PROLOGO

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ANNO 10 a.C.

IMPERO ROMANO

Era una giornata piovosa nella capitale dell'Impero.

Roma non poteva apparire più maestosa sotto quel costante velo di pioggia. I grandi palazzi governativi che circondavano la piazza del centro cittadino erano imponenti nella loro classica bellezza: le alte colonne dai capitelli ben decorati secondo lo stile corinzio, i fantastici archi dalla forma tipicamente curva e le cornici con modanature sporgenti ad abbellire gli ampi finestroni.

Sarebbe stato uno spettacolo da osservare fin nei più piccoli dettagli, se solo Elionora, figlia maggiore del celebre fabbro Albinus, figlio primogenito del capostipite della famiglia Tubas, non fosse stata portata in quella piazza romana per essere condannata a morte.

Incatenata mani e piedi a pesanti catene, la povera donna, dai vestiti strappati, i capelli laceri e i piedi nudi sul freddo suolo, veniva spinta in avanti da due guardie armate di lancia. Ai lati della sua curva figura, un fitto pubblico si era allineato per vedere la sua fine, e assaporare il gusto della morte altrui senza un briciolo di pietà.

Ovviamente tutti, senza escludere neanche la sua stessa famiglia, la credevano colpevole della cruenta carneficina di tre bambine avvenuta alcune notti prima.

Elionora era stata trovata sulla scena del crimine sporca del sangue di una delle fanciulle e nessuno si era fatto troppe domande: lei doveva essere sicuramente l'assassina. D'altronde, l'avevano colta sul fatto e non c'era nessun testimone che potesse provare la sua innocenza.

Ma in realtà Elionora si era trovata davanti a quella manifestazione di crudeltà e morte, a causa di una sua premonizione. In quanto veggente, non poteva ignorare il suo sesto senso, così, destatasi nel cuore della notte, si era fatta condurre dalle sue gambe in quell'angolo buio di una delle stradine della periferia di Roma.

Quando un gruppo di guardie l'aveva trovata china su uno dei cadaveri, la donna non aveva tentato nemmeno di difendersi, lasciandosi arrestare senza opporre resistenza. Sapeva che non ci sarebbe stato un equo processo e che il suo destino era probabilmente già segnato.

Tra gli insulti, la frutta marcia che le veniva lanciata e gli sputi, Elionora riuscì finalmente a raggiungere il centro della piazza, dove due soldati erano intenti a sistemare l'ultimo chiodo che avrebbe tenuto insieme la croce alla quale la donna sarebbe stata presto crocifissa.

Un'inaspettata frustata le calò sulla schiena, e la condannata fu costretta a inginocchiarsi a terra. Al cenno di un grasso generale, la folla si quietò. Le guardie, che erano state fino a quel momento alle sue spalle, la tirarono in piedi sostenendola per le braccia.

<<Siamo qui, oggi, per punire un'assassina.>>, urlò in tono perentorio il generale mentre l'acqua piovana gli infradiciava la barba brizzolata. <<Si è macchiata del peggior crimine: l'omicidio di tre innocenti fanciulle. La condanna che le spetta è la morte.>>

Elionora venne strattonata con forza verso la croce di legno, ma mentre i soldati, una volta liberatala dalle catene, si accingevano a legarla alla croce facendole stirare dolorosamente i muscoli, gli occhi della condannata si tinsero di un rifulgente color argento e la donna gridò:<<Un'ultima parola prima di morire, se mi è concesso!>>

La folla ammutolì di nuovo e il generale la guardò con disprezzo. <<Parla.>>, le ordinò, sputando quella parola come se fosse una maledizione.

Ed Elionora parlò con quel poco di fiato che le era rimasto nei polmoni, prima che il peso del suo stesso corpo le comprimesse la cassa toracica portandola all'inevitabile soffocamento.

Le parole che pronunciò rimasero impresse per parecchio tempo nelle menti dei più superstiziosi, e quegli occhi, dello stesso colore delle monete d'argento, rimasero per molto tempo impressi nella memoria di un ragazzo, un ragazzo dagli occhi di un insolito verde acceso e riccioluti capelli biondi.


LE PROFEZIE DEL DESTINO - La Ragazza GeminiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora