III - Scrivere il futuro

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Si era già fatto buio quando la marmaglia di gente che era sciamata come delle api sul miele all'Istituto di New York incominciò a diradarsi.

Fuori da una delle alte finestre, Isabelle riusciva a scorgere il familiare skyline di Manhattan: era cresciuta con il naso rivolto verso l'alto, verso i grattacieli, tanto quanto alcuni degli altri Nephilim avevano alzato lo sguardo solo per tentare di vedere la cima di una statua di Raziel. 
Lei, alla fine, sull'Empire State Building c'era stata, ma loro non avevano certo avuto il privilegio di un posto in prima fila sul capo dell'Angelo. 
E quelli che l'avevano visto, erano stati arsi vivi o spazzati via. 


Che caritatevole.


— Ian — chiamò, ben sapendo che nella biblioteca c'erano solo loro due: — Lo so che non volevi presenziare, ma devi andare ad avvertire Magnus di quello che è successo. Probabilmente chiederanno anche il suo consiglio, considerando che è accaduto tanto vicino. — spiegò, porgendogli alcuni dei fogli che un rappresentante del Consiglio le aveva lasciato.


Erano solo stupidi protocolli di emergenza - e con tutte quelle che c'erano state ormai le conosceva a memoria -, ma era tenuta a distribuirli, e considerando quanto agitate erano le acque tra la Grande Mela ed Alicante forse era meglio non provocarli più del necessario. 


— Ci andrei io, ma devo finire di compilare questi. Dopo quello che è successo con Jocelyn... — Non terminò la frase, limitandosi a passarsi le mani fra i lunghi capelli lisci. 
Non c'era un vero e proprio collegamento tra i fatti, se non un labile ponte logico, ma dal momento che la madre di Clary era formalmente il capo dell'Istituto e la supervisione di tutte le attività era una sua responsabilità, anche la sparizione del piccolo Octavian Blackthorn rientrava nella sua lista di colpe. 
E tutti sapevano che Idris aspettava soltanto un loro passo falso per privarli di qualsivoglia potere decisionale. Nel migliore dei casi, avrebbero soltanto tolto a Jocelyn la sua carica. Nel peggiore, avrebbero anche mandato un sostituto da una delle altre sedi, al posto di permettere a chiunque raggiungesse specifici requisiti di fare richiesta per il posto.

— Non ti preoccupare, vado e torno in un lampo. L'ultima cosa che voglio è trattenermi. — borbottò l'ibrido, uscendo in fretta dalla stanza.

La pesante porta a due battenti si richiuse con un tonfo sordo alle sue spalle, più silenziosamente di quanto la Shadowhunter si aspettasse. Quando l'avevano riparata?

Passò la successiva mezzora a rigirarsi la stilografica fra le mani, in silenzio, e più che cercare di dare un senso al delirio nella sua testa tentava di dimenticarlo, ma senza grandi risultati.

C'era un chiodo fisso metaforicamente piantato nel suo cranio, e per quanto era grande trovava difficile ignorarlo. 
Come poteva? Doveva prendere una decisione, e doveva farlo il più presto possibile. 
Lasciò cadere la penna, che rotolò fino ad andare a sbattere contro una tazza sbeccata ricolma di matite e pastelli, molti dei quali senza punta, segno dell'uso di Ian.


Esitante, si portò una mano alla pancia, cercando di realizzare il fatto che sì, c'erano davvero altre due vite lì dentro. Due vite che, al momento, dipendevano unicamente da lei.

Aveva già esaminato troppe volte, sin da quel mattino, tutte le sue paure più recondite, ed erano sempre le stesse: il passato da cui ancora non si sentiva pronta a distaccarsi, l'aver fatto il passo più lungo della gamba, l'incapacità di assumersi una tale responsabilità, il dimostrarsi essere esattamente come i suoi genitori.

Come poteva pretendere di essere una buona madre, se la sua a stento l'aveva vista per qualche mese all'anno, impegnata com'era con i suoi impegni lavorativi, e quando finalmente si erano riunite... le cose non erano finite tanto bene. 
Non sapeva nemmeno da che parte cominciare, che diavolo! 
Cosa ci si poteva aspettare da una che si era dimenticata un dannatissimo preservativo?! 


Shadowhunters - City of LiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora