Incontri.

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Ho appena finito la mia lezione di letteratura all'università, non mi rimane altro che andare a casa.
Sono stato in continua confusione durante il tragitto. Oltre ad esserlo mentalmente, anche la mia borsa con gli appunti lo è.
Mi sarebbe bastato sedermi sul divano, davanti alla TV.
Godermi l'ultima parte di giornata che mi rimane, senza pensare a cosa fosse successo prima.
Invece no, devo lottare per l'ennesima volta contro il mio mal di testa, devo subirmi la pioggia sul mio cappotto.
Vado al bar, il mio solito, a chiedere per l'ennesima volta le stesse medesime cose.

《Un cappuccino, grazie.》

Il barista dev'essersi sentito le stesse parole così tante volte da avermi soprannominato "l'uomo col cappucc-ino".

Nel mentre aspetto, un uomo sulla trentina si siede di fronte a me, probabilmente perché era l'unico posto rimasto.

Ha un cappotto nero, lungo, sicuramente di marca data la sua lucentezza. Capelli scurissimi e di carnagione chiara, molto chiara.
Non ho mai visto una persona con i capelli neri e la pelle bianca che stesse decentemente fin'ora.
Scarpe nere lucide, proprio quelle che mi piacciono tanto.
Insomma, un uomo dall'aspetto non indifferente.

Prende il suo caffé, lo osserva.
Dopo un po' (probabilmente ha aspettato che si raffreddasse) iniziò a sorseggiarlo. Non è fastidioso il suono che emette, anzi.
Il mio cappuccino è finito da tempo.
Ad un certo punto, l'uomo alza gli occhi verso di me.

- Cosa stai guardando? -

avrei potuto benissimo rispondere "te", ma mi sembrava troppo inappropriato.

- Le persone sedute. C'è qualche problema? -

- Potresti smettere di farlo? Mi irriti. -

- Non ti conosco nemmeno. -

- Mickey Milkovich, 30 anni, Uomo di successo. Sei contento adesso? -

- Di certo non ti cercherò su nessun social perché non mi interessa minimamente. -

probabilmente lo avrei fatto.

Non rispose. Si limitò a risorseggiare.

- Come ti chiami? - mi chiede dopo un paio di minuti in silenzio.

- Ian Gallagher. 24 anni, studente universitario disperatamente in cerca di un lavoro che mi porti a costruire la mia vita. -

- I soldi non crescono dagli alberi, come me li sono guadagnati io, perché non dovresti farlo anche tu? -

- Mi sarebbe più facile se conoscessi le persone adatte, purtroppo attualmente è difficile guadagnarsi tutto con le proprie mani. -

- Stai forse dicendo che io non l'ho fatto? -

- Ripeto, non sapevo della tua esistenza fino a quindici minuti fa, non pensare che io sappia qualcosa del tuo lavoro. Non so nulla, né il tuo presente né tanto meno il tuo passato. -
Mi irritano i suoi comportamenti, terribilmente.

- Hai già parlato troppo per il miei gusti. -

Si alza di scatto dalla sedia, paga il suo caffé ed esce dalla sala, non rendendosi conto di aver rimasto il suo cellulare sul tavolino.
Vorrei rincorrerlo ma ormai è già uscito da un bel po'.

La curiosità è più grande del mio rispetto per la privacy.
Un uomo così misterioso non ha nemmeno la password al telefono, sarà semplice fortuna?

La prima cosa che faccio è segnarmi il suo numero. Nulla di che, probabilmente lo terrò nella rubrica due giorni.
Le chat sono quelle che mi incuriosiscono maggiormente, ma non trovo assolutamente nulla perché lui rientra nel bar prima che io potessi spegnere tutto.

"Panico".

- Ma come cazzo ti permetti? Potrei denunciarti, lo sai? -
urla tirandosi il cellulare da mano.

- Io...io volevo trovare un modo per rintracciarti per poi successivamente darti il telefono! Se avessi saputo del tuo comportamento, lo avrei buttato nell'immondizia! -
Le mie parole sembrano quasi credibili.

- Ok ma non hai più bisogno, l'ho trovato ed ora spero di non rivederti più, stronzo. -

- Te ne vai?! mi stai irritando. -

Mi alzo dalla sedia e mi avvicino a lui quasi minacciosamente, ma non si muove nemmeno di un centimetro.
Senza accorgermene, mi tira un pugno sulla guancia facendomi abbassare per terra in ginocchio.
Poggio le mani in faccia ma rallento per il mio troppo dolore.
Tossisco più volte, riesco ad alzarmi subito dopo le sue parole: "Stronzo"

A quel punto sono io a spingerlo per terra, e in pochi minuti si trasforma in una vera e propria rissa.
Il barista urla dicendo di calmarci e riesce a separci.
Lo guardo con sguardo quasi schifato, lui fa lo stesso. Pulisco il mip cappotto tristemente caduto per terra, proprio come la sua dignità si direbbe.

- Mickey Milkovich eh? Avevo subito notato dal tuo nome che eri un pivello nelle botte, magari lo sei anche in altro. -
Mento spudoratamente, invece è molto bravo, mi ha fatto un male cane.

- Ian Gallagher? Nome tipico da femminuccia arrapata. -

- Cosa vorresti dire? Pensi che tutte le persone siano innamorate di te? -

- No, ma tu non puoi resistere ad il mio fascino, lo noto da un miglio, frocio di merda. -

- Ma ti sei visto? pensa alle ragazze! -

Senza rispondere, esce finalmente, questa volta non dimenticandosi il cellulare.

Posso finalmente tornare a casa, dopo una giornata terribilmente stressante con un finale imprevisto.
E camminare per tutta quella strada...È una rottura di coglioni ogni volta.
Vorrei solo possedere una macchina, me ne andrei ovunque.

Apro la porta del mio piccolo appartamento, generosamente regalatomi da mamma, che è ormai fuori città da anni ed ha deciso di lasciarmi questo posticino. Sono fortunato, non devo badare a molte spese se non alle bollette e al cibo, e per quello mi arrangio con i lavoretti all'università. Se pagassi anche l'affitto sarei spacciato.

Finalmente mi riposo un po' sedendomi sul divano e accendendo la TV.

Devo ammettere di essere invidioso dei soldi di Mickey.
A questo punto mi ricordo di aver segnato il numero.
Ha una foto con una ragazza seduta sulle sue gambe.

Farei lo stesso con la mia ragazza, se non mi piacesse altro.

Arrogance || Noel & CameronDove le storie prendono vita. Scoprilo ora