capitolo 1

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è l'ennesimo minuto,dell'ennesima mattina, dell' ennesima giornata, dell'ennesimo venerdì.

Mia madre che mi chiama a squarciagola quasi si volesse far sentire da tutto il quartiere, mio padre che non era presente nemmeno quell'ennesima mattina, lasciando sola la povera di mia madre con tre piccole pesti in casa. Ma dopotutto mio padre era fatto così; partiva per posti sconosciuti quasi tutte le settimane, e mia madre doveva accudire queste tre piccole pesti quando lui non c'era. Per non parlare della più grande, che era saggia, bella e prendeva ottimi voti a scuola, gli piacevano i jeans strappati, le felpe larghe, i maglioni a pipistrello, gli stivali blu, neri, color crema, e converse di tutti tipi e colori. A questa peste piacciono anche i dolci, in particolare le torte...Avete presenti quelle alte, di circa cinque piani, come quelle matrimoniali o da "evento speciale"? Bene, a lei oltre che mangiarle, le piaceva anche buttarcisi addosso e riempire i suoi vestiti di quella deliziosa, squisita, ottima miscela di ingredienti con assai zucchero, pasta di mandorle e cioccolato.

Una volta quando aveva cinque anni al matrimonio di una sua zia, era attratta dall' aspetto invitante delle due statuine degli sposi, fatte interamente di pasta di mandorle, poste al vertice della torta. Decise quindi di utilizzare uno dei seggiolini dei bambini, per salire sul tavolo, e finire per scivolare su quello che era un tovagliolo di stoffa, cadendo sulla torta e riempiendosi la faccia di nutella, panna e quello che ne restava delle due povere statuine. La festa si concluse con mia zia in ospedale a causa di mancanza respiratoria, e mia madre che presa dall' euforia incominciò a gridare dicendomi che avrei mangiato i resti di quella misera torta ,fino  a quando non l'avessi finita tutta. Tutti gli altri invitati si limitarono a prendere le bomboniere e andarsene senza proferire alcuna parola. Quel giorno fu davvero spettacolare, (almeno per me).

Tornando a noi, questa peste aveva capelli castani e lucenti, lunghi e ondulati, con un ciuffo più corto che le copriva quasi interamente il viso, due occhi smeraldo con delle ciglia lunghe e folte, una bocca carnosa, rossa come il sangue, e dei nei sulla guancia sinistra che ricordavano quasi una carta geografica di chissà quale paese. L' unica cosa di cui si poteva lamentare erano dei piccoli brufoli che le uscivano ogni tanto. E lei odiava letteralmente i brufoli. Non riusciva a sopportarli. Erano così fastidiosi, come se fossero delle chiazze di colore nero su un arcobaleno, rovinando quello che era un capolavoro. Ogni mattina impiegava più di dieci minuti davanti allo specchio, a complimentarsi con se stessa della sua bellezza. Se non si fosse capito, la grande peste sarei io: sono Clare Gold, una qualunque dodicenne residente nell'antica Roma. Frequento la scuola secondaria di primo grado dell' istituto Ragantis. Ho una classe di svitati, ma è qui dove ho conosciuto la mia migliore amica: si chiama Dafne, ed è una delle più secchione della classe, (oltre me). Ci siamo conosciute in prima media, ma è da poco che abbiamo capito di essere indispensabili l'una per l'altra. Quest'anno speriamo entrambe di riuscire a superare gli esami senza problemi. Io ho molte distrazioni: la musica, i libri, gli amici, lo shopping , una cosa è imperdonabile: ho la fissa per un giovane cantante italiano:si chiama Friedich Coke. Il fatto è che ha quella voce così speciale, quel suo modo di fare, e quel suo carattere; per non parlare dei suoi occhi color cielo, indescrivibili, e quel ciuffo biondo ribelle che al vento sembra la chioma di un cavallo. Ha un sorriso così bianco, ma il suo stesso modo di sorridere è particolare: prima di mostrare a tutto il mondo i suoi brillantissimi denti , manda la bocca tutta da un lato, si lecca le labbra ,le socchiude, si fa apparire la fossetta, e sorride. Era qualcosa di magico e indescrivibile, guardare una sua foto anche attraverso lo schermo. Ma non voglio dilungarmi troppo. Come tutte le solite mattine, mi stavo soffermando su un argomento che non mi compete affatto: l'amore. Io che ho sempre creduto nella solitudine, nella totale autonomia e senza mai avere il bisogno di qualcuno, mi metto a pensare a cose del genere? No, non era né pensabile né accettabile da una come me. Io amavo distinguermi dagli altri; vivevo in un mondo tutto mio, dove c'era solo Friedich, le sue canzoni, i suoi discorsi, i suoi sorrisi, ma non mi mettevo a pensare al fatto che un giorno lo avrei abbracciato, ci avrei fatto l'amore, oppure che lo avessi mai conosciuto. Sapevo benissimo che tutto ciò non sarebbe mai potuto accadere , e che sarebbe stato per sempre solo frutto della mia immaginazione. L'orologio segnava le 07:45, ed io dovevo essere a scuola esattamente fra un quarto d'ora. Mi vestì con dei jeans blu, una camicia di Jeans, un giacchetto di jeans , e degli stivali neri. Mi raccolsi i capelli in una coda, che mi sollevava di qualche centimetro i capelli dal collo evitando di farmi sudare durante il giorno, mi lavai i denti mi sciacquai la faccia e fui subito pronta. Quella mattina sarei andata a scuola accompagnata da mia madre, cosa che mi faceva turbare non poco. Mi dava fastidio che i miei compagni pensassero che io non fossi in grado di badare a me stessa, o di non essere indipendente. Anche Dafne lo diceva: "è una cosa da sfigati venire in macchina, con i tuoi, a scuola. Te ne rendi conto o no?", e non potevo darle torto dopotutto. "Clare chiama l'ascensore!" ultime parole famose. Come al solito mia madre si era ridotta all'ultimo momento e stava facendo mille cose insieme: cucinava, si vestiva, si truccava, e si metteva le scarpe. Ammiravo mia madre, quasi da invidiarla per quanto era bella: capelli biondi e corti, lisci come l'olio, due occhi neri, fronte larga, mento squadrato, fisico perfetto e un lavoro gradificante. Faceva la manager mia madre. Già ,beata lei.

Non è una storia come tutte le altre.(wattys2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora