Capitolo dieci. Forse un giorno

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Shaw strappò e tirò tanto forte da farne due pezzi e restò a fissarli, prima uno e poi l'altro, riprendendo fiato, fermando le lacrime. Non passò molto che si pentì di averla rotta e avvicinò i due pezzi come se avessero potuto tornare a essere una giacca intera. Ansimò ed emise appena un altro strillo quando si spaventò e di colpo si girò, udendo la porta del bagno scattare e aprirsi. La fissò a bocca aperta mentre camminava scalza verso di lei. Bear la scrutò allo stesso modo e dopo tornò a dormire, come se nulla fosse successo.
Root si fermò in mezzo alla stanza, guardandola così come si guarda qualcuno che non è in grado di comprendere ciò che gli succede: con compassione. «Non dovevi alzarti dal letto, avrai ancora la febbre alta», disse piano, a bassa voce, riuscendo a sorridere per lei.
Si avvicinò e provò ad alzare Shaw dal pavimento ma lei si divincolò, saltando via, stringendo un pezzo della giacca in una mano. Per interminabili secondi non riuscì a fare altro che esaminarla a occhi sgranati. «Non può essere», mormorò, toccandosi la fronte, «Sto impazzendo».
«Non stai impazzendo, Sameen», provò qualche passo verso di lei. «Hai solo paura di risvegliarti e scoprire che è tutto finto. È normale, sei stata per mesi nelle mani di quei pazzi che hanno cercato di usarti! Ma tu sei sopravvissuta a loro e adesso stai lottando e sopravvivendo anche a quello che ti hanno lasciato. Stai vincendo, Sameen Shaw, perché tu sei più forte di tutto questo». La prese fra le sue braccia e Shaw chiuse gli occhi. «Sei confusa ma ti sembrerà più chiaro presto. Molto presto».
«Ho bisogno di te».
Root fece una pausa, prima di parlare: «Io ho bisogno di te». Alzò la mano destra e premette la siringa, infilandole l'ago nel collo.
Shaw spalancò gli occhi dalla sorpresa e poi li richiuse piano, lasciandosi andare. 

Era così triste. Un sentimento tanto forte per lei che non ne aveva provato per così tanto tempo. Aveva il volume basso, le aveva detto un giorno una bambina, e pur non dandoci peso allora lo aveva tenuto in mente perché in fondo sapeva che era vero e che Root in un modo o nell'altro era riuscita a girare la manovella per alzarlo.
Si mosse per asciugarsi gli occhi appiccicati di lacrime e sentì la sua pelle strisciare su freddo cemento, non comode lenzuola. Si sentì sollevata, aprendo gli occhi e vedendo di essere nelle fogne: non lo aveva sognato ma era accaduto il contrario. Era stato un incubo; quello di cui aveva paura da quando l'aveva ritrovata in una notte ancora giovane e piovosa. Era ora di svegliarsi del tutto dalle paure e dai tormenti; perché era più forte di tutto quello. Che ci provasse pure, il suo cervello, a farle credere di essere in una simulazione o in un sogno; pensò che non le sarebbe più importato da quel momento in avanti perché voleva vivere. Voleva vivere e essere felice. Quella era la vita vera e avrebbe lottato con tutta se stessa affinché potesse proteggere quella realtà dalle sue paranoie. Basta simulazioni, basta rivedere quella giacca appesa come se Root, quella volta, fosse morta davvero. Forse un giorno chi le aveva fatto tutto quello aveva vinto, ma quel tempo era finito.
Shaw si alzò dapprima con fatica, tastandosi il collo sul punto dove l'aveva punta con l'ago, e poi calciò le manette, facendole cadere nel canale di scolo. Era arrivato il momento di riprendersi Bear. 

4A - A Shoot Spinoff: UntitledDove le storie prendono vita. Scoprilo ora