Wrapped around your finger

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2.
Ho sempre paura di sbagliare, a ricordarti troppo.
Fissarti in mente era il mio metodo per non farmi più ferire. Dopo un po', diventi immune al dolore. Dopo i primi pugni, gli altri provocano solo un leggero fastidio. Prima o poi, tutto diventa attutito, ovattato. Aspettavo succedesse anche con te.
Aspettavo che il mio cuore smettesse di far male, colpendolo sempre più forte.

Il giorno dopo mi svegliai sul tuo petto nudo.
Il ricordo della sera precedente era vivido nella mia mente, con le risatine, i baci mentre ti spogliavo e ti mettevo il pigiama.
<<Non la voglio la maglia.>> Avevi detto, sorridendomi. <<Voglio sentire il tuo respiro sulla mia pelle.>>
È stata l'unica notte in cui, dopo aver bevuto, sono rimasto al tuo fianco. Abbiamo dormito abbracciati, come due amanti col favore della luna. Calum ed Ashton erano entrambi troppo ubriachi per notare o ricordare qualcosa, qualsiasi cosa.
Speravo solo non fosse lo stesso per te.
Quando mai ho fortuna, Mickey? L'unica mia fortuna può essere considerata averti conosciuto, ma, visto come sono andate le cose, forse dovremmo eliminare anche quella.
Sono rimasto accoccolato a te fino a quando non hai aperto gli occhi, fissandomi con un sorriso a trentadue denti. <<Lukey, sei rimasto. Di solito non lo fai mai...>>
Mi avevi stretto a te, mentre io cercavo di capire quella frase.
Era ovvio che dormissi vicino a te, dopo quello che era successo, dopo quello che ci eravamo detti.
<<Quanto ricordi di ieri?>> Ho chiesto solamente, mentre mi sedevo sul letto, staccandomi da te con mio e tuo disappunto. Ma avevo bisogno di sapere che ieri notte non era del tutto persa. Che dentro di te esisteva, esistevamo noi due.
<<Giusto di aver portato una biondina in bagno e...>> Avevi distolto lo sguardo, arrossendo appena. <<Beh, poi credo tu mi abbia portato a casa. Manca qualcosa?>>
Sai, Michael, mi sono sempre chiesto perché un cuore che si spezza non fa rumore. Perché quell'attimo, unico, in cui tutto cessa, è silenzioso come la notte. Qualsiasi altra cosa, quando si rompe, fa rumore, richiede attenzione, sguardi, parole per farsi riparare.
Non il cuore. Lui si rompe, e tocca a te che l'hai avvertito metterlo a posto.
Forse è perché quando provi un dolore troppo grande, non ti vengono neanche più le parole per urlare. Quando il dolore ti inebetisce la testa, le gambe, la pancia, quando totalizza tutto il tuo corpo in quella straziante morsa, non riesci ad urlare. Ti accasci solo su te stesso e piangi, silenziosamente.
Perché non sai come riassumere il dolore che provi in suoni.
<<No. È tutto.>>
Tutto perso.
Io e te eravamo persi di nuovo, ognuno nei suoi piccoli segreti, in quei piccoli gesti che speravamo di compiere ma che avevamo troppa paura per fare. Persi nella tela di un ragno, troppo fragile per rimanere intatta, troppi bella per essere distrutta. Le cose belle sono sempre le più fragili, e non ho idea del perché.

<<You were mine for a night,
I was out of my mind.
You were mine for a night,
I don't know how to say goodbye.>>

<<Luke... ti conosco da una vita. Capisco quando mi nascondi qualcosa.>>
Non volevi saperlo sul serio. Non dovevi. Credevi di volerlo sapere, ma avrebbe solo distrutto entrambi. Eri solo curioso, e a volte la curiosità è un difetto orribile.
Avrei voluto sprofondare. Sotto il tuo sguardo che mi fissava implorante, mi sentivo inutile, orribile, sbagliato. Come se avessi fatto qualcosa di imperdonabile.
Come se quel negarti la verità -una verità che non volevi sentire-, mi rendesse un mostro senza cuore. E ho fatto la cosa più stupida, che in fondo era anche quella che il mio cuore mi chiedeva insistentemente di fare. Tremavo appena sotto il tuo sguardo, e sentirmi così indifeso davanti ai tuoi occhi mi faceva sentire così male... Non volevo mi vedessi così, mentre stavo per scoppiare a piangere, gli occhi lucidi e il corpo tremolante. Ero orribile, l'avrai pensato anche tu.
<<Mi hai... Sei uscito dal bagno, la ragazza era arrabbiata con te e, quando ti ho chiesto perché, mi hai detto che hai mormorato il mio nome mentre te lo stava succhiando.>>
Sei impallidito vistosamente, e ti ho visto mettere le mani davanti al viso, come se non volessi che io continuassi. E mi sarei fermato, ma le parole premevano per uscire fuori, per liberarmi da quel peso che rimaneva sul mio stomaco pesante come un macigno.
<<Poi... poi mi hai baciato. E mi hai detto che mi amavi, che ero la tua casa e...>> In quel momento, crollai del tutto. Corsi via, nel corridoio, chiudendomi a chiave in camera mia senza guardarmi indietro, iniziando a singhiozzare pietosamente.
E tu... tu non bussasti mai alla mia porta.
Decine di volte Ashton aveva cercato di entrare, ma inutilmente. Mi ero rinchiuso lì perché ero spaventato dalla tua reazione, ma non pensavo sarebbe stata così devastante da far in modo che tu smettessi di parlarmi. Mi ero illuso che avresti bussato alla mia porta, come nei film, e io ti avrei fatto entrare, mentre mi avresti abbracciato mormorandomi che pensavi ogni parola che avevi detto.
Non successe.

<<Screaming at the top of my lungs 'till my chest felt thight...>>

Ashton non sapeva nulla di noi due, ma aveva intuito il nostro comportamento dipendesse l'uno dall'altro. Mi ha raccontato di quanto fossi assente, Mickey.
Di quanto evitassi di avvicinarti alla porta di camera mia e tremassi anche solo al sentir pronunciare il mio nome. E piansi. Ancora.
Piansi tra le braccia di Ashton fino a quando non ebbi più lacrime, e mi sentii ancora peggio. Prima me la prendevo con me e con te asciugandole furiosamente, quasi fosse tutta colpa loro ciò che era successo. E ora che avevano smesso di scendere, non avevo nessun altro con cui prendermela, se non me stesso.
Una settimana. Sette interi giorni senza aver visto il tuo viso...
Avevo promesso di non farmi mai del male a causa di qualcun altro.
Era da stupidi, pensavo. Lo pensavo anche mentre avevo la lama in mano.
È per distrarmi, mi dicevo, mentre premevo leggermente la lama del coltello sulla mia pelle con la parte piatta, godendomi il freddo contatto sulla mia pelle. Non mi farò sul serio del male, è solo... come un gioco.
Era un gioco, fino a quando non ho fatto il primo taglio. Non era intenzionale, stavo solo... distraendomi. Era una brutta distrazione, un brutto gioco. Ma era l'unico modo per fermare tutto, per fermare il tempo.
Cazzo, volevo solo che si fermasse tutto di nuovo. Volevo solo poter ricominciare a camminare di fronte a te, Michael. E, mentre lo pensavo, non notavo il sangue che usciva.
Bruciava. Il taglio bruciava sotto l'acqua fredda. Mi ricordo che è l'unica cosa diversa da Michael che avevo pensato per giorni interi. E, allora, capii.
Non sarei mai stato bene, non mi sarei mai dimenticato di te.
Potevo solo distrarmi al meglio, costringendo le mie terminazioni nervose su qualcos'altro. E, se funzionava, perché non riprovarci?
In fondo, potevo smettere quando volevo. Era un gioco.
Era tutto un fottuto gioco, e io stavo perdendo. Fino a quando non ho sentito bussare alla porta.
<<Luke, sono Michael. Posso entrare?>>

Songs - MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora