UN INCONTRO INASPETTATO

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Sola. Seduta sugli scalini che portavano all'ingresso della scuola, Angelica era sola. Mancavano ancora cinque minuti al suono della campanella che avrebbe decretato l'inizio delle lezioni.

Tutti gli studenti del liceo classico Jean Jacques Rousseau erano sparpagliati qua e là per il cortile. Chi chiacchierava animatamente, chi ripassava per una verifica o un'interrogazione, chi raccontava barzellette, chi amoreggiava con il fidanzato.

Lei, invece, era sola come tutte le mattine, sempre seduta nel suo posto preferito, un angoletto buio e tetro che anche nei giorni di sole sembrava rifiutare la luce.

La ragazza controllò il cellulare: due minuti al suono della campanella.

Sospirò e alzò gli occhi verso il cielo. Erano i primi giorni di aprile, ma la primavera tardava ad arrivare, sovrastata dalla perenne presenza di grossi nuvoloni grigi che coprivano il sole. Davvero deprimente.

Pensò alla noiosissima giornata che l'aspettava: sei lunghe ore di lezione in cui i professori avrebbero sprecato metà del tempo a rimproverare i ragazzi più indisciplinati della sua classe. Fantastico!

Percepiva già il mal di testa in arrivo.

Alla fine, l'indesiderato suono della campanella arrivò. La ragazza sospirò di nuovo e chiuse gli occhi per qualche istante mentre aspettava che la calca di ragazzi entrasse a scuola. Quando aprì gli occhi, più della metà degli studenti erano già entrati, così si alzò riluttante e si avviò svogliatamente verso l'ingresso.

Prima di entrare in classe decise di fare una capatina in bagno.

Si guardò allo specchio appeso al lavandino e, come sempre, ciò che vide non le fece né caldo né freddo.

I soliti capelli biondo scuro circondavano un volto pallido; i soliti occhiali della montatura nera con le spesse lenti; gli occhi nocciola incredibilmente seri e tristi, sotto i quali persistevano aloni leggermente violacei a testimoniare le lunghe ore che passava sui libri, riflettevano il suo sguardo pensieroso.

Angelica si guardò il pallido collo dove scendeva la collana con il ciondolo a forma di cuore di cristallo che portava ogni giorno: era un regalo di suo zio e, ormai, era diventato il suo portafortuna.

Passò a guardare la maglietta che indossava. Non era mai stata una ragazza alla moda e nel suo armadio regnavano solo felpe, jeans, t-shirt e scarpe da ginnastica.

Sospirò per l'ennesima volta, scosse la testa e si avviò verso la sua classe.

Non degnò i suoi compagni di uno sguardo e andò a sedersi al suo posto, uno dei banchi in fondo alla classe sul quale una lampada attaccata al soffitto gettava luce ad intermittenza, lasciando spesso quell'angolo in penombra. Angelica aveva fatto presente più volte che quella luce non funzionava bene, ma ai professori non era importato molto.

Girò la testa verso sinistra guardando il banco qualche postazione più in là del suo: Roxana, l'unica amica che aveva, era di nuovo in ritardo. Come al solito sarebbe arrivata all'inizio della seconda ora di lezione.

La ragazza sospirò di nuovo, appoggiò la faccia sulle mani e fissò un punto nel vuoto. Iniziò, così, a contare i minuti che la separavano dalla fine di un'altra apocalittica giornata di scuola.


Azazel superò i cancelli della nuova scuola con la sua magnifica moto.

Sfrecciò attraverso il parcheggio dirigendosi verso l'area riservata ai motorini e inchiodò parcheggiando. Tolse il casco e guardò il cellulare su cui apparve l'ora 8:05. Il ragazzo sorrise: in ritardo già il primo giorno di scuola.

LE PROFEZIE DEL DESTINO - La Ragazza GeminiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora