Round 3 - La bottega del calzolaio

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Il sole splendeva impietoso, quella mattina di Maggio, accecando gli occhi del povero Angelo.
La suola delle scarpe era dura e scomoda, poiché sebbene fabbricare e riparare calzature fosse il suo mestiere, non poteva permettersi di farlo per sé.

- Nicola, ma tu hai visto quanto s'è fatta bella la piccola Michela? - chiese Angelo al fratello, mentre camminavano diretti alla bottega dove lavoravano come apprendisti calzolai.
- Eccome se l'ho vista! In quanto a bellezza, è seconda solo alla mia Rita! - rispose Nicola battendosi una mano sul petto per enfatizzare le sue parole.

- Sarà come dici tu... Ma per me, Michela è molto più bella - ribatté Angelo.
- Angiolè, ma non è che te stai a innamorà? - chiese Nicola ammiccante, dando un'amichevole gomitata al fratello.
- Io? Innamorarmi di lei? Ma se è ancora una bambina... - rispose Angelo, liquidando il tutto con un gesto infastidito della mano, come se stesse scacciando via un fastidioso insetto.
Il resto del viaggio proseguì in silenzio.

Mentre camminavano, Angelo non poté fare a meno di pensare a come ultimamente le cose stessero cambiando ad una velocità esponenziale. La bambina che giocava con lui a mosca cieca o con le biglie, o ancora, usando i tappi di sughero di vecchie bottiglie per farci barchette da far galleggiare sul fiume, era improvvisamente diventata una giovane e bellissima donna.

Fra loro correvano ben sei anni di differenza e Angelo, dall'alto dei suoi ventitré anni, poteva benissimo dire che la "piccola Michelina", l'angelo del focolare domestico, la bambina che si assumeva sempre anche le responsabilità della sorellina minore, quella piccolina... Era finalmente sbocciata, come la più bella delle rose in un prato di margherite.

Quelle gote rosse, quella pelle candida che il lavoro nei campi non era riuscito a scurire, quel sorriso perfetto e immacolato, quelle mani rese ruvide fin dalla più tenera età a furia di lavare i panni nelle gelide acque del fiume ma capaci di donare una carezza tenera come poche...

Forse era stata proprio la differenza d'età ad impedire che passassero insieme più tempo. A tredici anni, infatti, Angelo era stato spedito a lavorare ed era stato costretto a mettere da parte i giochi. Pochi anni dopo, era riuscito a farsi assumere come apprendista da "mastro Giovanni", come era amichevolmente chiamato il calzolaio di paese, nonché zio di Michela. Questo aveva fatto sì che, seppur sporadicamente, i due continuassero a vedersi.

Come al solito, la bottega del mastro era impregnata dell'odore di cuoio con il quale venivano confezionate le calzature. Oltre ai due fratelli, erano presenti un altro paio di ragazzi. La bottega si trovava al primo piano di un edificio che ospitava più famiglie, uno dei pochi in paese.

Angelo e Nicola non persero tempo: se c'era qualcosa che avevano imparato fin da piccoli era che più tempo veniva tolto al lavoro più la fetta di pane a pranzo diventava sottile.

Dopo alcune ore in cui Angelo si era occupato della scarnitura di varie tomaie, si iniziava ad avvertire la fame. Con molta gentilezza, mastro Giovanni offriva sempre il pasto ai suoi apprendisti se il lavoro si protraeva più del solito. D'altronde, era uno dei pochi a poterselo permettere.

I ragazzi erano consapevoli di essere stati baciati dalla fortuna nel trovare un datore di lavoro come il signor Giovanni, considerando la fine che avevano fatto i loro compagni. Nella migliore delle ipotesi, avevano finito con il lavorare da mattina a sera nel campo o nella vigna di qualche proprietario terriero per una paga a dir poco misera.

Una volta che si furono tutti seduti a tavola, Severina, la sorella tredicenne di Michela, iniziò a portare i piatti in tavola. Eh sì, perché per risparmiare sulle varie spese, le due famiglie avevano deciso di convivere e Michela viveva ormai da tempo a casa dello zio.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 14, 2017 ⏰

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