32. Essere Parte Di Qualcosa

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-Ma io... Non posso mangiarlo-.
Nux stringeva nel pugno uno strano frutto arancione, per lui totalmente sconosciuto.
-Avanti, prova!- insistette la vecchia signora, seduta dietro alla sua bancarella. - Non me lo devi pagare, offro io per questa volta-.
Allargò un sorriso sdentato, me sottolineò la presenza di profonde rughe sul volto dalla pelle scura, bruciata dal sole.
Il Trivial annuì vagamente e portò il frutto con sé, tenendolo stretto nella mano. Non sapeva neanche come fare, a mangiarlo. Fino a quel momento nella sua gola non era scesa nient'altro che acqua sporca.
Tornò silenzioso ad incamminarsi tra vie strette del mercato, osservando con curiosità e stupore tutti gli oggetti che venivano esposti e maneggiati dai passanti, finché non riconobbe tra le tante voci quella di Etnia.
-Pianta Timber, dai! Che cavolo-.
La ragazza afferrò il fratellino per la maglietta e lo trascinò via, lontano dalla bancarella dei giocattoli fatti a mano.
-Eccoti, Nux- esclamò poi, notificando la presenza del ragazzo tra tutta quella calca. - Andiamo in un posto più tranquillo, ho una cosa importante da dirti! -. I suoi occhi brillavano di una luce nuova; pareva davvero entusiasta. Si trattava sicuramente di una buona notizia.
Il trio, camminando in fila indiana con Etnia in testa, si allontanò dalla piazzetta del mercato avvicinandosi alle mura sud del covo, che separavano la piccola metropoli dal pericoloso mondo esterno.
La ragazza fece un balzo e si mise a sedere su un vecchio barile arrugginito, con un enorme sorriso dipinto sul volto. Non vedeva l'ora di raccontare la sua grande novità, lo si leggeva nei suoi occhi e lo si capiva dal mod in cui si dondolava nervosamente su sé stessa.
Nux intrecciò le braccia e si fermò a guardarla, senza dire niente. Era felice che il suo umore fosse così migliorato, ma non riusciva proprio a condividere l'entusiasmo nonostante dovesse ancora sentire la notizia.
Etnia intrecciò le dita delle mani e sorrise. - Mi hanno fatto alcune proposte, per integrarmi nella vita quotidiana del covo...- spiegò, con la voce che tremava dall'emozione.
-Avrei potuto fare altre cose, ma... - sollevò le spalle - Dopo tutto quello che abbiamo affrontato noi tre, ho finito per... Abituarmi a tutto questo movimento-.
Nux aggrottò la fronte; non capiva dove stesse andando a parare.
-E poi- continuò la ragazza - Voglio fare del mio meglio per aiutare questa città, siccome è stata la nostra salvezza-.
Emise un lungo sospiro affogando i polmoni in una grande boccata d'aria, e dichiarò con entusiasmo: -Ho scelto di arruolarmi per la difesa della città-.
Timber sollevò la testa. - Quindi fai il soldato? - esclamò, ridendo - Che figata! -.
-Non proprio, però... - farfugliò lei -Aiuterò gli altri a proteggere questo posto da tutti i pericoli che ci sono fuori e... Prenderò parte alle spedizioni esplorative! -.
Nux restò immobile a guardarla senza alcuna espressione sul volto per una lunga manciata di secondi, poi scosse lievemente la testa. - Sei... Sei sicura che sia la cosa migliore per te? -.
La ragazza balzò giù dal barile e puntò le braccia sui fianchi. - Sì, è questo che voglio- annunciò sicura, sorridendo -Sono stata protetta da altri per tutta la mia vita finora, è giunto il momento che ricambi il favore-.
Il Trivial aggrottò la fronte, e parve pensare.
-Non ti devi preoccupare per me- aggiunse poi la ragazza - Saprò badare a me stessa! -.
-Voglio fare anche io il soldato! - gridò Timber, iniziando a saltare sul posto. - Digli che mi arruolo anche io! -.
-Tu sei troppo piccolo, scemetto- rispose la sorella, ridendo. - Magari quando sarai più grande, che ne dici? -.
Il bambino strinse le spalle ed assunse subito un'espressione profondamente delusa. - Ma non è giusto.. - iniziò a lamentarsi. - Digli che sono grande abbastanza! -.
-Timber non insistere- ribatté lei, assestandogli un amichevole spintone -Lo vedrebbero anche lontano un miglio che sei un nanetto! -.
Quel pomeriggio trascorse lento, ed il sole splendeva alto nel cielo sbattendo contro le lamiere già incandescenti.
Timber tornò a giocare con il suo gruppo di amichetti, mentre Etnia e Nux, dopo aver finito di esplorare tutto quanto il covo da cima a fondo, tornarono alla baracca ove erano stati ospitati.
-Nux, posso chiederti una cosa? - disse Etnia, camminando avanti e indietro per la stanza.
Il Trivial che era seduto sul letto con i gomiti puntati sulle cosce, sollevò lo sguardo su di lei.
-Che cosa ti succede? Mi sembri... Strano- disse la ragazza, distogliendo lo sguardo per il lieve imbarazzo. - È da questa mattina che non parli e... Non so- balbettò - Sembri sempre distratto-.
Il ragazzo si sforzò di apparire tranquillo e composto, nonostante dentro di sé si sentisse morire. - Credo di... Non essermi ancora abituato a questa vita tranquilla- improvvisò.
Etnia annuì vagamente, ma non si bevve per niente quella palese bugia. - Sicuro che... Non c'è niente che non va? - chiese ancora, sperando di abbattere quella barriera che lui si era creato attorno.
Ma non ci riuscì; per niente al mondo Nux le avrebbe detto che dopo tutti i loro sforzi, proprio adesso che avevano conquistato la tanto bramata libertà, lui stava morendo.
-Sicuro- ripeté lui, tornando ad abbassare la testa.
Etnia rivolse lo sguardo alla porta aperta, oltre la quale i raggi del sole bruciavano la terra battuta della via, creando delle crepe scure.
-Ti abituerai presto, vedrai- disse, tornando a voltarsi verso di lui. Osservò ancora una volta il suo corpo pieno di graffi e lividi, la pelle pallida, le profonde occhiaie e quella grossa cicatrice che attraversava il suo volto magro.
-Hai sofferto fin troppo in vita tua- disse, allargando un timido sorriso - Per te è arrivato il momento di goderti un meritato riposo-.
Quelle parole furono per il ragazzo dolorose come un pugnale nel petto, perché lui sapeva bene che quel lieto fine non sarebbe mai giunto.
Non ci sarebbe stato nessun meritato riposo al termine della sua orribile carriera da schiavo, durata vent'anni. Solo la morte, e neanche delle migliori.
Tutto quel tempo passato a lavorare come una macchina sotto ai violenti raggi del sole, tutto il sudore versato ed il dolore patito in quelle industrie al di là delle mura della Città Celeste, non lo avrebbero mai condotto allo Halle, come da sempre aveva sognato.
Quel luogo meraviglioso di cui tanto gli era stato narrato in realtà non era mai esistito, anche se poteva rendersene conto soltanto adesso.
-Sei... Proprio sicura di volerti arruolare? - chiese Nux, cambiando velocemente discorso.
Lei annuì energicamente con la testa. - A dire la verità tecnicamente l'ho già fatto- disse entusiasta. - Ma non so ancora quando inizio-.
Il Trivial passò una mano sulla sua testa, ed emise un piccolo sospiro a denti stretti. - L'importante è che tu sia felice- disse.
Nella stanza spoglia calò un improvviso silenzio, mentre Etnia timidamente si avvicinava, con le braccia intrecciate dietro alla schiena. Il cuore rimbalzava con violenza nel suo petto; era terrorizzata dalla paura di sbagliare e rovinare tutto ciò che era stato costruito fino ad allora.
-Nux-. Chiamò il suo nome ma non gli diede il tempo di reagire perché si chinò, puntando le ginocchia a terra, lo afferrò per le spalle e lo baciò.

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