Erano ormai anni che Angelicha stava di fianco alla persona che amava di più al mondo, che era costretta a nascondere i suoi sentimenti giorno dopo giorno. Era davvero stanca di dover fare finta di nulla quando l'unica cosa che avrebbe voluto fare era urlare al mondo quanto amasse suo fratello.
"Pino oppa, ti ho portato la colazione. Ti ho fatto dei pancheics, so che ti piacciono molto anche se dovresti cercare di restare in forma" Angelicha si siese, posando i pancheics che aveva fatto sul grembo del fratello che stava ancora sdraiato nel letto.
"Grazie bambola, sei la mia atleta preferita" Pino le sorrise, ma quando si rese conto di come Angelicha era vestita il suo sorriso si spense.
"Vai a cambiarti, sei troppo provocante. Quante volte devo ripeterti che devi essere provocante solo per me?" Pino quasi urlò, risvegliando lo spirito divino che era in se.
"Ma Pino oppa, cosa c'è che non va? Mica si vede la mercanzia" ad Angelicha in fondo piaceva quando lo spartano si comportava in quel modo, ma dato che lei doveva sopportare di avere ogni giorno le galline che cadevano ai suoi piedi tra i piedi lui avrebbe dovuto tollerare i vestiti provocanti.
"Angelicha io ti amo - disse lui, mandandole delle scariche di piacere - e tu sei mia, non voglio che altre persone ti guardino" la tirò ancora più vicino, per poi appoggiare le sue labbra sul collo di lei e assaporarlo lentamente.
"T-tu cosa? Non può essere, tu non mi ami" Angelicha era ormai bordò, sia perché si sentiva come una gatta in calore per via delle scariche di piacere che lo spartano le stava mandando, sia perché non poteva credere alle parole che quello aveva pronunciato.
"Se non ti amerei, non farei questo" furono queste le ultime parole che Pino pronunciò prima di far aderire le sue labbra a quelle dell'atleta.
Angelicha era in estasi, le labbra del fratello sapevano di pino e di montagna, avevano un non so che di divino.
Avrebbero continuato a baciarsi per secoli se il telefono di Angelicha non li avesse interrotti.
Lei si staccò dalle labbra di lui sussurrando uno "scusa oppa, devo rispondere" e avvicinò il telefono al suo orecchio.
Dopo aver concluso la chiamata si girò verso Pino con un sorriso a trentadue denti.
"Indovina" disse lei.
"Cosa? Che è successo?"
"Mi hanno accettata a scienze motorie. A Catania." Lei era contentissima, finalmente sarebbe diventata una vera e propria atleta, e sapeva che suo fratello l'avrebbe appoggiata.
D'altronde lui glielo aveva ripetuto per tutta la sua infanzia, non faceva altro che dirle "sei un'atleta, devi andare a scienze motorie" e finalmente lei era riuscita nell'intento.
Il cuore di Pino però si era spezzato, non poteva credere che sua sorella avesse fatto una cosa del genere.
Si, si era iscritta a scienze motorie.
Ma a Catania.
Lei sarebbe dovuta andare a scienze motorie a Milano, e invece aveva deciso di mettersi contro Lo Spartano.