Caterina o l'umanità

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C'era una volta una ragazza che veniva dal Minnesota. La sua casa si trovava vicino ad uno dei tantissimi laghi dello stato nordamericano,in un paesino dal nome quasi impronunciabile per me. Katherine, così si faceva chiamare da tutti, aveva sedici anni ed un carattere molto problematico o perlomeno non adatto al luogo dove trascorreva le sue giornate. Nel paesino erano tutti pronti ad aiutarsi, lavoravano come matti giorno e sera e l'unica preoccupazione era che tutti avessero tutto ciò di cui avevano bisogno. Katherine non era così. A lei non importava semplicemente di niente. Nessuno poteva contare sulla sua scontrosità e sulla sua rabbia verso tutti. Che poi, rabbia per cosa? Io non lo so, ma a volte rispondeva davvero, davvero male,senza nessun senso di colpa, senza preoccuparsi delle facce sconvolte di chi aveva appena ricevuto un secco rifiuto da lei. La mamma Sabrina, di origini italiane, piangeva sempre e pregava Dio perché qualcosa la facesse cambiare. La figlia neanche a messa andava. Le giornate di Katherine erano piene di vuoto e solitudine, perché nessuno voleva stare con lei. Aveva solo due amiche che non mi hanno dato il permesso di scrivere il loro nome e che chiamerò Anne e Rose, ma anche loro erano sole e quindi Katherine le costringeva a stare con lei, tanto non avevano nulla da perdere. E così ecco tre ragazze sole che non facevano insieme neanche un briciolo di compagnia.

Un grigio giovedì di marzo, Sabrina annunciò con tono solenne alla figlia che sarebbe partita per l'Italia, esattamente sarebbe andata a casa della nonna materna in un paese, che era più simile ad un villaggio, devo dire, nel sud estremo della penisola. Katherine esplose di gioia alla notizia e si rallegrò del fatto che finalmente avrebbe lasciato quelle due oche e la mamma, alla quale ogni tanto si rivolgeva con l'appellativo di "bigotta", nel "sudicio paesino di bifolchi" nel Minnesota. Quel che Katherine non sapeva, era che ciò a cui la madre aveva pensato non era una vacanza, ma un vero e proprio programma intensivo di ri-educazione insegnato da veri e propri esperti nel campo: la nonna Gertrude e il pro-zio Ruggero,vecchi contadini del sud Italia. Arrivata nel Belpaese già un mese dopo la fantastica notizia, Katherine venne ribattezzata Caterina,perché alla nonna rimaneva difficile pronunciare il vero nome, <<mi si incastra la lingua>>, diceva. Il carattere di Caterina si dimostrò più difficile del previsto e la nonna quindi pensò che fosse arrivato il momento di usare i suoi superpoteri. Le nonne hanno i superpoteri, già, quelli che usano per fare il mangiare o per tirare fuori magicamente cinque euro dalla tasca ogni volta che suoniamo il campanello di casa loro. Stavolta non si trattava di nulla del genere, perché a Caterina serviva una terapia d'urto,stavolta serviva la magia vera. Durante una delle tante piogge estive, Caterina si trovava nella serra accanto alla casa dove eraospitata per mettere a posto delle piccole piantine su uno scaffale pericolante. Fu pochi minuti dopo, quando lo scaffale cadde rovinosamente per terra uccidendo una ventina di piantine, che la magia ebbe inizio. Credetemi, provo molta pena nel vedere quelle piantine spiaccicate come frittate sul terreno... E non avete vistotutti i bruchini morti... Poverini cercavano solo di ripararsi dagli uccellini affamati. Insomma, Caterina doveva tirare su lo scaffale e mettere a posto le piante superstiti, ma c'era un problema: lo scaffale era davvero troppo pesante per una come lei che non aveva mai fatto nulla di faticoso. Non ci poteva fare nulla, la nonna tirava le ciabatte quando la ragazza non faceva le cose a dovere e a lei dava fastidio, quindi si tirò su le maniche e cominciò a sollevare il mobile. Vedendo il lavoro inutile che stava facendo,decise di metterci ancora più forza, ma fece il passo più lungo della gamba, visto che si trovò incastrata sotto cinquanta chilogrammi di scaffale. A quel punto non le rimase altro che gridare sperando in qualche anima pia che l'avrebbe aiutata. Dopo qualche secondo, accorsero tutti i vicini della nonna e tra le persone scorseil viso della mamma della quale cominciava a sentire la mancanza. Stavano tutti fermi lì, impassibili, gli sguardi vuoti, a guardare Caterina mentre, disperata, chiedeva aiuto. Il suo sguardo si era appannato a causa delle lacrime, ma riuscì comunque a vedere l'impossibile: i molteplici volti si erano trasformati tutti in unvolto più familiare, il suo. Una trentina di Caterine la stavano guardando, ora, con espressioni diverse: una era arrabbiata, una provava disprezzo, un'altra aveva un sorriso sarcastico. Caterina pensava di stare per morire quando dal gruppo di persone cominciò ad avanzare un altro volto di Caterina, stavolta era triste. Prese un angolo dello scaffale e cominciò a tirare su mentre le altre Caterine iniziarono a sparire. Dalla porta, però, ne entrò un'altra, felice. Il suo aiuto fu decisivo e lo scaffale tornò al suo posto. Quando la Caterina a terra alzò lo sguardo, vide la nonna e Ruggero che le sorridevano. La nonna voleva farle capire che un briciolo di umanità era indispensabile, ma, ancora prima di qualsiasi spiegazione, Caterina fuggì, senza nulla se non la borsa che velocemente afferrò mentre scappava dalla serra. Il suo intento era tornare dalla mamma in Minnesota, ma il fato volle che sbagliasse aereo e nemmeno io adesso so che fine abbia fatto. 

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