Angel With A Shotgun ||MATES||

Capitolo 7

Quella mattina mi svegliai stranamente di buon umore ma appena guardai la sveglia la preoccupazione mi montò dentro.. Ero in ritardo! Come al solito la sveglia non aveva suonato e quella che ci rimetteva ovviamente ero io.

Uscì velocemente dalle calde coperte del mio adorato letto e misi le prime cose che avevo nell'armadio, l'abbinamento non era neanche tanto male. Corsi in cucina e trovai un biglietto di mio fratello che diceva "Scusa Fra, oggi sono andato al lavoro prima. Riunione. Ti passo a prendere a scuola più tardi. Ti voglio bene, Giuse". Prendo la prima merendina che trovo nella credenza e corro in camera mangiandola per fare lo zaino.

Stavo sistemando le ultime cose quando sento il clacson di un'auto strombazzare. Mi affaccio alla porta di casa e vedo Stefano che stava uscendo dalla sua auto e mi salutava. Ricambiai il saluto e corsi in camera per prendere la borsa. A quanto pare non sarei andata a piedi a scuola.

Lo raggiunsi e lui mi accolse con un enorme sorriso: - Cosa ci fai qui? - gli chiesi, visto che casa sua non era tanto vicina alla mia. - Immaginavo che ti saresti svegliata tardi e per non farti saltare la prima ora di lezione avevo pensato ti avrebbe fatto comodo un passaggio. - mi rispose con aria innocente. Sorrisi - Grazie per il pensiero, avevi immaginato giusto. - mi sorrise di rimando e aprendo la portiera dell'auto mi disse - Si accomodi. - ridacchiai e sali in macchina. appena accesi il telefono guardai l'ora.

Le 08.10. - Non avevi detto che volevi farmi arrivare in orario? - gli chiesi. Lui chiuse la portiera alle sue spalle e mi guardò con aria interrogativa. - Si, perché? -

- Bhe, credo che ci dovremmo muovere, mancano cinque minuti! - gli mostrai l'ora sulla macchina e lui impallidì. - Ok, tieniti forte. Dobbiamo raggiungere la scuola in meno di 5 minuti. - detto questo fece partire la macchina al massimo della velocità. Io mi attaccai al sedile, ero sicura che saremmo morti.

Arrivati a scuola salutai Stefano e corsi verso il mio armadietto. I corridoi erano ovviamente deserti essendo che la campanella era già suonata. Stavo mettendo la combinazione quando vedo una ragazza uscire dall'aula di fianco.

Aveva i capelli neri e il viso coperto con le mani. La riconobbi. Era Carlotta. Mi superò correndo, provai a chiamarla ma mi ignorò rifugiandosi in bagno.

Intanto sentì degli schiamazzi provenire dall'aula e il professore rimproverare un certo Cinquegrana. Le corsi dietro e quando entrai senti dei singhiozzi sommessi provenire da uno dei bagni. - Carlotta.. - provai a chiamarla ma ricevetti solo un 'Vattene' come risposta. - Cos'è successo? - le chiesi sperando si degnasse di uscire da quel bagno. - E' colpa sua, è sempre colpa sua! - singhiozzò. - Di chi? Colpa di chi? - provai a chiederle. - Salvatore! - mi disse. Non ci stavo capendo niente. - Carlotta, puoi venire fuori e raccontarmi cosa è successo? Per favore. - chiesi calma.

A quel punto, dopo qualche secondo, la porta del bagno si aprì rivelando lei che si stava asciugando gli occhi con la carta igienica. - Scusami, è solo che non ce la faccio più! - mi disse appoggiandosi al lavandino di fronte. Mi avvicinai a lei mettendole una mano sulla schiena. - Tu sei mia amica. - mi disse anche se non avevo capito se lo intendesse più come una domanda o un'affermazione. - Io mi fido di te, perciò voglio raccontarti tutto. - affermò girandosi verso di me. Le sorrisi e subito mi venne in mente un'idea. - Perché non ce ne andiamo di qua e mi racconti tutto? - lei si preoccupò di questa mia idea. - I miei mi ucciderebbero. - mi rispose ma io difesi la mia idea. - E se non lo scoprissero? Anche mio fratello mi ucciderebbe. - a questa affermazione mi sembrò più convinta. - Dai, asciugati le lacrime e usciamo da questo inferno. - le dissi sorridendo. Mi assecondò e, senza farci vedere da nessuno, uscimmo dall'edificio ridendo.

Angolo Autrice

So che è un po' corto rispetto agli altri ma ho auto dei problemi di tempo. Domani farò uscire l'ottavo capitolo, promesso.

A domani, Fra.