C'era una volta una piccola pianta, di quelle che si trovano nella brughiera inglese, per capirci. Purtroppo, la piccola non si trovava nella brughiera e, non essendo abituata all'ambiente dove era cresciuta, finì per rimanere molto sola. Questo finché un giorno si presentò un ragazzetto basso e con i capelli pettinati dal vento. Subito il ragazzetto trovò conforto nel forte profumo emanato dai fiori della pianta e decise di montare una tenda lì vicino per poter godere di quello stupendo odore riparandosi al contempo dal sole cocente di quei giorni di maggio. Sentendosi anch'egli molto solo, pensò sarebbe stata un'ottima idea dare un nome alla pianta e trasformarla in qualcosa di "suo", in qualcosa che avrebbe sempre trovato al ritorno da scuola, non come tutte le amicizie coltivate nel corso degli anni che in pochi giorni morivano. Avrebbe curato quella piantina e lei non se ne sarebbe andata. La chiamo Erica. In effetti nessun nome fu più azzeccato di quello per una pianta di... erica.
I giorni passarono ed Erica vide passarsi accanto volti diversi, volti nuovi ogni settimana. C'era un ragazzo biondo con cui il ragazzetto discuteva di videogame, un altro moro e decisamente alto con cui parlava di sport e una ragazza molto carina e dolce con la quale parlava di se stesso. L'amicizia tra il ragazzetto e la ragazza cresceva di giorno in giorno ed Erica sembrava molto felice di vedere il suo amichetto coltivare qualcosa che non fosse lei stessa. Alla ragazza piacevano molto i fiori rosa di Erica e chiese al ragazzetto se potesse coglierne uno per lei. Ci fu uno sguardo intenso tra il ragazzetto e la pianta che alla fine cedette a quegli occhioni da cerbiatto e lasciò che cogliesse un fiore. "Se questo è per il suo bene, allora non importa", si ripeteva la pianta tra sé e sé, molto titubante a lasciare che altri prendessero parti del suo corpo. Il ragazzetto non si lasciò invaghire così tanto dalla ragazza da dimenticarsi della pianta. Ad ella, infatti, dedicava molte ore al giorno nelle quali raccontava all'amica della vita con la ragazza. Erica sembrò molto felice di scoprire che il suo amico aveva finalmente qualcuno di stabile all'interno della sua vita. Avrebbe fatto qualsiasi cosa perché egli non si sentisse solo e cacciò dentro quel piccolo morso di gelosia che le attraversava le foglie.
Erica cominciò a incuriosirsi di quella che era la psiche umana e di tutto lo spettro di emozioni in essa presente. Anche lei voleva provare qualcosa del genere e soprattutto quel sentimento che il ragazzetto provava per la ragazza. Voleva provare l'amore. Ben presto fu accontentata. Col passare delle settimane, il tempo trascorso con il ragazzetto cominciò a deformare la psiche della pianta, rendendola molto simile a quella umana. Di conseguenza cominciò a provare molte più emozioni rispetto a prima, amore e odio inclusi.
Un giorno di qualche anno dopo, la ragazza propose al ragazzetto di andare a vivere con lei ed egli accettò subito senza pensarci. Erica, sentendo la discussione, scoppiò a piangere. Dai profumati fiori rosa adesso sgorgavano lacrime salate che portavano il dolore di un'amicizia ormai giunta al capolinea. Odio, tristezza, gelosia presero il sopravvento all'animo gentile della pianta che aveva permesso che gli altri cogliessero i suoi fiori, frutto di un duro lavoro durato mesi e causa di un enorme dolore. Sarebbe tornata ad essere sola e stavolta avrebbe sentito ancor di più quel terribile sentimento che è la solitudine.
Un ultimo sforzo le fu chiesto il giorno del matrimonio tra quello che una volta era suo amico e la ragazza. I genitori del ragazzetto decisero di aggiungere al bouquet della sposa, dei piccoli fiori di erica provenienti dal giardino di casa. La madre si avvicinò all'arbusto che cominciò a provare paura e sdegno nei confronti di quella famiglia alla quale aveva dato tanto senza ricevere niente in cambio. Quando la mano rugosa della madre si infilò tra le foglie dell'arbusto per raccogliere dei fiori, Erica cominciò a piangere di dolore, ma l'orrore arrivò poco dopo quando dal ramoscello mozzato in due dalla madre cominciò ad uscire del sangue. Il viso della madre cominciò a deformarsi in una smorfia di disgusto e iniziò a urlare chiamando a gran voce il resto della famiglia per farlo assistere a quell'osceno spettacolo. Il ragazzetto, impaurito, staccò un altro ramo e anche da qui cominciò ad uscire del sangue. Allo stesso modo provarono il padre e la ragazza, ma il risultato fu solo sangue. Il sangue si era riversato nel terreno andando a coprire le impronte lasciate dalla tenda da campeggio che il ragazzetto aveva montato anni prima. L'ultimo ricordo della loro amicizia era stato ricoperto dal sangue.
Passò qualche ora e la pianta si arrese. Morì dissanguata, come fosse un essere umano, immersa non solo nel sangue, ma anche nella tristezza e nella solitudine. Oggi al posto della pianta di Erica, bruciata dalla famiglia perché creduta legata al demonio, sorge un piccolo melo che fortunatamente non conobbe mai l'amore o qualsiasi altra emozione.
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Piccole storie su tante persone
General FictionRacconti brevi su tante persone. Persone che è possibile trovare in metropolitana all'ora di punta o su una panchina del parco a leggere un libro o ancora sedute ad un tavolo in un bar, magari accanto al vostro. Non scrivo di supereroi né di persone...