia a terra.
Si trovò costretta ad assecondarlo, iniziando a camminare di sua volontà seppur lo facesse a stento; le grida disperate del suo fratellino continuavano a rimbombare nella testa, quasi come volessero farla diventare sorda.
Cosa stava accadendo?
Perché avevano abbandonato Timber al suo destino?
L'improvviso fracasso di un terzo sparo si propagò in quell'immenso spazio aperto; un proiettile si conficcò nella sabbia a pochi centimetri di distanza dai loro piedi.
-Corri!- esclamò Nux, riprendendo a tirarla con forza verso di sé. Questa volta, per fortuna, la ragazza trovò la forza di reagire e fece ciò che le aveva detto, senza fermarsi a pensare.
Correndo su quella distesa di sabbia deserta, non poterono far altro che sperare non venisse sparato un altro colpo; perché adesso, se lo avessero fatto, non avrebbero avuto alcuna via di fuga. Non c'era niente, intorno, che avrebbero potuto usare come riparo.
Solo sabbia, per chissà quanti chilometri.
Non smisero di correre, nonostante i muscoli doloranti, tenendo lo sguardo sempre fisso in quell'orizzonte che pareva non avvicinarsi mai. Corsero, corsero fino a che la Città Celeste, dietro le loro schiene, non si fece sufficientemente lontana; soltanto allora, all'improvviso, Nux si fermò.
Lasciò bruscamente la presa sul polso di Etnia e compì un giro su sé stesso, ispezionando l'ambiente circostante mentre riprendeva fiato. Voltandosi indietro, nella direzione dalla quale proveniva, poté osservare le grandi mura circolari della città, ed il cancello che adesso era stato richiuso.
Emise un sospiro, e si voltò verso la ragazza. Sembrava esausta; era china su sé stessa, con i palmi delle mani poggiati sulle ginocchia, ed il volto rivolto verso il basso, annaspando. Una folata di vento innalzò una manciata di sabbia scottante dal terreno, facendole sfiorare la sua pelle già arrossata dai violenti raggi solari.
Restava immobile, ed i capelli che prendevano giù dal suo volto ne celavano l'espressione. Tutto ciò che Nux poté vedere, era l'esasperazione espressa dalla sua posizione.
-Etnia..- farfugliò. Sapeva bene che, parte della colpa, l'avrebbe accreditata a lui.
E così fu. Quando la ragazza lo sentì pronunciare il suo nome, sollevò la schiena di scatto tornando in posizione eretta. Il suo volto era paonazzo, gli occhi lucidi e le guance già rigate da alcune lacrime salate.
-Perché...- farfugliò con un filo di voce. Strinse entrambe le mani in due pugni, e serrò le labbra. -Perché l'hai fatto?!- gridò poi.
Il ragazzo scosse la testa ed alzò le mani, come a dirle di stare calma. -Non potevo fare niente altro- le fece notare, mantenendo un tono di voce basso e neutro.
Quella frase, tuttavia, non fece che aumentare l'odio di Etnia; che non era rivolto direttamente a lui, ma al mondo interno. -Avresti potuto salvarlo!!- gridò a squarciagola -Mio fratello! Avresti potuto...- le parole le morirono in gola. Era confusa; tanto che lei stessa non sapeva neppure che cosa stesse dicendo.
-Ci avrebbero preso, tutti quanti- disse ancora Nux, senza scomporsi.
La ragazza scosse energicamente la testa ed avanzando un passo verso di lui riprese ad urlare. -Lo ammazzeranno! Sei contento, adesso!?-. Sollevò entrambe le braccia e tentò di dargli uno spintone, ma lui la bloccò facilmente afferrandole i polsi.
-Calmati, Etnia!- esclamò, guardandola negli occhi. -Calmati!-.
Una seconda folata di vento issò una grande nuova di sabbia, che volteggiando si posò sui loro vestiti. La ragazza tentò di liberarsi dalla presa, ricominciando a gridare. -Hai lasciato le lo portassero via... Sei un bastardo!!-. Non appena cessò di pronunciare quella frase, tuttavia, ogni forza che l'aveva animata venne improvvisamente a mancare.
Un opprimente senso di disperazione invase la sua mente, facendola vacillare come era accaduto quello stesso nella sua vecchia casa. Nux liberò le sue braccia, e lei si coprì il volto prendendo i palmi sugli occhi. Scoppiò a piangere, in un modo in cui non aveva mai fatto. Sentì ogni volontà abbandonare il suo corpo in quell'esatto istante.
Aveva perso tutto.
Senza neanche rendersene conto, fece un altro passo avanti ed istintivamente posò la testa sul petto di Nux, avvolgendo le braccia dietro alla sua schiena. 
Ed allora, il sul pianto si fece più forte.
-Scusami... Io....- farfugliò, stringendolo a sé. -In miei genitori sono morti... Ed è morto.... E forse lo è anche Timber...-.
-Ma tu sei viva- rispose lui, ricambiando l'abbraccio -E tutte le persone che hai elencato... Sarebbero felici di saperlo-.

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