8.
E, forse, il problema è che pensiamo troppo. Siamo così concentrati nei dettagli che, a volte, perdiamo di vista il senso del quadro.Ma rimane il nostro quadro preferito, nonostante gli altri mille che potremmo guardare.
Perché, quando ne ricogliamo il senso, capiamo che nessun altro potrà mai eguagliarlo.
E dovremmo giusto chiudere gli occhi, lasciarci andare.
Mettere in marcia, volare via. Che c'importa della giornata che sta per iniziare?
Alla fine il tempo sparisce, se ti osservo respirare.Vorrei poter dire di essere andato avanti, dopo quella notte.
Ma mentirei a me stesso. Per me non c'è mai stato un 'dopo Michael Clifford', perché semplicemente tu non te ne sei mai andato. Potevamo non stare assieme, ma rimanevi il mio migliore amico. E commentavamo i ragazzi con cui uscivi, definivamo degli stronzi di merda i tuoi ex e passavamo le giornate così, lontani eppure vicini.
Più scoprivo il nuovo Michael Clifford, quello dai capelli viola (e poi blu e poi verdi e poi biondi chiarissimi), più mi rendevo conto di amarlo alla follia, forse anche più del vecchio te, o forse allo stesso modo. Non lo so. Eppure non avevo il coraggio di chiederti di riprovarci, di rischiare di perderti di nuovo. Avevo paura, paura di fallire ancora.
E quindi mi godevo la tua compagnia, i tuoi abbracci, le confessioni notturne e le passeggiate sotto la luce della luna.
E stavamo bene. Io stavo bene. Mi mancavi in un senso, ma ti avevo tutto per me in un altro. E non era mica importante, alla fine, se dovevo evitare di correre via quando ti sentivo parlare dei tuoi ragazzi, né se in quelle passeggiate che facevamo una volta al mese desideravo soltanto le tue labbra sulle mie. Ti amavo in silenzio, e bastava così.
Credo che alla fine la parte del dannato in amore fosse fatta apposta per me.
Quindi non ti aspettavo minimamente, quel sabato sera, una settimana prima del tuo compleanno. Pensavo ti avrei visto la settimana successiva e mi ero preparato mentalmente a sentirti parlare delle novità del college, di quanto stessi studiando... In fondo, gli esami erano alle porte. Invece, semplicemente buttasti qualcosa alla mia finestra a mezzanotte mentre fuori diluviava. Mi affacciai incuriosito sollevando i calzini, un'espressione interrogativa in faccia, e tu ti limitasti a sorridermi, i capelli appiattiti e i vestiti completamente fradici.
E Dio, se eri bello.<<Well, you've done done me and you bet I felt it,
I tried to be chill, but you're so hot that I melted>><<Dio, Michael, cosa ci fai qui a quest'ora? E i calzini? Sul serio?>> Chiesi urlando dalla finestra, e tu ti limitasti a ridere, aprendo le braccia, invitandomi al mio posto.
Scesi le scale di corsa, con una coperta sulle spalle per evitare di morire d'ipotermia, e mi buttai tra le tue braccia completamente bagnate, inzuppandomi anch'io mentre la pioggia scrosciante sembrava volerci punire di qualcosa. Eppure non aveva importanza, perché tu mi stringevi forte e il mio cuore sembrava essere partito.
<<Che ci fai qui?>> Chiesi, invitandoti ad entrare in casa, ma tu scrollasti la testa.
<<Sono venuto per farti staccare un po'. Una piccola vacanza.>>
<<Tu sei matto.>> Risi, davanti alla tua espressione risoluta mentre la pioggia continuava ad accarezzarti il viso, lenta, arrivando fino alle tue labbra. Avrei voluto baciarti, eppure tutto quello mi sembrava così surreale, una specie di lento e strano sogno.
<<E' probabile che io sia matto, perché ho aspettato per mezz'ora sotto la pioggia un ragazzo che scende di casa senza neanche portare un ombrello.>> Ribattesti, sciogliendo l'abbraccio e appoggiandoti vicino alla tua auto, che fino a quel momento non avevo neanche notato. Quando c'eri tu, Michael, ogni cosa passava in secondo piano. E in quel momento mi stavo sciogliendo alla vista di quanto convinto fossi a farmi venire con te durante quel viaggio.
<<Non ce l'ho un ombrello.>> Sbuffai, offeso, mentre tu ridacchiavi.
<<Beh, in ogni caso non è importante. Tu verrai con me, e se non lo farai di tua spontanea iniziativa...>> Dicesti, avanzando verso di me. <<Vorrà dire che ti rapirò.>> A quel punto, mi prendesti in braccio di peso, portandomi nei sedili posteriori della tua auto, mentre io cercavo di liberarmi in tutti i modi possibili. Ringraziavo mentalmente il fatto che, nonostante stessimo urlando e ridendo come due stupidi, nessuno si fosse ancora svegliato. <<Niente mi fermerà se non l'intervento di Dio.>>
Ti indicai il temporale attorno a noi, chiaro segno divino che a quell'ora avrei dovuto starmene a casa sotto un bel plaid caldo, mentre mi sdraiavi lentamente e ti poggiavi sopra di me, guardandomi dritto negli occhi. <<Beh, fa nulla, tanto sono ateo.>>
E roteai gli occhi, mentre tu chiudevi la portiera salendo al posto del guidatore.<<Before the cool done run out I'll be giving it my bestest
And nothing's gonna stop me but divine intervention>>E partimmo, con i capelli bagnati e i cuori in fiamme.
Cercavo di capire tutto quello che era appena successo, eppure non aveva nessun senso. Intanto, mentre la pioggia lasciava spazio ad una pallida luna, io scivolavo sul sedile al tuo fianco, mentre tu mi sorridevi. Non sarei mai riuscito a non amarti, Michael Clifford. Quella notte me lo confermò solamente, perché sapevo, dentro di me, di averlo già accettato da un pezzo.
<<Dove andiamo?>> Chiesi, curioso.
<<Da nessuna parte. Dappertutto. Girovaghiamo un po' e lunedì ti riporto a casa.>> Rispondesti semplicemente, facendo intrecciare la mano che non tenevi sul volante con la mia, in un gesto talmente familiare che non mi accorsi nemmeno di starla stringendo.
<<E perché?>> Continuai a domandare, curioso di quel rapimento improvvisato, mentre la radio trasmetteva una di quelle canzoni commerciali eppure tremendamente orecchiabili.
<<Perché mi mancavi.>> Hai risposto semplicemente, distogliendo gli occhi dalla strada per concentrarti sui miei. La tua auto, le nostre mani intrecciate, i nostri sguardi connessi... Era tutto così simile eppure così diverso. Deglutii a vuoto, mentre parcheggiavi in uno spiazzo vuoto, prima di avvicinare il tuo viso al mio, soffiando sopra le mie labbra.
<<Se tu non vuoi, ferma->> Ma non lasciai neanche che tu finissi, unendo le nostre labbra. Era passato così tanto tempo, eppure la sensazione familiare della tua bocca sulla mia era ancora capace di mandarmi il cervello in tilt. E mi stringevo a te con tutta la forza del mondo, con la paura di svegliarmi da un momento all'altro da quello che era il sogno più bello di tutta la mia vita.<<But I won't hesitate no more,
no more, it cannot wait,I'm yours.>>Quando ci staccammo, entrambi sussurrammo contemporaneamente, il fiato corto.
<<Non tornerò più in Australia.>>
<<Ti amo.>>
La consapevolezza delle tue parole mi colpì in pieno viso per un secondo, e boccheggiammo entrambi incerti per un momento, prima che tu parlassi.
<<Ti amo anch'io, Luke Hemmings. Così tanto che cercavo te in qualsiasi altra persona. Poi ho realizzato che non aveva senso cercarti da qualche altra parte, perché tu eri già qui. Mi aspetteresti, per tutto il tempo necessario?>> Chiedesti, la voce ormai calata in un flebile sussurro.
<<Sono tuo.>> Sussurrai in risposta, prima che le nostre labbra tornassero a cercarsi, per unirsi in un bacio che sugellasse quella promessa.<<There's no need to complicate
Our time is short
This is our fate, I'm yours>>~ Angolo "autrice"
Oddio questa storia sta per finire, non ci credo neppure io
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Songs - Muke
FanfictionDove Luke non riesce a dimenticarsi di Michael, e, nonostante la loro storia sia finita, continua a crogiolarsi nelle canzoni della sua playlist.