33. Legami Indissolubili

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Nux si irrigidì ma rimase immobile con gli occhi spalancati; quella sensazione così sconosciuta per lui era piombata in modo troppo improvviso, e non aveva la più pallida idea di come avrebbe dovuto reagire.
Etnia parve comprendere il suo disagio ed indietreggiò con la testa, incrociando per qualche secondo lo sguardo confuso del Trivial.
-Scu.. Scusa- balbettò impacciata, sforzandosi di sorridere - Non che cosa mi è preso.. - tentò di giustificarsi.
Nux rimase in silenzio, ma sollevò leggermente la testa in modo da poter incrociare ancora il suo sguardo.
Percepí una voragine aprirsi nel suo stomaco, una sensazione di profondo disagio e tristezza invase la sua mente e scosse l'intero suo corpo con un brivido che lo percorse interamente.
Non poteva più tacere. Non era giusto.
In quel momento avrebbe pianto, se solo ne fosse stato in grado; ma libertà di quel genere non erano mai state concesse ai Trivial e tali comportamenti venivano sradicati fin dalla loro nascita. Ogni volta che in passato si era permesso di cedere alle emozioni, era stato punito a pugni e frustate.
Adesso era diverso, avrebbe potuto lasciarsi andare, ma si scoprì incapace di farlo.
Strinse i pugni così forte da sentire dolore alle mani, ed abbassò lo sguardo.
-Etnia, io... - farfugliò, con un filo di voce.
-Io sto morendo-.
Un silenzio di tomba calò in quel momento. Sul volto di Etnia apparve prima un'espressione confusa, poi un accenno di sorriso. Crebbe che si trattasse di uno scherzo o qualcosa di simile, ma impiegò pochi secondi a capire che purtroppo non era così.
Nux era ancora immobile con lo sguardo puntato a terra, e l'espressione sul suo viso esprimeva una chiara e profonda sofferenza.
No, non era uno scherzo.
-Che cosa... Che cosa vuoi dire?- farfugliò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli. Il suo respiro si stava facendo pesante, i battiti del suo cuore più intensi e ravvicinati.
Nux piegò leggermente la testa di lato ed emise un lungo soffocato sospiro. -Ho.. Un tumore-.
Proprio in quel momento, in modo del tutto improvviso, tornarono alla mente di Etnia le parole che le disse il vecchio Ed, quel giorno in cui le rivelò tutta quanta la verità riguardo alla città Celeste. Ricordò distintamente il momento in cui le spiegò di come i Trivial nascano molto spesso con problematiche fisiche, o le sviluppavano in futuro a causa del contatto con le radiazioni, o del lavoro fisico distruttivo al quale venivano sottoposti.
In particolar modo in quel momento, la ragazza, ricordò che il vecchio Ed aveva detto che nessun Trivial supera mai i trent'anni di età.
Fu come ingoiare un masso; per quale motivo,  fino a quel momento, non aveva tenuto conto di questo? Come aveva potuto dimenticarsi di una cosa del genere?
Stringe i pugni ed abbassò lo sguardo. Avrebbe voluto dire un miliardo di cose, ma le parole morivano nella sua gola.
-Ma tu avrai...poco più di vent'anni...- farfugliò.  Non riuscì a trattenersi, ecco perché i supi occhi erano già bagnati.
-Non lo so di preciso- rispose Nux, aggrottando la fronte -Ma è...normale, per un Trivial-. Stava cercando di rendere tutto meno tragico, ma fallendo miseramente.
-Ed... Ed aveva detto trent'anni!- esclamò Etnia, le cui guance erano ormai rigate dalle lacrime. Tremava come una foglia, avrebbe voluto spaccare tutto ciò che aveva intorno.
-Mi dispiace...- si limitò a dire lui, stringendo le spalle.
La ragazza cercò di asviugarsi il volto con la manica della sua maglia, ma le lacrime continiavano ad uscire. -Quì ci sono... dei medici- farfugliò,  emotivamente distrutta -Ti aiuteranno loro-.
-Non possono- disse il Trivial. -Non possono curarmi- ripeté. 
Diversi secondi di silenzio seguirono quella frase. La ragazza iniziò a sentire un forte tremore alle gambe, tanto che fu costretta a mettersi a sedere sul letto accanto a lui. Sentiva che sarebbe svenuta,  se non fosse riuscita a calmarsi.
Avvolse tra loro le dita delle mani e chiuse gli occhi, cercando di riprendere il controllo sulle sue emozioni.
-Quindi...- balbettò -Che facciamo?-.
Nux si voltò verso di lei sforzandosi di allargare un timido sorriso. -Niente... Non facciamo niente- rispose, con una tranquillità disarmante.
La ragazza scosse la testa, con i capelli che si attaccavano alla pelle umida delle sue guance.
-Ma io... Non voglio perderti- farfugliò,  con un filo di voce.
Si protese verso di lui e lo abbracciò, stringendolo a sé con tutta la forza che aveva in corpo.
-Non voglio perderti- ripeté, con voce più decisa.
Si sentiva confusa, spaesata; il mondo che si era costruita mattone dopo mattone con tanto sudore, adesso era crollato a terra in un solo secondo sbriciolandosi come fosse stato fatto di sabbia.
A cosa era servito scappare, rischiare la vita, lottare e rischiare la vita se adesso doveva perdere Nux?
Non avrebbe mai potuto accettarlo.
Con le braccia avvolte dietro la sua schiena, appoggiò la testa sulla spalla di Nux ed inspirò una grande boccata d'aria; restò immobile, fino a quando non riuscì a recuperare un pò di calma e riprese a ragionare lucidamente.
Sciolse quell'abbraccio ed indietreggiò con il busto, afferrando le mani di Nux e stringendole con le sue, molto più piccole e sottili.
-È sicuro che... Non si può fare proprio niente? - chiese.
Il Trivial annuì con un cenno del capo. - Sì, mi dispiace- rispose con voce neutra.
-No, no, non ti deve dispiacere, diamine- balbettò lei - Non sono certo io la vittima, quì-.
-Sì ma.. - farfugliò lui, alzandosi in piedi. -È per questo che non voglio che tu... Ti affezioni a me. Insomma, considerato che io... Devo... -.
-Che diamine, Nux- esclamò Etnia, con una risata palesemente forzata. - Per questo è decisamente troppo tardi-.
Il ragazzo restò immobile a guardarla per diversi secondi, con la fronte aggrottata. - Beh, allora forse è il caso che... Ti occupi delle tue cose e... - balbettò - Meglio che mi lasci stare-.
La ragazza parve molto confusa nell'udire quelle parole. Ne restò interdetta, non se lo aspettava.
Sollevò una mano e scosse l'indice. - No, no, no, ma che diavolo stai dicendo Nux- esclamò. Lo guardò dritto negli occhi occhi e per poco non riprese a piangere.
-Questo per me non cambia assolutamente niente, chiaro? Non ho intenzione di... Abbandonarti. Per nessuna ragione-.

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