VI. Caccia

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Temono alcuni
le sagge lacrime,
colpe di stolti,
vili,
effeminati,
eredità impetuosa
di una debolezza
ormai morta,
e sfregiano timidi,
insicuri, selvaggi,
falcetto di legno
e artigli di fiera,
le pacifiche curve
di papavero e calle.
Uggiano poi
queste bestie paurose,
mentre affondano i denti
nelle ossa di acciaio
e dilaniano
la carne
di idee, comprensione,
mutilando i corpi
d'anime spezzate.
E non si degnano
i cavalieri
di guidare l'indomabile
muta,
non con il pelo
che si fa bianca pelle,
le zampe ferine
sangue, mani rudi,
col ghigno di mostro
che reclama possesso
mentre testarda
non languisce
la martire focosa.
Si piega il Possente
nel terror
della Ragione,
che con un bacio
sanguinante
lo vince in amore,
per insegnargli piccata
la bellezza della terra
e sottometterlo
in cuore alla pace.

Molte interpretazioni sono applicabili a questa poesia e non forzatamente femministe, anche se l'immagine ripresa dalla novella boccaccesca di Nastagio degli Onesti può simboleggiare la violenza verbale spesso adoperata dagli uomini e l'incredibil...

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Molte interpretazioni sono applicabili a questa poesia e non forzatamente femministe, anche se l'immagine ripresa dalla novella boccaccesca di Nastagio degli Onesti può simboleggiare la violenza verbale spesso adoperata dagli uomini e l'incredibile pazienza (volontà) delle donne. Io, però, preferisco pensarla come la visione dell'amore in sè, della relazione sentimentale in cui la tradizione porta l'uomo a essere sempre presente, forte, inscalfibile anche quando soffre e ha bisogno di aiuto. Qui entra in gioco la donna, che con grazia e intuito gli porge il suo conforto e la sua comprensione.

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