Capitolo 5

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"28 Hudson street"

"Cosa? Tutto qui?" Non potevo crederci, una settimana di attesa, le ore passate a scervellarsi e a fantasticare sul possibile contenuto del bigliettino, per uno stupido indirizzo? Lo sapevo, in fondo me lo aspettavo, aspettative basse, questo è il segreto. " Cosa vuoi che sia, l'indirizzo di casa sua, ma anche peggio, potrebbe essere l'indirizzo di casa dei suoi, mai, non ci andrò mai, che se lo tenga il bigliettino, non sono così stupida" Dissi accartocciando il foglietto e gettandolo nel cestino con rabbia. Cominciai allora a camminare furiosamente per la stanza avanti e indietro " Ma chi si crede di essere quello lì, due volte l'ho visto e già pensa a portarmi a casa? Ma se lo scorda, mi spiace bello mio ma questa ragazza non ci casca" Continuavo a camminare, blaterando e pestando i piedi, poi cominciai a rallentare, fino ad essere quasi completamente ferma in mezzo alla stanza, in fondo,  scoprire dove portava quell'indirizzo mi incuriosiva parecchio. Che male c'era ad andare a controllare? No no no NO se ci fossi andata sarebbe stato come dire "sei il ragazzo più bello che abbia mai visto ed io sono talmente stupida che sarei disposta a fare qualunque cosa solo per starti vicino un minuto"

Insomma, dopo un'ora di riflessioni, non ero minimamente arrivata ad una conclusione, anzi, se possibile avevo le idee ancora più incasinate di prima.Decisi allora di smettere di pensarci, un film giallo e del buon vino avrebbero messo in ordine i miei pensieri, almeno così pensavo.

Quella notte, addormentarmi fu un incubo,il mio cervello rifiutava di spegnersi, le provai tutte, lessi metà del libro più stupido e con la trama più inconsistente che riuscii a scovare nella mia libreria, mi bevvi un bicchierone di latte  col miele, guardai ben cinque episodi della prima serie che trovai in tv, poi riprovai a dormire, ma ogni volta che spegnevo la luce e poggiavo la testa sul cuscino, mille pensieri continuavano a frullarmi in testa, fino a quando, verso le quattro del mattino, non volarono via tutti lasciandomi comunque a lottare contro uno stato di costante dormiveglia.

Quando la mia sveglia delle sette cominciò a strillarmi nelle orecchie, pensai che non sarei mai riuscita ad alzarmi, ma un intervento divino o una forza di volontà incredibilmente potente mi permisero di uscire dal mio letargo e strisciare lentamente verso la cucina dove mi aspettava la mia rituale caccia alla caffettiera.

Misi il mio fedele maglione verde petrolio a collo alto e un paio jeans neri ,i miei fidati stivaletti in camoscio nero e il mio lungo cappotto ,intrecciai i capelli nella strada verso l'università.

Per fortuna quella mattina avevo sì e no quattro ore di corsi, poi sarei potuta tranquillamente tornare al mio letto. Nella strada verso casa ripensai all'interminabile discorso di una mia compagna di corso particolarmente appiccicosa a proposito di un bar francese sulla nona strada che le era piaciuto particolarmente, non era molto lontano da casa mia, forse un paio forse tre fermate in più di autobus.Decisi quindi di allungare il tempo che mi divideva dal mio caldo e accogliente letto, andando a cercare questo famoso bar.

Fortunatamente trovarlo non fu difficile :dentro l'atmosfera era talmente confortevole che non volevo più uscire, ma solamente venti minuti dopo ero già per strada. Non so se la vidi per caso, o se fu il mio inconscio a portarmi proprio lì, in quella stradina dimenticata, conosciuta anche col nome di Hudson street.

Mi strofinai gli occhi, incredula,non mi ero sbagliata, la via era quella. Adesso avevo due semplici scelte, tornarmene a casa fingendo di non aver mai visto il nome della via sul quel cartello, oppure andare fino in fondo a quella storia e andare a cercare il civico 28. Sono sempre stata una persona riflessiva, che basa le sue decisioni su lunghi e profondi momenti di meditazone, ma quella volta non ci pensai neanche un secondo, rivolsi lo sguardo verso l'altro alla ricerca del numero 28.

Quando dopo qualche minuto mi trovai davanti al portone con il fiato corto, esaminai attentamente l'intero edificio. Era completamente distrutto. I vetri sporchi e graffiati non permettevano ai raggi del sole di filtrare all'interno della casa, la facciata sembrava aver ottenuto quel colore grigio smog tipico delle strade trafficate e piante rampicanti dal colorito marrone si aggrappavano ai pezzi scrostati della tintura. Lì esitai,quel posto non aveva affatto un aspetto sicuro, non solo sarebbe potuto crollarmi in testa da un momento all'altro, ma poteva anche essere abitato da tossici o da maniaci, ma c'era un solo modo per scoprirlo. Cautamente spinsi il portone che si aprì cigolando,e gettai subito lo sguardo dentro l'abitazione. 

Le pareti erano bianche, come il soffitto e il pavimento .Sembrava una gigantesca scatola chiusa, illuminata solo dall'apertura di una persiana rotta. Nel mezzo della stanza, un'altissima scala a chiocciola si avvinghiava fino al soffitto, ma non portava da nessuna parte, non un piano,  un pezzo di legno, niente. Nonostante la casa sembrasse disabitata, era in perfette condizioni,  non una crepa nel muro ne una rigata sul pavimento, era tutto liscio ed immacolato.

Nell'intera abitazione non c'era l'ombra di un mobile, fatta eccezione per un tavolo ed una sedia, entrambi di legno scuro, posti al centro di quello che definii il "salone" ossia la stanza più ampia e centrale. Mi avvicinai con passo lento al tavolo, fino a scorgere un foglio, completamente bianco posizionato precisamente sul lato davanti alla sedia. Magari quella casa non era disabitata come credevo, e magari i proprietari  erano sulla via del ritorno pronti a punire chiunque avesse violato la loro privacy. Uscii immediatamente e mi diressi a passo svelto verso il bus. 

Una volta a casa, era ormai pomeriggio inoltrato. Arrancai fino a casa con la testa pesante, appena chiusi la porta, mi buttai a capofitto sul divano, ma non prima di aver lanciato lo zaino dall'altra parte della casa.Appena sentito il calore avvolgente del pile, non mi ci volle molto per cadere in un sonno profondo.

Poche ore dopo un rumore insistente interruppe il mio stato di quiete, con calma mi strofinai con le dita gli occhi, che lasciarono i polpastrelli sporchi di mascara, e mi sedetti sul posto. Andai in bagno per darmi una rinfrescata ,raccolsi i capelli in una crocchia disordinata e mi sciacquai il viso. Dedicai qualche secondo a specchiarmi poi mi passai una mano sulla guancia e mi accorsi di come la mia pelle fosse sempre stata liscia e candida, di un color olivastro perfettamente abbinato ai miei occhi verde ghiaccio. Presi una boccetta di profumo esposta sullo scaffale e cominciai a spruzzarne un po' , la fragranza dolce e delicata fluttuava nell'aria,senza quasi rendermene conto accesi l'mp3 e misi su un po' di musica, giusto come sottofondo. Fino a quando rumore inaspettato non mi fece svegliare dal mio momento di pace assoluta, il tintinnio insistente del telefono mi chiamava :"Eeeeely, Eeeeely, Eeeeely" Dopo il terzo squillo, cominciai a muovermi verso il soggiorno, dove si trovava l'apparecchio: "sì pronto?" mi rispose una voce maschile "Salve signorina Bellinger, la chiamo dal telefono di Kevin, devo informarla che il suo amico avrebbe  bisogno che lei lo raggiungesse il prima possibile in ospedale ". Buttai immediatamente la cornetta e ripreso il cappotto mi catapultai fuori dalla porta.


















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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 10, 2016 ⏰

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