Chapter Five

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Alla fine il riccio la trascinò in un bar terribilmente lontano dal centro con la scusa che fosse il più prestigioso del posto. In realtà aveva dato particolare peso alle parole di Sylvia. Non voleva la festa, così l'aveva portata via. Al loro arrivo l'uomo oltre il bancone, sulla cinquantina, capelli corvini, salutò Harry. Chissà quante volte era già stato lì. Dopodiché si accomodarono in uno dei posti più appartati. La luce in ogni tavolo era data dalla candela centrale, nessun lampadario pendeva dal soffitto, nemmeno dietro al bancone che era tappezzato da candelabri. La carta da parati rappresentava una ripetuta fantasia semplice e astratta, sul viola scuro, mentre tutti i particolari, dai tavoli e le sedie, alle tazze, i piatti e le posate, erano rigorosamente bianchi o neri. L'atmosfera per la bionda era a dir poco fantastica.

«Wow.» si lasciò fuggire la ragazza sistemandosi sulla sedia. Avevano camminato fino a quel posto e alla fine aveva ceduto lasciando le sue cose in mano ad Harry che aveva poggiato tutto ai piedi della propria sedia con la massima attenzione.

«Te l'ho detto che è uno dei posti migliori di Rio de Janeiro.» borbottò, non poté che annuire e bearsi del sorriso soddisfatto del riccio sedutosi alla sua destra.

«Cosa prendi?» le chiese non appena tornò il silenzio imbarazzante.

«Um.. non saprei.» prese fiato guardandosi attorno. Non era mai stata brava con i ragazzi, si era abituata a scappare fin dal suo primo appuntamento, con Harry però non aveva scampo. E sentiva che se anche avesse avuto la possibilità di scomparire per aria, non lo avrebbe fatto.

«Una cioccolata?» la risvegliò il moro.

«Perfetto.» annuì.

Così, con gli occhi illuminati dalla fiammella, lo seguì allontanarsi e avvicinarsi al bancone. Lo vide chiedere l'ordinazione, poggiare la schiena e i gomiti sul bordo del marmo bianco , incrociare le gambe e aspettare picchiettando la punta dello stivale beige, usurato sul pavimento. Poco dopo lo vide portare una mano alla bocca e afferrare il labbro inferiore distrattamente. I secondi sembravano essere minuti,e più questi aumentavano, più lei si sentiva fortunata ad essere lì con lui. Comunque impiegò poco tempo prima di arrivare al tavolo con due tazze in una mano e una fetta di Red Velvet nell'altra.

«Ẻ un talento il tuo?» azzardò Sylvia quando poggiò tutto sul tavolo. Il ragazzo aggrottò la fronte.

«Hai tenuto due tazze in una mano e un piattino pieno nell'altra..» spiegò «Io probabilmente avrei fatto tre viaggi per quelli.»

«Oh..» si lasciò andare in una leggera risata «Non sei la prima a dirmelo.»

Pochi secondi dopo si catapultarono sulle loro bevande lasciando la torta al centro del tavolo. Non appena Harry sorseggiò la bibita chiuse gli occhi e sorrise sollevato.

«Ẻ tea?» domandò Sylvia stringendo la tazza calda tra le mani.

«Menta peperita.» precisò il riccio «Forte e caldo.»

«Non mi piace il tea.» sussurrò la ragazza confondendo le parole con qualche colpo di tosse.

«Come?!»

«Non mi piace il tea.» fece spallucce in imbarazzo. Harry rimase con gli occhi e la bocca spalancati, la tazza a mezz'aria, precisamente a qualche millimetro dalla bocca, e la sua espressione diceva tutto.

«Ẻ amaro e stopposo.» ancora nulla «Semplicemente da brividi.» aggiunse con la speranza di risvegliarlo.

«Harry ti prego..» ridacchiò colpendogli giocosamente la spalla «Dì qualcosa.»

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