Who is the winner?

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Avevo appena finito di scrivere la lettera, la riguardavo più e più volte, così da vedere se andasse bene, se magari sarei riuscita nel mio intento: quello di non far preoccupare chi mi vuole bene.
Certo, una lettere d'addio sicuramente avrebbe suscitato la preoccupazione in ogni caso, ma volevo che fosse "piacevole" scorrere queste righe.
La presi e andai in cucina.
I miei genitori non erano in casa, perciò avevo un' occasione d'oro per riuscire finalmente a scappare, non me la sarei lasciata sfuggire.
Poggiai il foglio sul tavolo e riflettei.
Sentivo che mancasse qualcosa a quella lettera così tragica.
Mi sedetti su una delle sedie che c'erano intorno al tavolo, presi ancora la mia penna nera e aprì il foglio che mi si mostrava davanti.
Nessuno avrebbe pensato contenesse tutti i miei pensieri più profondi, i miei desideri, ciò che volevo raggiungere.
Insomma, all'apparenza sembrava un normalissimo pezzo di carta, bianco ed immacolato, con qualche tema scolastico scritto sopra.
Eppure non era così.
Lessi ancora le ultime righe:
"Vi voglio bene. Chiara"
E andai a capo.
Riflettei sull'ultima frase da aggiungere, una che avrebbe fatto capire come mi consideravo io stessa, ma senza dirlo direttamente.
Stetti a guardare quel foglio per almeno mezz'ora, come se aspettassi un miracolo che volasse e si bruciasse da solo, incendiando anche i ricordi di quest'ultimo periodo bruttissimo.
Ma era la vita reale. Non ci sarebbero potute essere magie in grado di cancellare ogni traccia dello schifo che ho dovuto fuggire.
Nessuno sarebbe riuscito a farmelo dimenticare, a levarmi dalla testa lui e il suo gruppo di bulli.
E mi dispiace di questo, perché se non fosse per loro, a quest'ora avrei una voglio di vivere pari alla felicità di un bambino quando gli comprano un leccalecca.
Alzai lo sguardo e lo riposi sull'orologio appeso sul muro, accanto alle mensole, dove c'erano molte foto, che rappresentavano me e la mia famiglia, i miei ricordi più felici dell'infanzia.
Scoccò la lancetta.
Erano le 17 in punto.
Riabbassai lo sguardo, mi era venuta l'ispirazione.
Impugnai la penna saldamente, ero preoccupata, tra poco i miei sarebbero tornati ed io ancora non avevo fatto nulla.
Sudai freddo, delle gocce di sudore caddero sul mio foglio, ma io non gli diedi molto peso.
Dovevo solo scrivere.
"Scusatemi se sono così, dispiace anche a me."
Perfetto, finalmente la lettera era finita.
Richiusi il foglio, era giunta la mia ora, l'ora in cui avrei ritrovato la libertà.
Appoggiai la penna sul tavolo ed uscii dalla cucina.
Presi un giubbotto di jeans, il mio preferito e varcai la soglia della porta d'ingresso.
Mancavano solo tre rampe di scale e sarei riuscita a realizzare il mio sogno.
Senza accorgermene, le salii molto velocemente, perché in un batter d'occhio ero già arrivata all'ultima porta dell'albergo, quella che desideravo tanto vedere.
La aprii di scatto e la richiusi alle mia spalle.
Mi sentivo pronta, sicura di me, l'adrenalina aveva preso possesso del mio corpo e non dava l'idea di volermi lasciare andare.
Molto lentamente, azzerai la distanza che c'era tra me e il davanzale del tetto.
Mi sedetti lì, lasciando le gambe a penzoloni.
Mi misi a pensare a tutto ciò che mi era accaduto, a dove ero riuscita ad arrivare, al motivo per cui ho smesso di combattere.
"Nata principessa
Cresciuta guerriera
Un angelo bianco
Con l'anima nera"

Questa frase mi tormentava da giorni, ormai e, se per gli altri poteva essere una proposizione qualunque, per me aveva un significato particolare.
Mi rappresentava, tutto qui.
Io ero nata con tanta voglia di vivere, di gioire, venivo considerata come una principessa, avevo una corona.
Tutti mi aiutavano sempre, mi facevano ridere, mi stavano accanto, facevano qualsiasi cosa per me e per la mia felicità.
Era il periodo della mia infanzia. Era tutto così perfetto.
Poi si ebbe un cambiamento.
Nessuno mi stava vicino come prima, nessuno mi considerava, nessuno mi capiva, nessuno si sforzava di vedermi dentro gli occhi attentamente e accorgersi di cosa avessi.
Mi abbandonarono tutti e per me fu un devasto.
Solo le mie due migliori amiche restarono, ma neanche loro davano l'idea di comprendermi e ciò mi uccideva.
"Mi rialzeró da sola, ce la faró" -dicevo al tempo.
E fu così che divenni una guerriera.
Presi le armi, l'armatura, gli scudi e li usai contro chiunque.
Si, ci stavo davvero riuscendo, ce la facevo a combattere.
Molto spesso cadevo, è vero.
Ma ero ancora una guerriera alle prime armi che stava imparando, capendo come si viveva.
Perché la vita, dopo un po', si trasforma in una battaglia, dove o si vince o si perde, o c'è un vincitore o un vinto.
Ed io stavo vincendo.
Ero diventata un "angelo bianco" perché ce la facevo da sola, ero felice anche senza nessuno, mi dava l'idea di poter spiccare il volo da un momento all'altro.
Potevo essere felice rialzandomi da sola, lo capii subito.
Stavo riuscendo a dimenticare tutti coloro che mi avevamo abbandonato.
Stavo molto meglio.
Poi arrivó lui, con il suo gruppo di bulli.
Mi rigettarono nel burrone da cui ero appena riuscita a risorgere, a scappare.
Mi aiutarono a ritrovare una persona che ero riuscita ad abbandonare, il mio demone, "l'anima nera".
Per me il demone è solo una figura retorica, non credo esista davvero.
Solo che mi ha spinto a diventare autolesionista, a crollare per ogni cosa, ad arrabbiarmi con tutti, anche se non mi avevano fatto nulla.
Mi aveva portato a diventare apatica, a distruggermi da sola.
E più passavano i giorni, più morivo dentro di me e nessuno se ne accorgeva.
Potevo anche piangere davanti ai miei genitori, nemmeno loro se ne sarebbero resi conto.
Il demone stava vincendo su di me, si stava impossessando del mio corpo, mi stava comandando a bacchetta.
Ed io, come una stupida, avevo gettato le armi, senza più voglia di combattere. Ne ero stufa.
Ed ora eccomi qui, a confermare la vittoria di questa creatura.
Sono appesa al filo del rasoio.
Da un lato ho la vita, dall'altro la morte, da un lato mi chiedo "Vuoi davvero lasciarlo vincere così, a tavolino?", mentre dall"altro mi dico "Sarò felice, finalmente guarirò"
Avevo solo queste opzioni,
chi ascoltare?
Il demone che dominó me stessa o quel poco che mi era rimasto del mio angelo?
Abbassai lo sguardo e restai a riflettere per un po', in silenzio.

Spazio scrittrice
Okay, avevo bisogno di scrivere.
Quale sarà la scelta di Chiara?
Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Zaooo.

Take my hand ||Lorenzo Ostuni/FavijDove le storie prendono vita. Scoprilo ora