Capitolo 1.

91 8 0
                                    

Ed eccomi qua, su un aereo, per l'ennesima volta. Potrebbe sembrare uno dei soliti viaggi, ma no, non lo è.
Questo viaggio darà una svolta alla mia vita.
Mentre sorvolo la città, la mia città, mi ritorna in mente tutto.
Le serate con mio fratello.
I tramonti mozzafiato.
Le risate.
I giorni tranquilli e quelli che, purtroppo, non potrò mai dimenticare.
So già che tutto ciò non sarà più lo stesso dopo che questo aereo sarà atterrato nella mia nuova vita.

"Jennifer, siamo arrivati" mi richiamò mia madre.
Italia.
Sono davvero in Italia? No, non è possibile.
Scendo dall'aereo e vado a prendere le valigie, per poi dirigermi verso l'auto.
Ci fermammo di fronte a quella che sarebbe dovuta essere la nostra nuova casa.
Casa.
Che strano chiamare un luogo del tutto sconosciuto 'casa'.
È come dire di amare la pizza e non averla mai assaggiata.
Del tutto impossibile.

L'edificio è enorme.
Il colore delle pareti è un rosa antico un po' spento e si nota un'enorme piscina posta sul retro.
Quando entrai non ne rimasi tanto sorpresa dallo stile.
Tutte le pareti erano di un colore grigiastro e l'arredamento era ben disposto.
Nella parete destra della sala principale si trovava un camino, mentre al centro si faceva spazio un enorme divano scuro, l'unica cosa che faceva contrasto, contando il pavimento in marmo bianco.
La casa era a due piani, escludendo la soffitta.
Salii le scale e mi scelsi una stanza, mio fratello si sarebbe preso quella che restava.
Quando aprii la porta ne rimasi estasiata.
La stanza era bella grande, al suo interno c'erano già un armadio sulla sinistra e una scrivania appoggiata sulla parete destra, vicina ad una libreria vuota.
Di fianco al letto c'era una finestra da cui si potevano osservare i monti in lontananza.
Certo, avrei dipinto le pareti e modificato qualcosa, ma in sè la stanza era carina.

"Ti sei presa la stanza migliore eh?"
Mio fratello era sulla porta, appoggiato su un fianco al muro.
"Già" risposi semplicemente.
"So che non ti va a genio questa situazione, perché neanche a me piace, ma almeno proviamoci, okay? Ora vado, devo disfare i bagagli" disse avvicinandosi per darmi un breve abbraccio e poi uscire dalla porta.
E aveva ragione.
A me non va a genio questa cosa.
Mi manca la mia vecchia casa.
Mi manca passare il tempo a leggere nel parchetto vicino alla stazione, dove non passa mai nessuno.
Mi manca tutto.
E la colpa del trasferimento è solo mia.
Me la sono cercata.
Il lavoro di mio padre è solo una scusa.
Mi misi a disfare la valigia e poi mi coricai nel letto, stanca di tutto.
Almeno adesso ho bisogno di pace.

---

La sveglia suonò e io dovetti per forza alzarmi.
Ho sempre odiato il primo giorno di scuola, soprattutto ora che dovrò ricominciare da capo.
Spero in qualcosa di buono, almeno oggi.
S

cesi a fare colazione e trovai mio fratello già seduto.
"Buongiorno Jenny" disse dandomi un bacio sulla guancia.
"Buongiorno Cam" risposi abbracciandolo.
Io e lui abbiamo sempre avuto un legame speciale e penso che senza di lui non riuscirei a vivere, è sempre stato il fratello maggiore protettivo, anche se ci separano solo due anni.
Tornai in camera per prepararmi e decisi di indossare un paio di jeans neri strappati, una delle mie solite magliette larghe dalle maniche corte e le mie adorate Vans bordeaux.
Misi solo un po' di mascara per risaltare gli occhi e lasciai i capelli sciolti, perché non avevo voglia di raccoglierli, poi presi lo zaino ed andai alla fermata dell'autobus insieme a mio fratello.
Sul mezzo c'erano un sacco di persone, di conseguenza dovetti restare in piedi per tutto il tragitto verso scuola, subendo le occhiate incuriosite di tutti.

Arrivammo a scuola abbastanza in fretta e, visto l'edificio, lo trovai abbastanza carino, però era enorme e io, sbadata come sono, mi sarei persa di sicuro.
Mentre camminavo con gli occhi al cielo, andai a sbattere contro qualcosa o, meglio, qualcuno e caddi per terra.
Davanti a me c'era un ragazzo.
Aveva i capelli castani e gli occhi azzurro ghiaccio.
Rimasi a terra per qualche istante, incapace di muovermi.
"Fai più attenzione la prossima volta" disse lui bruscamente.
Di scatto mi alzai.
"Ehi, moderati. Potevi benissimo guardare anche tu dove andavi, non per forza la colpa è mia, quindi evita."
"Ma sentila. Beh, comunque ora me ne devo andare" e, detto ciò, si girò e se ne andò.
Bel caratterino insomma.
Se tutte le persone qua sono così, vi prego, uccidetemi.

La campanella suonò e io cercai la classe che sarebbe dovuta essere la mia.
Dopo mille giri intorno e aver chiesto ad almeno una ventina di persone, alla fine entrai nell'aula giusta e mi accorsi di essere in ritardo.
Un enorme ritardo.
"Ehm.. scusi professore, non trovavo l'aula.."
Il professore fece un gran sorriso per poi dire "Scommetto che lei è la ragazza nuova... Jennifer Ross se non sbaglio. Non l'ho mai vista in giro."
"Esatto.."
"Beh, signorina Ross, si accomodi pure in un posto libero e, solo per oggi, dato che è il primo giorno e lei è nuova, le concedo il ritardo."
Annuii e seguii le sue indicazioni per poi sedermi nel primo posto libero che trovai, negli ultimi banchi.
Al mio fianco non c'era nessuno e un po' ne ero sollevata. Non sono mai stata brava a socializzare.
Poi lo vidi.
Mister acido era appena arrivato.
Stava sulla soglia a guardare il professore, che non si era ancora accorto della sua presenza, poi lo vide anche lui.
"Ah, Morelli, credevo non si sarebbe più fatto vivo dopo il disastro dell'anno scorso. Comunque sono contento che lei sia qui. Ora vada a sedersi, per oggi chiuderemo un occhio riguardo al ritardo, dato che non è stato l'unico" disse degnandomi di un'occhiata e facendomi arrossire.
Mi vide anche il ragazzo dagli occhi chiari e a quel punto sbuffai, perché mi accorsi che il posto accanto al mio era l'unico disponibile.
"Guarda guarda chi si rivede" disse il ragazzo al mio fianco osservandomi. Sembrava si fosse calmato rispetto a prima.
"Non rompere, non ho voglia di parlare con te" dissi sorprendendomi della mia freddezza.
"Calmati eh. Nemmeno mi conosci."
"E non ci tengo nemmeno" risposi.
"Beh, io sì, quindi piacere, Federico" disse porgendomi la mano.
"Cosa non hai capito del 'non voglio parlare con te'?" chiesi.
"Che acida.. ti ricordo che prima sei venuta tu addosso a me."
"Ancora questa storia?" dissi alzando gli occhi al cielo.
"Sì. Sei troppo lunatica, dovresti farti una tisana."
"Dì un'altra parola e ti castro" risposi.
Lui spalancò gli occhi, blaterò qualcosa come 'acida del cazzo' e si girò.
Finalmente un po' di pace.

(In)separabili.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora