Don't leave me behind
PRIMA PARTE
«Forza, dormiglione, sveglia!». Stiles si girò su un fianco, sorridendo ad occhi chiusi e godendosi le carezze del maggiore mentre la barba ruvida di Derek gli pizzicava il collo.
«Che ore sono?», borbottò ancora mezzo addormentato. Portò una gamba sopra le coperte e si passò ripetutamente una mano sul volto per svegliarsi. Tentativo inutile visto che quella notte aveva dormito sì e no tre ore a causa di Derek che aveva occupato tutto il materasso. E menomale che quello serio e composto era lui!
«Le sei e mezza», rispose l'altro dalla cucina. Urlando.
Dio, c'era veramente bisogno di urlare alle sei e mezza di mattina?
«Ripetimi ancora perché lo stiamo facendo». Anche se a malavoglia scese dal letto, trascinando i piedi fino al tavolo della cucina dove il suo ragazzo lo stava aspettando con una tazza di caffè in mano.
«Perché Peter ha detto che è importante». Bevette un lungo sorso, producendo anche il risucchio che tanto infastidiva Derek. Sì, lo aveva fatto per ripicca e non se ne pentiva minimamente; così imparava a svegliarlo all'alba. Ok che li attendeva un lungo viaggio fino all'aeroporto, che dovevano fare il check-in almeno mezz'ora prima dell'imbarco, ma perché svegliarlo alle sei e mezza se il volo era previsto per le due del pomeriggio?
«Cosa stai facendo?». Stiles era strano, questo lo aveva capito molto tempo prima ed era riuscito anche ad accettarlo, ma fare le fusa ad una tazza di caffè era esagerato persino per lui.
«Ho freddo e la tazza è calda. Ergo mi sto riscaldando». L'altro alzò le mani in segno di resa e uscì dalla stanza prima di farsi contagiare dalla pazzia del minore.
Aveva conosciuto Stiles due mesi dopo la morte di sua sorella Laura, e anche se inizialmente non ci avrebbe scommesso nemmeno un penny, quel moccioso iperattivo era riuscito a salvarlo dall'autodistruzione. Laura era l'unica persona che gli rimaneva, oltre uno zio abbastanza esuberante e pieno di sé, e Derek si era sentito smarrito. Poi era arrivato Stiles che lo aveva assillato per settimane prima di convincerlo, per esaurimento, ad accettare la sua richiesta di uscire insieme, e adesso stava usando la stessa tecnica per fargli accettare la sua nuova fissazione: vivere insieme. E Derek, lo sapevano entrambi, prima o poi avrebbe ceduto. Lo faceva sempre.
Più tardi Derek scoprì che l'inspiegabile ossessione di Stiles nei suoi confronti non era poi così inspiegabile: entrambi erano nati e cresciuti a Beacon Hills ma Derek, visto che era più grande di Stiles di quasi otto anni, non si poteva di certo ricordare di un ragazzino con ancora il muco al naso. D'altro canto Stiles non poteva dimenticarsi di Derek Hale, lo sfortunato ragazzo di quindici anni che aveva perso tutta la sua famiglia in un incendio.Stava pranzando con Scott, il suo migliore amico, quando furono disturbati da un uomo che stava litigando con il ragazzo che lavorava al bar: quell'uomo era Derek. Visto che era ubriaco, Stiles e Scott lo avevano convinto a farsi accompagnare a casa, e da quel giorno Stiles gli si era incollato come una cozza. Approfittando della sbronza di Derek era riuscito a farsi dare il suo numero di telefono, tormentandolo da quel giorno finché non lo aveva convinto ad uscire con lui.
«Derek, il tuo telefono sta suonando», urlò con la bocca piena di cereali.
«Rispondi».
«Ma è tuo zio», replicò.
«Appunto». Giusto per riconfermare a Derek la sua maturità, Stiles fece una smorfia prima di far scivolare il medio sullo schermo del cellulare. No, la scelta del dito non era casuale e lo sapeva lui che sorrise furbo e lo sapeva anche Derek che alzò gli occhi al cielo per l'ennesima volta mentre cercava di tirarsi su i jeans. Solo dopo che Stiles era scoppiato a ridere aveva capito che quelli non erano i suoi vestiti.
«Stiles» ringhiò, «quante volte ti ho detto di smettere di infilare vestiti tuoi nell'armadio? Non ti trasferirai da me!».
«Shh» si portò lo stesso dito di poco prima alle labbra, zittendo un Derek ancora furente, «sto parlando al telefono».
«Scusami, Peter. Dicevi?», continuò senza aspettare la risposta dell'altro e ostentando un sorriso divertito.
«Passami mio nipote».
«Non posso. Chiama più tardi». A Stiles Peter non era mai piaciuto. Sin da quando l'aveva conosciuto non aveva fatto altro che trattarlo con inferiorità, come se nemmeno esistesse. Inizialmente aveva pensato che non accettasse l'omosessualità di Derek, poi aveva realizzato che semplicemente non sopportava lui.
«Che voleva?», domandò il maggiore con addosso dei pantaloni della sua taglia e una canottiera aderente. Stiles si chiese come facesse a non sentire freddo. I riscaldamenti del loft erano momentaneamente non funzionanti e a lui sembrava di essere al polo nord. Indossava il pigiama pesante che Melissa gli aveva mandato qualche settimana prima, i calzini di flanella e si spostava solo con la sua fedelissima coperta con le maniche. In breve: moriva di freddo.
«Non me l'ha voluto dire. Gli ho detto di richiamarti».
«Va' a vestirti. Non abbiamo tutto il tempo del mondo». Quella mattina Derek era particolarmente scorbutico, non che solitamente fosse un raggio di sole, ma si era svegliato di malumore e con una brutta sensazione che non voleva dargli pace. In realtà aveva fissato la sveglia per le nove, ma non riusciva più a dormire e – non l'avrebbe mai ammesso ad anima viva – preferiva sentire Stiles straparlare piuttosto che rimuginare sui propri pensieri.
«Ma... fa freddo». Era ridicolo con la parte sopra del pigiama infilata nei pantaloni e la coperta che si tirava dietro a mo' di mantello, ma non riusciva a non trovarlo attraente anche in quelle condizioni.
«Ci vado a una condizione...». Il sorriso malandrino di Stiles tradì le sue intenzioni e prima ancora che potesse finire la frase Derek lo interruppe con un categorico "No".
«M-mi stai rifiutando?». Era giovane e aveva i suoi bisogni. Come poteva Derek rifiutare tale splendore? Buttò lo sguardo alla propria sinistra, riflettendosi nel vetro della porta, e allora capì.
Abbassò la testa, sconfitto. Forse non avrebbe dovuto prendersi tutte queste libertà. In fondo stavano insieme da poco e lui non era di certo all'altezza degli standard di Derek: non aveva un viso simmetrico come il suo, la mascella squadrata e un sorriso perfetto; non aveva il suo corpo o le sue spalle larghe e muscolose.
Derek, che non era stupido e aveva visto come il sorriso divertito del più piccolo si era piegato all'ingiù, gli si avvicinò lentamente, alzandogli il volto con due dita e posando le sue labbra su quelle dell'altro.
Rimasero così. Immobili.
E Stiles non ebbe più bisogno di nessuna conferma.
«Vorrei ritornare a letto con te, toglierti questo ridicolo pigiama e baciare ogni lembo di pelle», sussurrò all'orecchio del minore dopo che questi l'aveva intrappolato in un abbraccio stritola ossa.
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Don't leave me behind
Fiksi Penggemar«Che c'è?». «Stiamo litigando». «Lo so». «E ci stiamo abbracciando». «So anche questo». «E quindi che si fa?». «Si fa che se provi a lasciarmi ti strappo la gola. Con i miei denti». «Ehi! Quella è una mia frase». «Nostra, Der...