Capitolo 3

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Alexandra's pov


Con mia nonna percorro il viale che porta all'ingresso dell'ospedale psichiatrico.
La prima volta ci sono venuta con Adam.
Sento un nodo alla gola ma ora non è il momento di pensare a lui.

Aspettiamo nella solita stanza in attesa di essere accompagnate da lei.
Seduta di fronte a mia nonna osservo il suo viso che oggi sembra più rugoso del solito per via della tensione che prova.

"Nonna" sussurro avvicinandomi a lei e passandole un braccio intorno alle spalle in modo da poterla stringere a me.
"Non è stato facile piccola mia accettare tutto ciò, la cattiveria dei parenti di tuo padre nei suoi confronti. Nessuno si è mai degnato di chiedermi cosa veramente avesse portato tua madre a compiere un gesto del genere. L'unico è stato Damian prima di tornare a casa con i suoi genitori".
"Non gli avrai detto..."
"Tranquilla, non ho detto nulla. Ho detto solo che prima di giudicare bisogna conoscere realmente i fatti. Per saperne di più deve chiedere a te, l'unica ad avere il diritto di dire esattamente come stanno le cose".
"Sai, nonna, in questi mesi oltre ritrovare me stessa ho capito che odiare non porta a nulla. Non odio mio padre. Provo solo pena per la persona malata che era".
"Sono fiera per ciò che sei, Ale. Una fantastica ragazza e sono sicura che sarai una brava mamma".
Abbraccio forte mia nonna con gli occhi pieni di lacrime.

Un'infermiera si avvicina e ci chiede di seguirla.
Mi stacco da mia nonna, le prendo la mano, l'aiuto a mettersi su, poi, sorridendole, le faccio cenno di andare.

Rimango delusa nel vedere che non ci fermiamo nella stessa stanza dove mia madre di solito passa il suo tempo a disegnare.
Percorriamo un lungo corridoio, saliamo una rampa di scale, poi un altro corridoio e a metà, finalmente, l'infermiera si ferma per aprire una porta e farci entrare dentro.
"Solo cinque minuti" ci dice.
"Sta scherzando, vero?" rispondo con gli occhi sgranati per la sorpresa. Cinque minuti solamente per incontrare mia madre, sembra tutto irreale.

"Signorina, cinque minuti, per favore. Non mi faccia trovare nei guai. La signora in queste condizioni non potrebbe ricevere nessuno".
"Quali condizioni?"
"Mi scusi, devo andare da un altro paziente. Cinque minuti" e la vedo andare via più veloce di una gazzella.
Guardo stupita mia nonna poi mi avvicino al letto dove è distesa mia madre.

La guardo dormire, il viso rilassato, troppo.
Trovo poca differenza tra lei che dorme e una persona morta.
Non è un sonno naturale, lo capisco subito e la voglia di urlare e piangere è tanta.

"Nonna -sussurro- ho una voglia pazzesca di dirle che è mia madre, che sono la sua bambina, che presto diventerà nonna. Come pensi che reagirebbe?"
Vedo mia nonna deglutire e guardare sua figlia.
"Non farti male Alexandra" sussurra infine.
Mi siedo accanto a mia madre, le accarezzo i capelli, il viso, le mani.
"Nonna, perché non reagisce al mio tocco? Pensi quello che penso io? È sotto sedativi?" dico esternando i miei dubbi ad alta voce.

"Penso di si, ecco perché ci hanno concesso solo cinque minuti".
"Ma perché? Io l'ho vista, è tranquilla, disegna..."
"Non lo so" mi risponde nonna accarezzandola a sua volta.

"Dovete uscire, mi dispiace" dice aprendo la porta l'infermiera di prima.
"No, non vado via" so di sembrare una bambina capricciosa ma voglio capirci qualcosa.
"Signora, la prego" supplica rivolgendosi a mia nonna.
"Alexandra" mi dice lei.
"Perché mia madre non è a disegnare nella solita stanza? Perché non è a guardare la televisione come tutti gli altri? Perché cavolo non è a fare qualcosa a quest'ora invece che stare a dormire, sicuramente drogata di medicinali, in questo schifoso letto?
"Non posso darle informazioni, non sono tenuta, chieda ad un medico".
"Pensa che un medico mi dirà la verità? Qualcuno ci ha avvisati di quello che sta accadendo qui dentro? Mi dica, lei che farebbe trovando sua madre in queste condizioni? Andrebbe via? Buon per lei, io resto qui ad aspettare che si svegli".
"Signorina!"
"Signorina un corno" urlo e torno a sedermi accanto a mia madre.
Prendo dei fazzoletti imbevuti dalla borsa e la rinfresco.
Oltre a drogarla non le curano nemmeno l'igiene.
Sono arrabbiatissima. Cosa diavolo ci fa ancora qui? Possibile che il suo avvocato non è stata capace di tirarla fuori? Finirà di impazzire completamente.

Una mano mi tocca la spalla.
Mi volto e rimango sorpresa nel notare che è l'infermiera.
"Se fosse mia madre troverei un avvocato con le palle e la tirerei fuori da qui. Sua madre non è pazza. Ultimamente gridava che ricordava il suo nome, il nome della figlia, diceva che si chiamava Alexandra, diceva di averla anche vista qui".
"Io mi chiamo Alexandra e sono la figlia...e sono venuta qui" mormoro.
"Era agitata, voleva vederla a tutti i costi. È diventata aggressiva, si è ribellata ai medici che non le credevano ed ora la tengono buona così. Signorina, io non le ho detto niente. Ora per favore uscite e segua il mio consiglio".
Abbraccio mia madre forte, la bacio più volte poi all'orecchio le sussurro:
"Sono Ale, mamma. Ti amo più della mia vita. Giuro che in un modo o nell'altro ti porterò via da qui".

Ripercorro il corridoio con mia nonna fino a ritrovarmi fuori.
Respiro l'aria fresca e pulita mentre cerco di tirare fuori l'angoscia che mi attanaglia il cuore.
"Ricorderà proprio tutto?" chiedo guardando mia nonna.
"Non lo so. Se ricordasse tutto potremmo riaprire il processo".
"Cosa è successo in quel dannato processo?"
"Non avevo soldi, Ale. Tua madre si è dovuta accontentare di un avvocato d'ufficio. Lei subito dopo il fatto ha cancellato tutto dalla sua memoria. Non rispondeva. Tu, interrogata dai psicologi, non parlavi, muta".
"Mi stai dicendo che io, l'unica che poteva aiutarla, non l'ho fatto? E tu , nonna?"
"Io sapevo solo quello che tu mi hai raccontato. Ma ero la madre. Non avevo nulla in mano per poterlo dimostrare".
"Avevi me".
"Non volevo farti più male di quello che ti era stato fatto. Non mangiavi, non dormivi, urlavi ogni notte..."
"Nonna - dico piangendo - mi stai dicendo che tra tua figlia e me hai scelto me?".
"Si".
"Perché?"
"Perché in caso contrario tua madre non mi avrebbe mai perdonato".

Solo ora mi rendo conto di quanto male abbia causato con il mio silenzio, con il mio rifiuto di interagire con gli psicologi e con il resto del mondo.
Ho passato sette anni ad odiarmi, a piangermi addosso, a farmi del male nei peggior modi possibili quando invece avrei potuto aiutare mia madre e far andare le cose diversamente.

Ma se c'è una cosa che ho capito e che non è mai troppo tardi.
No, non è mai troppo tardi per nulla.
Si può cadere ma ci si può rialzare, si può sbagliare ma si può riparare.
Un bravo avvocato, ecco cosa mi serve.
Chiederò aiuto a Karen, il mio angelo.

A proposito di non è mai troppo tardi.
Quanto tempo gli ci vorrà ad Adam per capirlo?
È ora che faccia due chiacchiere anche con questo ragazzo.
Al diavolo l'orgoglio e l'amor proprio.

Mentre mia nonna mette in moto la sua auto io sfilo il cellulare dalla borsa.
Apro la rubrica e cerco il suo nome.
Spingo il tasto chiama e ascolto il suono degli squilli.
Faccio suonare per un po' fino a che non arriva il famoso tututututu.
Mi ha rifiutato la chiamata il bastardo.



🍀🍀🍀
Dopo due falsi aggiornamenti il terzo, vero, è arrivato 😂😂 (avrei dovuto aggiorno domani ma a quanto pare...)
Allora, Alexandra tira fuori il suo carattere.
Riuscirà a tirare fuori da lì la madre?
E con Adam cosa farà?
Alla prossima
Commenti e stelline (non dimenticateleeeeeeee)
Smack 💋 💋
Ylenia

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