chapter 2

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Harry mi aveva abbandonata, ed io gli avevo scritto una canzone, ero proprio stupida.

O innamorata?

Bhè, non è forse vero che amore e pazzia sono sinonimi?

Ed eccomi lì, un miscuglio di due sinonimi, io Summer Dipple innamorata pazzamente di Harry Styles. 

«Sai qualcosa di lui?» chiesi ad Aria, che parve sorpresa.

 «Ancora? Dopo tutto quello che ti ha fatto?»

«Si.» Sussurrai.

 «Usciamo di qui, prima che ti faccia male.»

Risi, dopo centottanta giorni. Subito dopo, realizzai cosa avesse detto. 

"Usciamo di qui.." che comportava ad un "Uscire" da casa e ad incontrare gente.

Cosa avevo in testa quando accettai?

 Non avevo più la minima intenzione di farmi vedere dal mondo estiore ne tanto meno di vedere il mondo esteriore. Cosa potrebbe mai essere successo? Niente. Holmes Chapel era solo uno sputo di città nel mondo, non contava niente. Le persone erano sempre le stesse, le stesse vite, lo stesso posto. 

Ne potevo fare a meno.

«No,non voglio più uscire.» il tono della mia voce non lasciava spazi per ribattiti. 

«Cosa vuoi dire con quel "non voglio più uscire"?» 

«Aria, non ho intenzione di uscire di casa. Vedere tutte quelle persone, tutte persone che mi conoscono, che sanno cos'è successo... non voglio.» 

Il volto di Aria mutò espressione, per passare da una seria ad una angustiata.

«Sum, non puoi continuare a vivere così. Devi andare avanti. »

«Aria, ti prego lasciami stare. Non voglio uscire.»

«Sentimi un po' bellina, non sono venuta qui per vedere come ti stai lasciando morire, hai capito?! Ora tu ti vesti e usciamo.»

Fece per prendermi un braccio, ma mi ritrassi facendo alzare le maniche del maglioncino che portavo.  Mi guardò sorpresa. 

Prima che riuscissi a ritrarmi di nuovo, aveva in mano il mio braccio.

Rimasi impassibile a guardare, oramai non potevo fare niente.

Alzò lentamente la manica, quasi come se avesse paura di vedere ciò che si celava sotto. 

«Perchè?» disse con aria turbata mentre passava le dita sopra le cicatrice sia bianche che rosse dipendendo 'dell'anzianità' delle mie compagne di dolore. 

Mi avvalsi della proprietà di non rispondere. 

«Allora?!» 

Tolsi il mio braccio dalle sue mani, che in quel momento mi sembravano il mio nemico più grande.

«Si può sapere cosa vuoi? Cosa pretendi?! Viene ed entri a casa mia come se niente fosse non rispettando minimamente i miei spazi e prentendi anche che ti dia spiegazioni di ciò che faccio o non faccio con me stessa?! Chi sei tu?! Chi sei tu per venirmi a dire cosa devo o non devo fare? Cosa vuoi?! Cosa pretendete tutti da me?!» Non ero più in me stessa, sentivo come le lacrime mi rigavano il viso. 

Aria, non disse niente. Semplicemente mi abbracciò. Uno di quei abbracci che ti rimangono impressi nella pelle, impressi per l'odore, impressi per il sapore e sopratutto impressi dalla persona che ci ha regalato quel momento. 

«Ti prego, vieni con me. Fallo per me.» mi sussurrò all'orecchio, accarezzandomi dolcemente i capelli mentre i miei singhiozzi erano sempre più distanti l'uno dall'altro.

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