Etnia balzò in piedi, ed ebbe l'impressione che il suo cuore volesse saltare fuori dal petto.
-Nux! -.
Afferrò la sua mano e la strinse, scoppiando in lacrime per la gioia.
Il ragazzo aprí lentamente gli occhi, e dapprima parve confuso; non mosse un solo muscolo finché, di colpo, non sollevò le braccia portandosele alla bocca, coperta dal respiratore.
Afferrò nervosamente il tubo ed iniziò a tirarlo.
-No, no, no! - esclamò Etnia, cercando di fermarlo. - Fermo, Nux, non lo puoi togl..-.
Non ebbe neanche il tempo sufficiente a finire la frase che stava pronunciando, perché il Trivial si sfilò la mascherina dalla faccia e la gettò sul letto.
Inspirò una gran boccata d'aria, che gli causò una fitta dolorosa al petto.
Etnia lo afferrò per una spalla. - Riesci a... Respirare? - chiese, con la voce che tremava come una foglia al vento.
Lui ripeté l'azione più volte, fino a che il dolore non iniziò a placarsi. - Faccio... Fatica- disse, con il fiato corto - Ma... Sì. Credo di sì-.
Etnia stava per dire qualcosa, ma non una sola sillaba uscì dalla sua bocca. Istintivamente avvolse le braccia dietro alla sua schiena e lo strinse a sé, riprendendo a piangere. Singhiozzava, e più le lacrime uscivano abbondanti dai suoi occhi più aumentava la stretta. Oramai non sapeva dirlo neanche lei se stava piangendo di gioia o di tristezza.
-Però.. Non ti devi affaticare in questo modo- farfugliò, sciogliendo l'abbraccio per guardarlo dritto negli occhi. - Devi indossare questo, per favore-. Recuperò la mascherina e la poggiò lentamente sulla sua bocca, per poi fissarla con una piccola cinghia dietro alla sua nuca; lui la lasciò fare, questa volta non si oppose.
-Si è svegliato! -. La voce squillante di Timber rimbalzò sulle pareti mentre, entusiasta, spalancava la porta e correva verso il letto.
Nux poggiò la schiena contro alla sponda del letto e si voltò verso di lui. Con il macchinario sulla bocca non poteva parlare, ma gli fece cenno con una mano di avvicinarsi.
Il bambino sorrise con ingenuo entusiasmo e strinse la sua mano; il Trivial ricambiò prontamente la stretta allungando il braccio fasciato al quale era stata applicata la flebo, come volesse dimostrare al bambino di essere ancora forte come prima. Non voleva capisse che stava così tanto male.
-Guarirai presto? - domandò Tim, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo scaturito da quella domanda.
Era stupido mentire, e non sarebbe affatto servito a cambiare il corso degli eventi; nonostante ciò, Nux dovette farlo. Annuì con un cenno della testa, ed allargò un sorriso scarsamente visibile sotto alla maschera del respiratore.
-Nux è forte! - esclamò il bambino, rivolgendo questa volta alla sorella -Da grande sarò come lui-.
Etnia sorrise amaramente, anche se dentro di sé avrebbe voluto morire. Quanta fatica stava facendo a mantenere una stabilità emotiva in quel momento; avrebbe voluto urlare, strapparsi i capelli e prendere a calci il muro, sentiva il suo corpo tremare di rabbia e di dolore, ma se ne restava completamente immobile seduta su quel letto.
Nux tornò lentamente a distendersi, affondando la testa nel cuscino con lo sguardo rivolto al soffitto pieno di crepe sopra si sé. Il respiratore emetteva un rumore a cadenza regolare, forzando meccanicamente la ventilazione nei polmoni; un display dal vetro rotto ne indicava la pressione.
Un bambino si affacciò timidamente alla porta d'ingresso, richiamando l'attenzione di Timber. - Vieni a giocare? -.
Il bambino lanciò uno sguardo alla sorella per chiedere la sua approvazione, e quando lei le fece cenno di andare con il capo, lui sorrise e corse via raggiungendo il suo amichetto.
Guardò per qualche secondo indietro, prima di chiudere la porta.
Ora che Nux ed Etnia erano di nuovo soli, nella stanza calò il silenzio; lui chiuse gli occhi, si sentiva stanco e privo di energie, e l'azione del macchinario lo infastidita molto ma d'altro canto si era reso conto di quanto fosse ormai per lui difficoltoso respirare senza.
Etnia afferrò la sua mano e vi intrecciò le dita, con la mente sovraccaricata di pensieri ed angosce che le mozzavano il fiato........
La sera calò ancora una volta sulla piccola Metropoli, nel mezzo di quel deserto dimenticato da Dio. E con il calar del buio, le condizioni di Nux precipitarono vertiginosamente.
Nonostante l'azione meccanica del respiratore, la sua pressione sanguigna iniziò a scendere ed il medico, disarmato, non poté far altro che rincuorare Etnia dicendole che non avrebbe sofferto molto.
La ragazza se ne stava seduta accanto al letto su quella medesima sedia di legno che aveva imparato a detestare, e non aveva lasciato per il solo secondo la mano di Nux. Non faceva che piangere, ma silenziosamente; le lacrime scivolavano giù dalle sue guance, ma lei non emetteva alcun suono.
Il ragazzo era pallido, molto più del normale. Faceva fatica a tenere gli occhi aperti, era ormai troppo debole perfino per fare i movimenti più semplici.
Erano circa le undici, quando in modo improvviso Nux iniziò a tossire imbrattando di sangue la maschera del respiratore. Sollevò le braccia e con grande fatica la strappò via, gettandola a terra.
-Nux, fermo non-.
-Non voglio.. - disse lui, con un filo di voce - Morire con... Questa roba addosso... -.
Etnia si passò una mano sulla fronte sudata, e chiuse gli occhi per qualche attimo. Doveva essere forte, adesso. Doveva esserlo per lui, ed anche per sé stessa.
Si mise in ginocchio, con i gomiti poggiati sul materasso, e strinse più forte la mano di Nux.
Era terrorizzata dalla consapevolezza che ogni attimo che passava poteva essere l'ultimo trascorso assieme a lui.
-Forse dopotutto... - farfugliò il ragazzo, che parlava con immensa fatica - Mi sarà ugualmente... Garantito l'accesso-.
Lei restò in silenzio ad ascoltarlo. Accarezzando il dorso della sua mano.
-È ciò che ci dicevano... - continuò, mentre le sue palpebre si facevano più pesanti. Ogni respiro era un inferno, l'aria che entrava nel suo petto sembrava veleno. - A tutti i Trivial che abbiano... Svolto bene il loro compito... Sarà ganatito l'accesso... Allo Halle-.
Etnia asciugò le lacrime, e si sforzò di sorridere. - Come te lo immagini? -.
-Ci sono dei.. Prati- rispose lui, chiudendo gli occhi. - L'erba cresce rigogliosa. E c'è acqua... A volontà-.
Il suo respiro si fece più debole. - È la seconda vita... Quella vera-. Il sangue fuoriuscito dalla sua bocca ne percorreva le guance fino a scendere lungo il collo, per poi riversarsi sul cuscino.
-È l'unica speranza, per un Trivial...-.
Etnia degluì saliva, e nuovamente non riuscì ad arrestare le lacrime. - Io vorrei... Vorrei venire con te..- farfugliò. Quanto era triste che l'unica sua consolazine fosse la grande bugia con la quale era stato cresciuto. Neanche lui ci credeva davvero, almeno non più; ma adesso era costretto a farlo.
Immaginare un inizio al di là della fine.
Crearsi una specie di lieto fine.
-Vorrei venire con te... - ripeté la ragazza; ma ecco che proprio in quel momento la presa di Nux sulla sua mano si sciolse di colpo, ed il suo petto cessò di muoversi, dopo aver esaltato l'ultimo doloroso respiro.
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Trivial
FantasyLa città celeste è un luogo paradisiaco, sorto nel bel mezzo di un arido deserto. Dentro alle sue possenti mura, gli abitanti godono di un lusso a dir poco esagerato, tanto che nessuno di loro è mai destinato a partire alcun tipo di pena. Cibo a vol...