Scherzavamo sempre, ogni volta che vedevamo qualcuno usare la propria voce da bambino piccolo col figlio piccolo di qualcuno, o col proprio. Prendevamo sempre in giro mio fratello, che quando la piccola Eleanor ha compiuto un anno ci faceva queste lunghissime conversazioni fatte per lo più di versetti da bambino, in risposta a quelli della figlia che lallava, in attesa di imparare a parlare. Ridevamo quando li vedevamo "parlare" a modo loro, ed era come se si capissero davvero, come se avessero inventato un linguaggio tutto loro, che tra l'altro funzionava. Ora però i ruoli si sono invertiti, è Alex che scoppia a ridere quando mi vede comunicare con Luna... perché alla sua serie di versetti, corrisponde la mia, con la voce bassa e un po' acuta che la fa sempre ridere – soprattutto quando la faccio mangiare e il suo pranzo finisce ovunque, ma mi viene da ridere e ride anche lei, con gli occhioni scuri sgranati e il naso un po' arricciato, mentre continuiamo a parlare in quella lingua che è tutta nostra e che forse vista da fuori fa davvero ridere tanto.Luna ormai ha un anno, più lentiggini sul viso e i boccoli rossi che le incorniciano il viso paffuto. Ha anche le ciglia rosse, e al sole quasi spariscono da quanto sono chiare. Il nasino a patata le si arriccia quando ride, e ha questa risata che è una meraviglia per le orecchie ogni volta che la senti. Sorride e si illumina la stanza, e non so come faccia ma porta la gioia sul viso di chiunque la tenga in braccio – che è talmente tenera da non volerla lasciar andare.
È come te: porta la luce dove non c'è altro se non buio. Ha portato la luce nella mia vita rimasta al buio dopo che tu te ne sei andata... e ho smesso di dare la colpa a lei, o a te. Non è colpa di nessuno, in fondo. E anche fosse colpa di qualcuno non avrei la forza di incolpare nessuno, a questo punto.
Comunque, ora che può, tua figlia non la smette un attimo di "parlare". Ha riempito la casa di versi allegri e risate. Parla anche solo tra sé, giocando coi suoi animali di peluche – ed è la cosa più dolce che si possa chiedere di avere in casa. Non sta zitta un attimo, ed è positivo perché posso sentirla da ovunque mi trovi in casa, a patto di lasciare tutte le porte aperte. E anche se forse dovrei trovarla insopportabile quando torno a casa sfinito dal lavoro, la verità è che non ci riesco... la verità è che anche quando torno a casa stanchissimo e l'unica cosa che vorrei fare sarebbe mettermi a letto e dormire, basta una conversazione delle nostre e la stanchezza mi scivola di dosso. Mi rasserena. Mi fa sorridere, soprattutto quando inizia a sbadigliare perché ha tanto sonno per avermi aspettato sveglia – ché senza di me non riesce a dormire, a sentire chiunque me la tenga quando lavoro.
Stasera l'ha tenuta Chloe, e quando sono tornato a casa ed è corsa all'ingresso ha tirato un sospiro di sollievo pesante almeno quanto il mondo intero, non appena mi ha visto. L'ho vista stanchissima, erano le nove passate e aveva i capelli che le cadevano sul viso, mentre Luna si sentiva piangere dalla mia camera da letto. «Non vuole dormire, Zay... scusami, ma le ho provate tutte e...», ha iniziato, parlando a raffica e gesticolando anche più in fretta di quanto non stesse parlando. Velocissima. Preoccupata che mi sarei arrabbiato. Ma ho sorriso e basta, dandole un bacio sulla tempia.
«Le manca il suo papà, Chloe».
«Ed è stanca, ma non dorme... nemmeno fosse la prima bambina che cerco di addormentare», mi ha detto, ridacchiando stanca, alludendo ai suoi due figli – a casa con mio fratello.
Ma per quanto Chloe sia adorabile coi bambini e per quanto ci sappia fare, Luna è abituata in un certo modo. È abituata a stare in braccio a me, a parlare con me e alla sessione di solletico che le regalo quasi tutte le sere. È abituata a sbadigliare e stropicciarsi gli occhi non appena la metto a letto, come è abituata al bacio sulla fronte e alla carezza sulla testa. Dorme abbracciata al suo coniglio azzurro di peluche, con la copertina che le ha regalato mia madre per il suo primo compleanno e la luce accesa di fianco al fasciatoio, che nel buio assoluto non riesce a dormire. Piange. Ha paura dei mostri, anche se di mostri non ce n'è.
E dovevi vedere l'espressione di mia cognata, quando ho preso in braccio la piccola Luna e lei ha tirato un po' su col naso, prima di smettere di piangere e accoccolarsi nel mio collo. È bastato quello, per farmi sorridere forte, come per tutto il pomeriggio non ero riuscito a fare. Chloe mi ha guardato con le labbra schiuse, prima che Luna stringesse la presa su una ciocca dei miei capelli, facendola ridere. Ha scosso la testa e ha borbottato un saluto, continuando a sorridere per quanto bene me la stessi cavando, per quanto semplice fosse stato per me farla smettere di piangere. Praticamente senza fare nulla se non stringerla e respirarle tra i capelli rossicci.
«Ehi, piccolina... pronta per dormire, mh? È tardi, papà è stanco». Stanco morto, ho pensato tra me, trattenendo uno sbadiglio. Lei ha mugugnato qualcosa sul mio collo, stringendo di più la presa su di me, come non volesse lasciarmi andare. Come non volesse essere lasciata andare. Mi ha fatto sorridere anche di più, tanto che non sono riuscito a metterla nel lettino per farla dormire da sola, anche se è così che si dovrebbe fare.
Ha dormito con me, perché quanto lei non voleva essere lasciata andare, tanto io non sono riuscito a lasciarla. Non ci sono riuscito, a dormire da solo, senza il suo respiro sulla spalla e una delle sue manine a stringere sulla mia maglietta.
È diventata la mia buona abitudine, ormai. Proprio come lo eri tu.
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Luna [z.m. au]
Fiksi PenggemarDi una bambina di nome Luna. E di quelle lettere trovate in soffitta, lettere che parlano di lei, una dopo l'altra. Di lei, e dell'amore infinito che suo padre provava per sua madre.