Altipiani

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1 - Giovedì 11 ottobre 

Pioveva più forte, e Asakawa aumentò la velocità dei tergicristalli. Nella zona di Hakone il tempo era molto variabile. A Odawara il cielo era limpido, ma, più saliva, più l'aria diventava umida e, avvicinandosi al passo, aveva incontrato parecchie sacche di vento e pioggia. Se fosse stato giorno, avrebbe potuto intuire le condizioni del tempo dall'aspetto delle nuvole sopra il monte Hakone. Ma era sera, e la sua attenzione era tutta concentrata su quello che poteva entrare nel raggio dei suoi fari. Soltanto quando aveva fermato la macchina per alzare lo sguardo al cielo si era accorto che le stelle erano scomparse. Quand'era salito sullo shinkan-sen Kodama, il «treno lampo» che partiva dalla stazione di Tokyo, la città era ancora avvolta nella penombra del crepuscolo. Quando aveva noleggiato la macchina alla stazione di Atami, la luna faceva ancora capolino dagli squarci tra le nuvole. Adesso invece la pioggerella che vedeva nel raggio dei fari stava diventando un acquazzone vero e proprio, che investiva il parabrezza, scrosciando. L'orologio digitale sopra il tachimetro indicava le 19.32. Asakawa calcolò quanto tempo aveva impiegato per arrivare fin lì. Aveva preso il treno delle 17.16 da Tokyo, arrivando a Itami alle 18.07. Era uscito dalla stazione, aveva sbrigato le pratiche per il noleggio della macchina... Si erano fatte le sei e mezzo. Poi si era fermato in un mercato a comprare due confezioni di tagliolini e una bottiglia piccola di whisky; prima che riuscisse a orientarsi nel labirinto di strade a senso unico per uscire dalla città, erano già le sette. Davanti a lui si profilava l'ingresso di una galleria, col fornice d'ingresso circondato da un'intensa luce color arancio. Dalla parte opposta, poco dopo l'intersezione con l'autostrada Atami-Kannami, avrebbe dovuto vedere i segnali del Pacific Land Club di Hakone Sud. Il lungo tunnel lo avrebbe portato dalla parte opposta della catena montuosa di Tanna. Quando entrò nella galleria, sentì cambiare il rumore del vento. Nello stesso istante il suo corpo, il posto del passeggero e l'interno della vettura furono sommersi da una luce color arancio. Sentì la calma defluire e fu percorso da un brivido. Non c'era nessuna vettura in arrivo dalla direzione opposta. I tergicristalli cigolavano, sfregando contro il vetro asciutto del parabrezza, e lui li spense. Sarebbe arrivato a destinazione alle otto. Non vedeva l'ora di arrivare, ma non se la sentiva di accelerare, anche se la strada era deserta. Inconsciamente, temeva il luogo verso il quale era diretto. Alle quattro e venti di quel pomeriggio gli era arrivato un fax. Si trattava della risposta della redazione di Atami, e lui si aspettava che contenesse una copia del registro degli ospiti del Villa Log Cabin per i giorni dal 27 al 30 agosto. Nello scorrere il foglio, aveva accennato un balletto di gioia. La sua intuizione si era rivelata giusta. C'erano quattro nomi che conosceva: Nonoyama, Tomoko Oishi, Haruko Tsuji e Takehiko Nomi. I quattro avevano trascorso la notte del 29 nel cottage B-4. Evidentemente Shuichi Iwata aveva usato il nome di Nonoyama. Adesso sapeva quando e dove i quattro erano stati

insieme: mercoledì 29 agosto, al Pacific Land Club di Hakone Sud, nel cottage B-4. Una settimana esatta prima della loro morte misteriosa. Aveva sollevato subito il ricevitore per chiamare il Villa Log Cabin e prenotare per quella sera il cottage B-4. L'indomani aveva soltanto una riunione di redazione alle undici. Poteva benissimo trascorrere la notte là e tornare in tempo. Ebbene, ci siamo. Ora vado laggiù. Proprio sul posto. Era impaziente. Neppure nei suoi sogni più assurdi avrebbe potuto immaginare che cosa lo attendeva. Appena uscito dalla galleria, incontrò la stazione per il pagamento del pedaggio e, porgendo all'inserviente trecento yen in monete, gli domandò: «li Pacific Land Club è più avanti?» Sapeva benissimo che era così. Aveva controllato la carta infinite volte. Ma aveva l'impressione che fosse passato molto tempo dall'ultima volta in cui aveva visto un essere umano: aveva voglia di parlare. «Più avanti c'è un cartello. Arrivato a quel punto, svolti a destra.» Intascò la ricevuta. Con un traffico così scarso pareva quasi che non valesse la pena tenere laggiù una persona. Quanto tempo prevedeva di dover restare lì, quell'uomo? Asakawa non accennò ad allontanarsi, e l'altro cominciò a guardarlo con aria sospettosa. Allora lui s'impose di sorridere e si allontanò, procedendo lentamente. La gioia che aveva provato poche ore prima per essere riuscito a individuare l'ora e il luogo preciso in cui le quattro vittime si erano trovate insieme era già svanita. Gli sembrava di vedersi scorrere davanti i loro volti. Erano morti esattamente una settimana dopo il loro soggiorno al Villa Log Cabin. Questo è il momento di tornare indietro, sembrava che gli dicessero con aria beffarda. Ma lui non poteva farlo. Non proprio adesso. Il suo istinto di giornalista ormai si era destato. Tuttavia non poteva negare di essere spaventato all'idea di andare in quel luogo da solo. Se avesse telefonato a Yoshino, era probabile che l'altro sarebbe arrivato di corsa, ma non gli sembrava che avere con sé un collega fosse una buona idea. Aveva già scritto un resoconto dei progressi compiuti fino a quel momento, salvando poi i dati anche su un dischetto. Avrebbe voluto accanto qualcuno che non s'intromettesse, che lo aiutasse semplicemente a seguire quella pista. Ma non gli veniva in mente nessuno. In effetti conosceva un tizio che lo avrebbe accompagnato per pura curiosità. Era un docente universitario, ma soltanto part-time, quindi aveva molto tempo libero. Era il compagno ideale. Però era... un tipo strano. Asakawa non era sicuro di poter sopportare a lungo qualcuno con una personalità del genere. Finalmente, sul pendio, vide il cartello che indicava il Pacific Land Club di Hakone Sud. Non c'era nessuna illuminazione, soltanto un pannello bianco con la scritta in nero. Se avesse guardato da un'altra parte nel momento in cui i fari l'avevano illuminato, gli sarebbe sfuggito del tutto. Imboccò quindi una strada che procedeva in salita tra i campi a terrazze. Sembrava terribilmente stretta per essere la via d'accesso a un club. Venne assalito da immagini di una strada a fondo cieco oppure che finiva in mezzo a un deserto. Le erbacce che minacciavano d'invadere la strada - e finivano per restringere ancor più la carreggiata - accentuarono il suo nervosismo. Dovette scalare le marce per affrontare le curve ripide, immerse nell'oscurità. Sperava di non incontrare nessuno che procedesse in senso opposto, perché non c'era spazio sufficiente per il passaggio di due auto. La pioggia era cessata, ma lui se ne accorse solo in quel momento. Ebbe l'impressione che il clima sul versante orientale della catena di Tanna fosse diverso da quello a ovest. In ogni caso, la strada non sembrava destinata a finire in un vicolo cieco. Ai suoi lati, Asakawa cominciò a intravedere alcune case: residenze estive, probabilmente. Poi, d'un tratto, la carreggiata si allargò, diventando a due corsie, l'asfalto migliorò e, sul ciglio della strada, comparvero alcuni lampioni dallo stile elegante. Il cambiamento lo colpì e il suo stupore aumentò quando, entrato nel terreno del Pacific Land Club, si trovò di fronte una

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