Questa mattina con la mia classe ho visitato la villa in cui il magnifico Giacomino Leopardi scrisse il suo orgoglioso e struggente testamento poetico quale "La Ginestra".
Ebbene, parlo della villa "ncoppa a lava" (Villa delle Ginestre).
Per raggiungerla, dalla mia città, abbiamo impiegato circa cinquanta minuti: l'autista non è stato impeccabile - già, ha sbagliato strada - ma almeno, a differenza degli altri suoi affini, non si è lamentato, anzi "sorrideva" (cit.)
È stata un'esperienza emozionante: vi consiglio vivamente di visitarla.
Parto dal presupposto che fuori passeggiavano tantissimi gattini che trasmettevano una dolcezza e serenità incredibile - e se lo dice uno come me, che non li ama particolarmente, dovete fidarvi. E poi, dopo qualche passo a piedi, c'è anche una deliziosa pasticceria. Motivi in più per andarci, dunque.
La grande villa, appartenente alla famiglia Ferrigni, ovvero al cognato di Antonio Ranieri, legato al nostro poeta da una profonda amicizia - siamo sicuri solo amicizia? - situata alla pendici del Vesuvio - che ho visto per la prima volta e che in molti non riconoscevano - tra il fresco odore dei pini, distribuita su due livelli con un enorme terrazzo sul tetto, affaccia su un panorama mozzafiato: il Golfo di Napoli. Ovviamente, in virtù dell'immane fortuna che mi è sempre favorevole, oggi la nebbia ostacolava la vista dell'azzurro mare e delle magnifiche isole. Tuttavia, c'era un sole assurdo, ed io, prestando fede nel meteo, ho indossato una felpa pesante. Vi lascio immaginare le condizioni.
Tornando alla villa, essa, al piano superiore, conserva la stanza in cui alloggió Leopardi; immancabile il selfie con la statua del suo busto posta sulla scalinata.
In un'altra stanza è presente un fighissimo sismografo, in altre sono illustrate digitalmente vita e opera del poeta.
Tutt'oggi è possibile percepire ogni segno che il poeta ha lasciato: dalle sue manie alle sue riflessioni, passando per la sua golosità. Insomma, uno che comprava tre gelati alla volta, per avere sottomano tre sapori differenti e che mangiava
le sfogliate frolle e che possedeva una lista di 44 piatti preferiti - come è possibile leggere su un foglio in cucina - non era poi così depresso: devo ricredermi sul mito #MAINAGIOIA?
Mettiamola così: non credeva in Dio, ma in una divinità del cibo sì, e si vide sconfitto quando si manifestarono i primi sintomi che conducevano ad un coma diabetico, in un "dolce naufragio".