Amour

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Ti ho vista tante volte questi ultimi mesi.
Posso quasi dire che ti ho vista sempre, ogni giorno.
Ti ho guardata passeggiare spensierata con le tue amiche per i corridoi.
Ma non camminavi semplicemente.
No, ogni tuo passo era come se fosse parte integrante di una coreografia dolce e delicata.
D'altronde, era la tua coreografia.
Marie e Louise, le tue amiche, non erano niente in confronto a te. Camminavano sgraziate e ridevano sguaiatamente; mentre tu eri lì, leggera e libera come una foglia che in autunno cade lieve dal suo albero.

Ma non penso di averti solo vista; ti ho notata, osservata, studiata e contemplata. Non riesco a fare altro che contemplarti.
Non credo di poterti paragonare ad un'opera d'arte.
In effetti, le opere rappresentano qualcosa che l'artista ha voluto reinterpretare, ricreare, ricopiare; qualcosa che ha un'origine e che non è l'origine stessa della sua bellezza.
Ma no, tu sei di più.
Tu sei la musa, il paesaggio, il minuscolo dettaglio a cui l'artista s'ispira per creare un'opera che non vale un sesto del tuo essere.
E se non credi davvero a ciò che ho appena scritto, beh, sappi che per me lo sei.
Sei questo e mille altre cose.
È a te che dedico le mie parole e le mie giornate.
Ti regalo i miei pensieri, spero che tu li possa apprezzare.

E se magari ti stessi chiedendo chi diamine io sia, la risposta è semplice: nessuno di speciale, o anche nessuno in generale.
Io ora non sono che niente, persino per me.
Esisto per gli altri, ma non vivo per me stesso. O, almeno, non nel senso metaforico del termine.
Esisto per Nicolas, che mi chiede sempre i compiti e mai come sto.
Esisto per mio padre, che trova sempre qualcosa di sbagliato in quello che faccio, ma non mi insegna mai a farlo bene.
Esisto per mia madre, che detesta il mio modo di vestire, ma non mi compra mai qualcosa che le piaccia vedermi addosso.
Esisto per i professori, che mi chiamano per l'appello o per correggere i compiti alla lavagna.
Forse esisto soprattutto per il professore di letteratura francese, Monsieur Morot, che mi ferma spesso al termine delle sue lezioni per chiedermi se gradisco il libro che stiamo leggendo per il suo prossimo compito.
Esisto un pochino anche per me stesso, perché, alla fine, sono l'unico che si cura di me.
Ma, di sicuro, non esisto per te.
Non mi conosci e non sai che respiro ancora soprattutto grazie al tuo solo ridere, per vederti domani, per sognarti di notte, per viverti nei miei pensieri.
Semplicemente per te non esisto, o, se lo faccio, sono una delle tante sagome nei corridoi; una di quelle che non ricordi e che ignori.
Beh, ciao, quello sono io.

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