4-Disperazione Gioia Mia

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Settembre scivola sulle strade con il calore di un'estate ancora viva. E' caldo sulla pelle, e morbido fra le mani: Federico fissa il cielo, la sigaretta fra le dita e un sorriso da stupido dipinto sulla faccia.

E' appena rientrato a casa, e ad accoglierlo ha trovato un silenzio surreale. La luce che inondava le stanze, il primo pomeriggio luminoso negli occhi, il cuore così leggero che ancora lo sente incastrato in gola, a riempire i suoi respiri. Pensa, e ricorda, ed il fumo di una sigaretta di troppo lo circonda: sotto i polpastrelli rabbrividisce il ricordo di carne bollente e risate soffocate. Non credeva di potersi sentire ancora così.

Milano risplende di un giorno di sole.Il cielo è azzurro, gli occhi lo cercano senza accorgersene,attraverso la portafinestra spalancata, mentre se ne sta con la spalla contro l'imposta e spegne il mozzicone nel portacenere. Pensa distrattamente che dovrebbe dormire un po', che dovrebbe chiamare quella poveretta che ieri notte ha lasciato sola senza spiegazioni e chiedere almeno scusa, ma ha ancora altre sensazioni appiccicate addosso. Una felicità che ha il sapore di baci languidi e sospiri contro la pelle.

Ed è un momento di silenzio che fa bene all'anima, prima che il cellulare si riaccenda vibrando sul piano della cucina, collegato al caricatore. Gli squilli che riempiono il silenzio un istante dopo sono quasi dolorosi, nelle orecchie.

La scritta "Rovazzi" brilla sullo schermo e Federico ci mette un attimo di troppo a rispondere perché non vorrebbe rompere quella piccola bolla di isolamento felice che siè creato da ieri sera. Ha ancora la testa altrove, e là vorrebbe rimanere, tante grazie.

"Amico, che fine hai fatto?" Fabionon gli fa dire nemmeno "pronto" prima di assalirlo con la vocepreoccupata "Stavo per chiamare tua madre e lo sai che lofaccio solo quando i tempi sono disperati"

Federico torna sulla terrazza, cerca nelle tasche della felpa il pacchetto di sigarette. "Ti avevo detto che non ero a casa" ne tira fuori una mentre tiene il cellulare in bilico, incastrato tra la spalla e la faccia.

"Ecco, sì, appunto" Fabio sta provando a prendere il toro per le corna, Federico riesce a percepirlo, mentre osserva lo skyline milanese, imponente e frastagliato. C'è un silenzio che dura troppo, mentre entrambi aspettano che l'inevitabile venga fuori, e Federico si ritrova a giocherellare con l'accendino, a chiedersi se quel coglione non abbia fatto cadere la linea.

"Mika" parla, Fabio, alla fine.Toglie il velo ed eccolo, l'elefante nella stanza "Un gran fico,non c'è che dire". Certo, un po' gli trema la voce mentre lo dice, quasi avesse paura di dire una minchiata. E un po' in effetti suona come una minchiata, ma Federico quasi vorrebbe ridere dal sollievo, perché se c'è una cosa che può tranquillizzarlo al momento è l'imbecillità di Fabio.

"Insomma," e la sua voce è tranquilla, è diversa. Sembra quasi voglia dire altro, dietro alleparole un po' vuote che sputa fuori una dopo l'altra "C'ha il suo perché. Ma com'è che finisce sempre che ti scopi gente che pare uscita dalla pubblicità di Vogue?"

"Valentino, casomai"

"Non fare lo stronzo. Guarda che non me lo spiego"

Non dovrebbe fumare così tanto. E' la seconda, ed è entrato in casa da neanche mezz'ora. Lo pensa distrattamente, per un attimo, mentre il silenzio si incastra nello statico della telefonata, e sorride appena. "Ho fascino,Rovagnati. Ti devo insegnare tutto."

Fabio ride, con quel suo risucchio strano, un po' asmatico.

C'è qualche minuto di silenzio "Losai vero, che per me non cambia un cazzo, sì?" Fabio oggi c'ha voglia di affrontare la vita di petto, pensa Federico "Resti sempre un cazzone, anche se vai a letto con Mika".

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