Qualche giorno fa mi ha chiamato tua sorella. Era qualcosa come il venti di dicembre, tipo le nove del mattino. Non me lo ricordo onestamente, ero troppo sorpreso nel vedere il nome di tua sorella comparire sullo schermo del mio cellulare da far caso a che giorno o che ora fosse. Non la sentivo da mesi... certo, non che abbia mai avuto chissà quale rapporto con Sarah, c'è da ammetterlo. E ho risposto, mentre facevo a pezzetti una mezza mela per Luna, ma davvero non sapevo cosa aspettarmi. Perché ha incolpato me, quando tu te ne sei andata. Perché non si è affezionata a nostra figlia abbastanza da fingere di averti ancora qui. Perché ha dato la colpa anche a lei, all'inizio. Più di quanto non abbia fatto io. E perché Sarah è sempre stata imprevedibile, e troppo persa nel proprio piccolo mondo per accorgersi di quel che le accadeva intorno. Le voglio bene, è tua sorella, ma dobbiamo ammettere di non avere mai avuto chissà quale rapporto. Non più delle quattro chiacchiere a cena dai tuoi, almeno. Davvero non mi aspettavo una sua telefonata, né il sorriso di scuse che mi è sembrato di sentirle nascere addosso quando ci siamo parlati.Ma sembrava di buon umore, tutto sommato. Così mi è venuto spontaneamente da sorridere, quando mi ha chiesto se potesse venire a casa a trovare me e Luna. Luna, soprattutto. Sappiamo entrambi quanto io le sia totalmente indifferente. Le ho detto che io e la piccola saremmo andati al parco nel pomeriggio – perché nonostante il freddo ci siamo svegliati col sole, a lei il parco piace da morire, e io non ero proprio dell'umore per rimanere chiuso in casa tutto il giorno. E tua sorella, comunque, ha detto che ci saremmo visti lì. Credo abbia sorriso di nuovo tra sé, si sentiva. Ci siamo salutati, abbiamo chiuso la telefonata.
Niente di assurdo.
Forse solo un po' strano.
È sempre la stessa, in fin dei conti. Ha tagliato i capelli rossi come i tuoi, ora li porta a caschetto. E sta bene, le liberano il viso, le fanno sembrare gli occhi ancora più blu, anche se con le nuvole ad un certo punto sembravano grigi. Ha le stesse lentiggini di sempre. Gli stessi vestiti di sempre. Lo stesso modo di parlare che aveva quando io e te stavamo insieme. Ovvio, non che siano passati vent'anni e tutto abbia avuto il tempo di cambiare, di accendersi, spegnersi o morire a proprio piacimento. Fisicamente, è uguale all'ultima volta che l'ho vista. Quando però ha visto Luna si è irrigidita qualche istante... ha visto te. È stato come osservare qualcuno vedere un fantasma.
«Stai bene?», le ho chiesto lasciandomi prendere sotto braccio, mentre camminavamo dietro alla piccola nel parco giochi. A distanza ravvicinata. Più che camminare e correre Luna ancora si limita a barcollare, cadere sul sedere, tirarsi su e ricominciare. E Sarah ha annuito, passandosi la mano libera tra i capelli. Non era troppo convinta, e io non sono mai stato nessuno per insistere. «Sicura?», ho aggiunto comunque, a bassa voce. Leggero. Senza obbligarla a rispondere.
«E' solo che mi ricorda tantissimo lei... mia sorella intendo». Come se ci fosse bisogno di specificare a chi si stesse riferendo. «Comunque... dice mamma che te la cavi bene con lei», ha continuato, bravissima a cambiare argomento, riuscendo a tirar fuori una mezza risata. Un po' incredula, alle mie orecchie.
«E' così assurdo?». Mi veniva troppo da ridere, a quel punto. Per la situazione in generale, o forse solamente per i pensieri di tua sorella. Assurdo, più che altro, era come riuscissi a ridere serenamente con lei. quasi come ridere con te. Quasi però.
«Non assurdo, solo strano».
«Tu, sei strana».
Mi ha spinto, fingendosi offesa. Ed era tenerissima, con quell'espressione sul viso. Tanto tenera che mi ha fatto ridere. Forte. Ho riso, anche pensando come lei non fosse mai stata tanto spontanea con me, come non fossimo mai entrati in confidenza. Non tanto in confidenza da vederla farmi la linguaccia col naso arricciato e quel sorriso che ha lottato un po' prima di comparirle sulle labbra. Poi però abbiamo ripreso a parlare, e sembrava fin troppo normale per essere vero. Insomma, stiamo parlando di Sarah. E di uno che come me ci mette una vita a fidarsi delle persone.
Ma eravamo a nostro agio. È stato bello. Come è stato bello vederla mordersi il labbro, prima che mi chiedesse quel che voleva chiedermi da quando ci siamo sentiti questa mattina. Quello che avrebbe potuto benissimo chiedermi al telefono, se solo avesse voluto.
«Stavo pensando che magari potremmo fare qualcosa tutti insieme per Natale... con la tua famiglia intendo. Anche se, a pensarci bene è stupido, voi non avete il Natale no?». E si è coperta il viso con le mani, scuotendo la testa. Sentendosi più stupida di quanto non avrebbe dovuto. «Davvero, non mi devi rispondere, è una domanda cretina», ha continuato, prima che le prendessi una mano e la stringessi, lasciandole spontaneamente un bacio tra i capelli.
«Non è stupida come idea in realtà».
«Mh?».
«Tua nipote ama il Natale», le ho fatto notare, sorridendo, prima che Luna mi chiamasse a voce alta dalla base di uno degli scivoli per bambini. Lo scivolo più alto, il più grande di tutti, di un rosso poco più acceso del colore dei suoi capelli. «Possiamo fare la vigilia dai miei e Natale dai tuoi, tutti insieme», ho aggiunto dopo un attimo, iniziando ad allontanarmi da lei per andare da mia figlia, seppur continuando a guardarla negli occhi celesti. E quando ha annuito sorridendo, ho sorriso di riflesso.
E di nuovo mi è parso di rivedere te, mentre Sarah nascondeva il viso nella sciarpa di lana color panna. Ma non eri tu, il senso di deja-vu è durato solo un attimo, e questa volta non ci ho creduto.
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Luna [z.m. au]
FanfictionDi una bambina di nome Luna. E di quelle lettere trovate in soffitta, lettere che parlano di lei, una dopo l'altra. Di lei, e dell'amore infinito che suo padre provava per sua madre.