Fattele da sola, le trecce!

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Dove eravamo rimasti?
Ah sì. Al mio disagio mentale, che a quanto pare ancora non si scolla.
Stupida cozza metafisica.

Era una bellissima giornata nella contea di Belleville.
Fuori dalle finestre del castello imperversava una tempesta con gocce d'acqua grosse quanto vagoni, il vento più che scompigliarti i capelli te li strappava dalla testa e facevano circa meno venti gradi, senza contare Noè con la pelliccia d'orso che si lamentava, dicendo che la volta prima era stata più facile.
Insomma, un giorno radioso.
Be', senza dubbio abbastanza Tumblr da ottenere dieci post sulla bacheca della neo-principessina.
«Frankie principe del mio cuooor» civettò allegra la Gerarda, accovacciata come una foca spiaggiata sulla poltrona della camera da letto intenta a guardare la finestra. Si girò, guardando il suo amato salvatore modello XS che gli aveva fatto scoprire i piaceri della Nutella e le Yacuzzi, per non parlare delle infinite cavalcate che le permetteva di fare. Oh, lo amava così tanto. Sospirò. «Non trovi che sia una giornata semplicemente meravigliosa?»
«Del tuo cuor?» Frank sbadigliò. Il cavaliere nano dal canto suo stava cercando di riposare sul letto a sette piazze e mezzo (abbastanza per accogliere i rotolini di ciccia della principessa), opportunatamente decorato con coprilenzuola leopardati piumati glow in the dark eeeh macarena, ma la voce stridula dell'altra gli impediva di prendere sonno.
«Il mio cuore è piccolino.» replicò quella, indicandosi il petto, per poi lanciare un'occhiata indagatoria a Frank. «E tu c'entri di sicuro.»
Frank sospirò, mentre l'altra ridacchiava per la sua stessa battuta coprendosi il viso col boa rosa fluo in un inutile tentativo di sembrare una graziosa fanciulla (peccato che non fosse né l'una né l'altra). Tuttavia tornò improvvisamente seria.
«Fraaaaaaaaaank.» Gerard miagolò, sembrando una bimba che aveva inghiottito un gatto. Era improvvisamente diventata seria seria, a conferma della ottopolarità che la affliggeva.
Il cavaliere le lanciò un'occhiata, sentendo un'ondata di paura affluirgli nelle vene. I repentini cambi d'umore della principessa lo spaventavano. Quella aveva corrugato le sopracciglia e le labbra, sembrando la bimba che scopre che il gatto non era abbastanza per sfamarla. Sospirò, facendosi forza.
«Sì, mia cara?»
Gerard ridacchiò per pochi secondi, ma tornò seria. Ricordava vagamente un film horror.
«Dobbiamo parlare di una cosa seria.»
Oh Santo Cielo. «Sarebbe?»
La principessa si alzò, inciampando nei trecento strati di tulle del suo vestito ricoperto di piume di pavone. Si mise le mani dietro la schiena, abbassando il viso con fare imbarazzato, come quella volta in cui doveva comperare gli assorbenti e si era trovata un cassiere maschio. Frank capì, quindi si alzò e le andò di fronte, poggiandole una mano sulla guancia e carezzandogliela, gesto che sembrò tranquillizzarla. Non sarà detto che per fare questo si dovette mettere in punta di piedi perché... Oh aspetta, già fatto.
«Io... Non ti arrabbiare, va bene?»
«Non lo farò.» in realtà stava cominciando ad avere parecchio paura. La principessa inspirò.

«Il vestito da sposa non mi piace.»

«Gerard.»
«...Sì?»
«Il matrimonio è domani.»
«Ma a me non piace il vestito!» esclamò la principessa, spalancando occhi e bocca e facendo scattare la mano verso l'armadio, ergo non solo la porta ma tutto il Terminal aeroportuale di Narnia visto quanto spazio occupava. «Non posso sposarmi con quel cencio laggiù!»
Cencio che tra l'altro era in pura seta cinese con uno strascico di ottocento metri fatto di diamanti a 24 carati, decorato con costole umane, pietra lunare e velo in ragnatele di tarantole albine. Frank ricordava delle collane di Swarovski meno costose ed eccentriche.
«Il matrimonio è domani. Non credo tu abbia più tempo per cambiarlo.»
«Ma... Ma...» farfugliò Gerard con voce spezzata, gli occhi lucidi e le labbra tremanti. «Frank?»
«Sì?»
«Ho messo la matita nera?»
Okay, cosa cazzo c'entrasse la matita nera non lo sapeva, però si sporse in avanti ed ispezionò con cura gli occhi verde gattino rigurgitato dell'amata.
«No, non ce l'hai.»
La Gerarda si girò di scatto e corse alla toilette da trucco, frugando in mezzo a miliardi di montagnole di vari accessori e trucchi, per poi emergere soddisfatta sputacchiando delle boccette di smalto e alcuni rossetti, impugnando trionfante una matita per occhi color ombra di carbone in un blackout al buio in un buco nero dentro l'anima di una Killjoy cieca il 22 marzo.
«Reggimi questo.» gli ordinò, tendendogli il tappo della matita in questione e borbottando qualcosa del tipo non posso piangere lacrime emo senza matita per poi passarsela copiosamente sulle palpebre, impiastricciandole tutte di nero. Quando sembrò soddisfatta si girò verso Frank.
«Ora la ho messa?»
Il cavaliere non aveva il coraggio di dirle che se fosse uscita con cotanta matita e rotolini avrebbe rischiato di essere scambiata per un panda fuggiasco dalla Protezione Animali (che dopo aver studiato il caratterino del cazzo che possedeva l'avrebbero probabilmente lasciata lì), per cui si limitò ad annuire.

Fattele da sola, le trecce! - La Gerarda è stata rapitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora