Aspettare in binario era per me consuetudine, per andare all'università avevo sempre usato quel mezzo di trasporto. La direzione oltretutto era la stessa ma il numero della banchina diverso. Mi sentivo a casa ma come se fossi all'interno di una stanza rimasta chiusa da sempre. Pioveva e c'era un vento davvero freddo per essere il 7 di agosto. Quel giorno si sposava quella che sarebbe diventata la mia tutor durante il primo lavoro, ma mentre sceglievo dal lettore la canzone con cui iniziare il viaggio di certo non potevo saperlo.
Dal viaggio culturale di Mr President non giungevano notizie, il cellulare segnava mesto l'ora, nessuna bustina ad illuminare il display. Ok, non ci pensiamo. Ecco il treno arrivare alla mia destra; è presto e presumo che la tratta sia praticamente deserta, e mentre il convoglio rallenta scruto l'interno dei vagoni per sceglierne uno possibilmente vuoto per potermi rilassare con la musica nelle orecchie e lo sguardo immerso nel panorama che scorre fuori dal finestrino.
La fortuna non è dalla mia e mi imbatto nella peggiore delle categorie tra tutte quelle che si possono incontrare su un treno: i bambini urlanti accompagnati da genitori mollicci e permissivi. Un mix letale, insomma.
Lascio così il lettore mp3 nello zaino, avrei dovuto sfondarmi i timpani mettendo il volume al massimo per rendere innocue le urla dei nanetti, e non avendo portato nemmeno un libro da leggere dedico il mio tempo alla preghiera: pregavo perché i bambini scendessero alla prima fermata disponibile.
Non mi andò poi così male. Al passaggio di fronte alla diga maledetta ero fortunatamente sola, e ho potuto dedicare un pensiero sentito come ogni volta in cui ci passo davanti.La mia fermata non tarda ad arrivare. Scesa dal datato convoglio mi pento di non aver portato anche una felpa, se faceva freddo a livello del mare, inutile dire che anche ad altitudini modeste battevo i denti. Chiamo Madre per capire quanto dovrò attendere davanti alla ministazione frequentata per lo più da anziani in gita, e non mi conforta sapere che fosse partita solo da poche decine di minuti. Scelgo così una panchina al sole cercando di non congelarmi, con un occhio alla strada e uno al cellulare che, come ormai da dolorosa consuetudine, tace.
Veder sbucare l'auto grigia di Madre da dietro la curva mi fa lo stesso effetto di una visone mistica. Ormai avevo preso la forma della panchina ed il mio lettore mp3 iniziava a scaricarsi. Quasi salto nell'abitacolo cercando calore e comodità, apprezzando la scelta musicale di Madre che per quella toccata e fuga di quasi tre ore aveva optato per il doppio cd raccolta di successi del buon Max Pezzali, colonna sonora della mia adolescenza e degli anni forse più belli trascorsi in famiglia.
Durante il tragitto, Madre mi racconta un po' di cose sul nuovo albergo: come sono le stanze, com'è il cibo, com'è la gestione della famiglia che ne è la proprietaria. Sembra molto entusiasta della novità e provo a farmi coinvolgere dalla sua estiva allegria cercando di non controllare il display del telefono ogni tre minuti. L'icona della bustina non ne voleva sapere di comparire.
Mi consolo cantando La regola dell'amico guardando l'immensità del Monte Pelmo con gli occhi pieni di amore e di stupore.
Il viaggio è ancora abbastanza lungo.
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Strade di sassi
Narrativa generaleDieci anni per vivere tante vite. Crescere, ridere e soffrire per arrivare forse alla gioia più grande, però...