Appuntamento

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Chantal aveva deciso di non darsi per vinta. "Ci vieni a fare una passeggiata in centro con me?" chiese al suo amato Marc. Quindici giorni – e svariati momenti di sofferenza - dopo il suo diciottesimo compleanno.

Marc accettò.

Bene. Sa che mi piace, immaginerà cosa voglio fare. Se ha accettato vorrà dire che almeno non gli faccio schifo...

Lo raggiunse nel bistrot del centro dove lui le aveva dato appuntamento subito dopo la scuola, si fermò a guardarlo. Alto, muscoloso, sanguigno...

Forse non gli faccio schifo. Forse... gli faccio pena!, considerò. Lei era una di quelle ragazze né brutte ne belle, e lo sapeva. Nessuno si girava mai a guardarla mentre passeggiava con sobri vestiti da studentessa, ma quando usciva con le amiche e sfoggiava il suo look da giovane artista le occhiate e i complimenti non le mancavano.

Quel giorno indossava calze parigine abbinate a stivaletti e gonnellina svasata, il tutto sormontato da una giacchetta leggera. Aveva i lunghi capelli castani tirati all'indietro e un trucco deciso a esaltare i suoi grandi occhi color cioccolato. Era carina, ma riteneva che Marc fosse a un altro livello.

"Ciao!", la salutò lui, per poi alzarsi dal suo tavolino e depositarle un lievissimo bacio sulla guancia.

Chantal si sentì sciogliere. Più impacciata del solito iniziò a camminare al suo fianco, lasciando che lui le notificasse il prezzo troppo alto del caffè americano appena consumato e il conseguente desiderio di non mettere più piede nel locale in questione.

Tra una chiacchiera e l'altra, Marc si girò verso di lei, si avvicinò più di quanto non avesse mai fatto. Poi si rifece indietro: "Volevo baciarti, ma sembravi terrorizzata." E le sorrise.

Chantal si sentì avvampare. L'osservò, come fosse al rallentatore, compiere il passo che avrebbe ridato il via alla passeggiata, forse portandosi via il bacio per sempre. E lo fermò, trattenendolo per un braccio. "Aspetta." gli sussurrò, "Se ti sono sembrata terrorizzata è solo perché lo sono, vedi, io... Io sono innamorata di te." affermò, guardandolo dritto negli occhi.

Lui sbatté le palpebre, si sporse in avanti e la baciò con trasporto. Ma, anche in questo, lei lo superò, sentendosi a un certo punto ricordare: "Chantal, siamo in mezzo alla strada."

"Ora vorrei fossimo a casa." ammise lei, stranita.

Si sorrisero, ripresero a camminare.

Non so cosa pensare... Non so cosa succede... Non sono in me!

"Tutto bene?" le domandò lui, accorgendosi che appariva sopraffatta.

Lei rifiatò. "Scusami, sì, tutto bene." disse. Ma non ne era persuasa. "Aspettavo questo momento da anni!" aggiunse, intimando a sé stessa di darsi un contegno.

"Cécile dice che quanto ti è accaduto da bambina ti ha causato un blocco emotivo, ma proprio non mi sembra." commentò lui.

Chantal scosse la testa, leggermente più in sé: "Non ho memoria di quanto mi è accaduto da piccola... e non ricordo mia madre, in questo senso ho un blocco. Ma non significa che io non possa... amarti." osò.

A Marc sfuggì una risatina.

"Sì, è come ha detto il tuo amico Sergio: sono proprio cotta!" sdrammatizzò lei, immaginando di averlo intimorito, con tutte quelle dichiarazioni.

"A proposito, che ci faceva Sergio nella tua stanza?" fece Mark.

"Non ho ben capito... Voleva farmi vedere qualcosa, poi invece ha guardato i tuoi ritratti..."

Mark sbuffò. "Credo tu gli piaccia, e questo non mi va." esternò.

Chantal sentì all'improvviso una punta di disagio. Come se uno spillo la stesse pungolando e graffiando mentre si godeva il morbido abbraccio di un lenzuolo di seta. Le tornò in mente quel giorno, quando lui non l'aveva degnata di uno sguardo... "Mark," gli domandò, "ma tu lo sapevi? Me lo sono chiesta..."

"Se sapevo di... piacerti?"

Chantal annuì.

"L'ho sentito dire..."

Chantal rifiatò. "Aspettavo di compiere diciotto anni perché... beh, la differenza di età tra noi non è proprio poca...", disse, ma: Diamine, questo non dovrebbe dirmelo lui? Ho aspettato per lui, per non creargli problemi o imbarazzo!, pensò.

"Hai fatto bene," commentò invece Mark, "così possiamo fare le cose per bene..."

Possiamo?, pensò lei, Sto facendo tutto io... Neanche mi ha detto se prova qualcosa per me...

La passeggiata venne scandita da qualche passo in silenzio, poi Chantal provò: "Credo che Sergio volesse lasciarmi intendere che eri chiuso in camera con una ragazza, quel giorno..."

Mark sbuffò ancora. "Proprio un bell'amico." commentò. Poi sembrò rincorrere un pensiero e: "Ma chiuderò con lei, non preoccuparti." promise.

Chantal si sentì crollare il mondo addosso.

E Mark provò a correggere il tiro: "Non che ci sia stato nulla..."

"No, certo. Cosa... cosa devi chiudere, di preciso, se non c'è stato nulla?"

"Intendo... devo dirle che sto con te, questo intendevo."

"Certo, diglielo, non sia mai che una con cui non c'è stato nulla possa farsi strane idee..." ironizzò Chantal, la postura sempre più sensibile alla gravità, la testa sempre più vuota.

"Anche perché è un tipo un po' geloso, non vorrei che a scuola ti creasse dei problemi..."

Chantal si portò le mani sugli occhi. Erano caldi, rilasciavano rabbia. "Una mia compagna di classe?"

"No, solo di scuola. Quella con cui avete fatto assieme quel progetto, quei disegni per la scenografia teatrale di..." Mark trasalì: "Mica vorrai metterti a piangere?"

Chantal aveva il volto deformato, ma qualcosa in lei ribolliva, e se sotto le sue palpebre ci fossero state lacrime sarebbero di certo evaporate. Decisamente, non era sul punto di piangere. "Sei stato con Valérie, ho capito. Valérie, quella bruttina, problematica, coi tagli sulle braccia. Quella che va in giro insultando gente a caso e pretendendo attenzioni. Quella che, oltretutto, frequenta la terza superiore ed è minorenne." sciorinò, incredula davanti alla totale indifferenza con cui Mark le aveva dato una simile notizia. Oltretutto lo ha ammesso dopo aver negato! Me lo ha detto solo perché aveva il dubbio che lo sapessi già, o che avrei potuto scoprirlo a scuola. Ma allora... Perché non poteva semplicemente dirmelo, se di me gli importa poco più di nulla? 

Rifiatò, notò che lui rifuggiva il suo sguardo. Scosse la testa, poi gli parlò: "Sai, ho detto a Sergio che avrei voluto stare con te solo se eri davvero il Marc di cui mi ero innamorata. Dunque, ti prego, non preoccuparti di chiudere con Valérie: chiudo io con te, ora."

Mark, per la prima volta turbato, elaborò: "Era problematica, prima hai detto bene. Volevo solo aiutarla."

Aiutarla? E come, trombandotela qualche volta per poi piantarla lì?, trasalì Chantal. Non ho parole... E infatti non disse più nulla. Camminò in silenzio al fianco di Marc fino all'appartamento che condividevano, poi, ignorando tanto lui quanto la zia, si rifugiò in soffitta.

Vorrei che almeno non mi avessi presa in giro con tanta noncuranza, gli dedicò, avrei preferito un rifiuto, il rispetto che si deve a una sorella, a questo... schifo!

Il ricordo della zia che le suggeriva "niente aspettative" le invase la mente, sciogliendo qualcosa. Chantal tirò su con il naso e, solo allora, finalmente, si lasciò andare a un pianto liberatorio.

Mayumi - Chantal e il rifugio sotto la montagna - saga della realtà immaterialeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora