Capitolo 2

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Sono seduto sul tavolo della mia sala da pranzo.
Ho appena avuto una piccola discussione con Layla.
Mi sento in colpa, perché so che ha ragione e mi rifiuto di ammetterlo.
Dice che sono distante, che mi sente strano, e che questo va avanti da un pó troppo tempo per i suoi gusti.
Io continuo a dirle che sono solo stanco, o stressato, ma mi conosce meglio di quanto io non conosca me stesso. Non se l'é bevuta. Cosi prima di uscire di casa, si è voltata verso di me e mi ha detto "chiamalo"
Cazzo.

Lo sapevo, dal momento stesso in cui ho ricevuto quella telefonata, che sarebbe successo, sapevo che avrei dovuto rifiutare.
Solo che, non potevo, non volevo.
Amo Mickey, lo amo come quella parte di me stesso che mi rifiuto di riconoscere, lo amo perché forse ha avuto più palle di quante non ne abbia io.
Cosi ho accettato, per lui, per me, per tutti quei fan che mi hanno dimostrato amore incondizionato.
Per  Cam.

Ed è ecco il punto.
Il mio malumore ha un nome e si chiama Cameron.
Sbuffo e cerco di non piangere. Di non piangere pensando al bacio migliore della mia vita, di non piangere pesando a quanto io sia stato codardo, per non avergli detto niente, per essere semplicemente scappato, di non piangere pensando a layla, che merita il mondo, che è la migliore fidanzata che si possa desiderare.
Ma quando ci penso, è troppo tardi, sento il viso bagnato e so che sto piangendo.

La realizzazione mi colpisce, é arrivato il momento di smetterla di scappare dai miei sentimenti, dalle mie emozioni, ed affrontare le conseguenze che comporteranno.
Rido, al pensiero di quante similitudini riesco a trovare in questo momento con il mio personaggio, con Mickey.
Rido al pensiero che sia esattamente colpa sua, la mia attuale situazione é colpa di Mickey, decido, per quanto stupido possa sembrare, e pensare che quel provino non volevano nemmeno farmelo fare, ero arrivato in ritardo, e non volevano farmi entrare.
Ma ho insistito, sono sempre stato caparbio, una cazzo di testa dura, li ho convinti, e alla fine, contro ogni aspettativa, sono stato scelto.
Solo qualche mese più tardi avevo i capelli neri i tatuaggi sulle mani e quell'aria di chi si fa la doccia troppo poco spesso.

Poi all'improvviso, c'era Cameron, un ragazzino con i capelli rosso fuoco e le lentiggini, sono rimasto così piacevolmente stupito da quanto mi sentissi al mio agio lavorando con lui, siamo stati complici fin da subito, e con il passare del tempo la sua amicizia si è fatta strada nella mia vita, fino al punto in cui ho creduto di non poter più vivere senza.
Mi sono chiesto, a volte, se anche lui provasse lo stesso, se anche lui sentisse quella strana, nuova, bellissima connessione che provavo io.
Quella che tutto il mondo sembrava notare.
Ma non ho mai avuto il coraggio di chiedere, per paura di una risposta negativa, o per paura di una risposta positiva, in entrambi i casi, mi avrebbe schiacciato, lo sapevo, e ho preferito tacere, ho preferito continuare a dirmi che eravamo solo due persone con una bella chimica, che lavorano bene insieme.
Fino a quella sera.
Fino a quando mi ha confessato che gli piaccio, che gli piacevo, probabilmente a questo punto, e le nostre labbra si sono sfiorate, e le nostre lingue cercate e i nostri denti scontrati.
Quella sera, ogni emozione che avevo accuratamente sepolto per tutto quel tempo, ha invaso ogni parte del mio corpo, arrivando alla mente come un buldozzer che arriva e rade al suolo la casa in cui sei cresciuto, insieme a tutti i tuoi ricordi, lasciando solo un mucchio di macerie.
Così,  ho fatto l'unica cosa che credevo fosse giusta, sono scappato, perdendo lui e forse anche me stesso.

E adesso? Una parte di me vorrebbe correre da lui, per dirgli quanto sono dispiaciuto, per baciarlo ancora, ancora e ancora, per dirgli che l'ho sempre voluto, che mi manca, per chiedergli una seconda possibilità.
Invece me ne sto qui, immobile, impaurito. Come il giovane ragazzo che non credevo di poter essere ancora.

Sono intenzionato a mettere a posto la mia, improvvisamente incasinata vita.

Scavo il telefono dalla tasca dei miei jeans e digito un sms, non c'è bisogno di utilizzare troppe parole, è sempre stato semplice tra me e lui, in qualche modo, anche se, adesso come adesso, niente sembra facile.
Semplice come bere un bicchiere d'acqua, come buttarsi in mare quando vivi davanti la spiaggia, tutto è così naturale, come niente lo è mai stato nella mia vita.

So che a questo punto sarà stato informato, so che da qui a poco saremmo costretti a parlare, meglio strappare il cerotto.

"Cam..." Invio senza esitare

Passano tre minuti, i più lunghi della mia vita, e il telefono inizia a squillare.
Prendo un respiro profondo e rispondo.
La sua voce è morbida, come me la ricordavo, e vorrei piangere, perché lì, in quel preciso momento, sentendolo pronunciare il mio nome, ho capito di voler sentire quella voce, ogni giorno, per il resto della mia vita.

"Noel"

"Cam, devo richiamarti più tardi"

Layla era tornata a casa, e mi stava guardando con gli occhi lucidi di chi era consapevole di aver appena perso qualcuno di importante.

"Dobbiamo parlare"

Merita la verità.

OLTRE LA SCENADove le storie prendono vita. Scoprilo ora