Martedì 5 settembre, ore 22.54

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Tokyo, incrocio di fronte alla stazione Shinagawa

Il semaforo diventò giallo proprio mentre si avvicinava. Kimura avrebbe potuto accelerare per passare a tutta velocità, invece accostò il taxi al marciapiede. Sperava di prendere un cliente diretto a Roppongi; molti di quelli che prendeva a bordo lì erano diretti ad Akasaka o all'incrocio di Roppongi, e non era insolito che qualcuno salisse al volo, mentre lui era fermo al semaforo. Una motocicletta s'insinuò tra il taxi di Kimura e il marciapiede, fermandosi al limite dell'incrocio. Il conducente era un giovane in jeans. Kimura era seccato coi motociclisti per il modo in cui sfrecciavano e serpeggiavano nel traffico... proprio come aveva appena fatto quello. S'irritava soprattutto quando una motocicletta gli si accostava mentre lui era in attesa al semaforo e si fermava vicino allo sportello, bloccandolo. Quel giorno, poi, aveva

avuto una serie di clienti antipatici ed era di pessimo umore. Lanciò un'occhiata acida al motociclista, che aveva la faccia nascosta dalla visiera del casco. Teneva un piede appoggiato al marciapiede, con le ginocchia divaricate, e si dondolava in modo scomposto. Sul marciapiede passò una ragazza con un bel paio di gambe. Il motociclista voltò la testa per guardarla, ma il suo sguardo non la seguì a lungo. La sua testa si era girata di quasi novanta gradi, e lui dava l'impressione di osservare la vetrina alle spalle della ragazza. Lei uscì dal suo campo visivo. Il motociclista era rimasto indietro, fissando intensamente qualcosa. Il segnale per i pedoni cominciò a lampeggiare, poi si spense. I passanti, sorpresi in mezzo alla carreggiata, cominciarono ad affrettarsi, passando proprio davanti al taxi. Nessuno alzò la mano o si diresse verso la vettura. Kimura diede un colpo di acceleratore e attese che il semaforo passasse al verde. In quel preciso istante, il motociclista diede l'impressione di essere assalito da uno spasmo violento, alzò le braccia, si accasciò contro la fiancata del taxi e urtò con un tonfo sonoro lo sportello della vettura prima di scomparire in basso. Bastardo. Avrà perso l'equilibrio e sarà caduto, pensò Kimura, mentre accendeva i lampeggiatori per segnalare la sosta e scendeva dall'auto. Se lo sportello era danneggiato, si sarebbe fatto risarcire dal ragazzo. Il semaforo scattò sul verde e le auto in coda dietro quella di Kimura cominciarono a superare l'incrocio. Il motociclista era steso supino sull'asfalto; scalciava e tentava freneticamente di togliersi il casco con entrambe le mani. Prima di controllare il ragazzo, però, Kimura esaminò le condizioni della vettura che gli dava da vivere. Come aveva previsto, c'era una lunga ammaccatura diagonale sullo sportello. «Merda!» Fece schioccare la lingua, disgustato, avvicinandosi al ragazzo disteso. Sebbene avesse ancora la cinghia saldamente legata sotto il mento, cercava disperatamente di togliersi il casco; sembrava disposto a strapparsi la testa pur di riuscirci. Possibile che gli faccia tanto male? In quel momento, Kimura capì che il motociclista aveva qualcosa di grave. Infine si accovacciò vicino a lui per chiedergli: «Tutto bene?» A causa della visiera affumicata del casco non riusciva a vedere la sua espressione. Il motociclista gli afferrò la mano con forza spasmodica, come per supplicarlo. Era quasi aggrappato a lui. Non disse niente. Non tentò di alzare la visiera. Kimura si decise ad agire. «Tieni duro, ora chiamo l'ambulanza.» Correndo verso un telefono pubblico, si chiese com'era possibile che una semplice caduta da fermo provocasse tanti danni. Doveva aver battuto forte la testa. Ma non fare l'idiota, si disse poi. Portava il casco, no? Non mi sembra che si sia fratturato un braccio o una gamba. Spero che 'sta storia non si riveli una fregatura... Non sarebbe un buon affare per me, se si fosse fatto male urtando contro la mia auto. Fu assalito da un brutto presentimento. E se è davvero ferito, la mia assicurazione coprirà i danni? Questo significa presentare un rapporto sull'incidente, il che vuol dire che i poliziotti... Quando riattaccò e tornò indietro, l'altro era immobile, con le mani strette intorno alla gola. Alcuni passanti si erano fermati a guardare la scena con aria preoccupata. Kimura si fece largo tra loro, assicurando a tutti che aveva già chiamato l'ambulanza. «Ehi, ehi, tieni duro. L'ambulanza sta arrivando.» Gli slacciò la cinghia del casco, che si sfilò subito. Sembrava incredibile che poco prima l'altro avesse lottato tanto per toglierlo. Il viso del motociclista era stravolto in modo incredibile. L'unico termine possibile per definire la sua espressione era sbigottimento. Aveva gli occhi sbarrati e la lingua era scivolata all'indietro, bloccando la gola, mentre la saliva colava da un angolo della bocca. L'ambulanza sarebbe arrivata troppo tardi. Quando le sue mani avevano sfiorato la gola del ragazzo per sfilargli il casco, Kimura non aveva sentito il battito del cuore. Il taxista rabbrividì. La scena cominciava a diventare irreale.

Una ruota della motocicletta rovesciata continuava ancora a girare lentamente e il motore perdeva olio, che formava una pozzanghera sulla strada prima di scorrere nella cunetta. Non c'era un filo di brezza. Il cielo notturno era limpido, mentre, sopra di loro, il semaforo passava di nuovo al rosso. Kimura si alzò in piedi, tremando, aggrappandosi al guardrail che correva lungo il marciapiede. Da quella posizione guardò ancora una volta il ragazzo disteso sulla carreggiata. La testa, appoggiata sul casco, neanche fosse un cuscino, era piegata quasi ad angolo retto. Una posizione innaturale, da qualsiasi punto di vista. Sono stato io? Gli ho appoggiato io la testa sul casco in quel modo? Come su un cuscino? A che scopo? In seguito non riuscì a ricordare quello che era avvenuto nei pochi istanti seguenti. Quegli occhi spalancati lo fissavano. Si sentì invadere da un gelo sinistro. Era come se l'aria tiepida passasse al di sopra delle sue spalle. Era una serata calda, però Kimura si accorse di essere scosso da brividi quasi incontrollabili. 

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