Help me

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CHIARA' S POW
Ero spaventata, i suoi occhi non trasmettevano altro che odio, erano scuri, vuoti, nessuno sarebbe riuscito a guardarci dentro per molto, erano iridi capaci di uccidere con il solo contatto, un demone all'interno che vagava nelle zone più buie, arrabbiato, con la voglia di essere scatenato all'esterno contro di lei, come un uragano nei pressi delle spiagge.
Provai a guardare quel mostro, non ci riuscivo. Eravamo in un luogo dove nessuno poteva vederci, non potevo chiedere aiuto, non ci riuscivo, le parole mi restavano bloccate in gola ed io non ce la facevo proprio a tirarle fuori.
Avete presente quegli incubi in cui tu sei prigioniera, legata a qualcosa che non riesci a vedere, immersa nel buio più profondo come se ti trovassi in una voragine, nulla né dietro, né davanti al tuo corpo debole, riempito di lividi e ferite. Nessun rumore a farti compagnia, solo un silenzio assordante.
Ad un tratto accade l'impensabile.
Qualcuno spunta dall'oscurità, come se ne fosse il figlio.
In alcuni incubi lui tiene un'arma, una motosega, una pistola, una corda da metterti al collo, in altri nulla, solo le sue mani.
Nel suo incubo c'è ben altro: una lametta.
L'uomo si avvicina a lei, la ragazza si divincola, cercando di liberarsi, le speranze sono poche, le certezze vane.
Il signore inizia a torturarla, il sangue esce da ogni parte del suo corpo, macchiandole i vestiti.
La ragazza piange, le sue lacrime cadono su quel liquido rossastro, rendendolo ancora più fluido.
Le sue guance vengono rigate dalle gocce d'acqua. Sembra una di quelle gare che guardava da bambina, quelle che avvenivano sui vetri della macchina durante i giorni di pioggia. Tifava per una goccia e credeva nella sua vittoria fino in fondo.
Solo che qui la competizione avviene sul suo viso, ormai arrossato, e la sconfitta è ciò che la ragazza avrebbe visto a breve.
I suoi occhi sono appannati, non riesce più a distinguere la figura di quell'uomo, la sua statura, il colore dei suoi capelli, il suo viso, il ghigno che resta ad ornarglielo.
Tenta di urlare, dalla sua bocca spunta solo un sospiro.
È bloccata.
Qualcuno di ancora più grande vuole che lei non riesca a gridare, a chiedere aiuto.
Le sue iridi iniziano a cedere, le serra.
Dopo non vede altro che il nero e percepisce solo il ghiaccio che inizia ad avvolgere lentamente il suo cuore, costringendolo alla morte meno dolorosa, ma alla più spietata, perché sa di star per morire e deve anche attendere il suo tragico destino.
Ritornò alla realtà.
Lasciami, ti prego. -disse con una voce spezzata, ma il ragazzo non ne voleva a sapere.
Con tutta la forza che aveva, le tirò un pugno e la lasciò lì, svenuta.
Lorenzo se ne andò, con la testa bassa e le mani in tasca, si era appena pentito di ciò che aveva fatto, non era stata colpa sua, ma del suo demone.
Chiara venne portata in ospedale, il ragazzo pensò di chiamare l'ambulanza prima di avviarsi verso altre mete.
LORENZO' S POW
Mi avviai a passo svelto verso casa mia.
Volevo chiarire con lei, perché decisi di peggiorare ulteriormente la sua vita?
Quel pugno era stato il colpo di grazia, le uscì molto sangue dal naso.
Scossi la testa e m'impressionai.
Sono davvero il mostro che ho dentro?
Un senso di paura mi balzò all'interno, feci qualche passo indietro rispetto alla mia vittima e poggia la schiena contro il muro opposto.
Ero preoccupato, chiamai l'ambulanza.
Non avevo il coraggio di affrontare i problemi, né di restare lì ad aspettare.
Ero troppo codardo per accettare il fatto che meritassi una punizione da parte sua.
Diedi le precise indicazioni a chi mi rispose al telefono, era la voce di una donna e sembrava molto annoiata.
Plausibile, era quasi ora di cena.
Guardai la figura di Chiara per un po' di tempo. Mi avvicinai a lei e le scostai i capelli dal viso, ormai ricoperto completamente di sangue.
Le baciai la guancia.
Scusami se sono così, dispiace anche a me. -sussurrai vicino al suo viso.
Dopodiché, voltai le spalle e iniziai a camminare.
Il mostro cresceva potente dentro di me, non mi permetteva più di fermarmi, prendeva il possesso del mio corpo quando meno me l'aspettavo e nei momenti meno opportuni, creando caos e disperazione a chi mi circondava.
Accellerai il passo.
Stai scappando da qualcosa che non vuoi o da qualcosa che hai paura di volere?
Credo la prima. -mi dissi tra me e me.
Non riesco proprio a crescere, non faccio altro che scappare, lasciando le responsabilità dei miei casini a qualcun'altro. -sussurrai. Ero sempre stato al corrente di ciò, non volevo mettermi nei guai, doveva sempre andare tutto liscio nella mia vita, non cambierà la situazione per una ragazza di cui so a malapena il nome.
Si, non ero mai stato il tipico ragazzo dolce, gentile e simpatico, o meglio, questo era il carattere che mi tenevo stretto durante la mia infanzia, tutti mi lodavano, dicevano che ero l'unico a comportarmi da perfetto gentiluomo, ed effettivamente era vero.
I miei compagni maschi non facevano altro che rispondere in maniera sgarbata ai maestri, mentre io me ne stavo in disparte, la mia timidezza e la voglia di non diventare come loro vinceva sempre.
Cosa mi successe alle medie per farmi cambiare così tanto?
La risposta è più semplice di quanto pensiate.
Le voci.
Quelle che mi tormentavano nella testa e mi aiutavano ad aprire gli occhi su me stesso, sul mio carattere, su qualsiasi cosa.
Dicevano di comportarsi come gli occhi, erano gli specchi dell'anima, quindi le voci sostenevano di leggermi l'anima, ma non solo, di riuscire a vedere quella di tutti, i loro pensieri, le loro voglie, i loro sogni, i loro incubi più nascosti.
Mi fidai di loro, mi bastava questo per farlo. Ero curioso di sapere cosa la gente pensasse di me, ero sempre stato il più educato della classe e ne andavo fiero, pensavo che i miei compagni da un lato mi ammirassero, ma evidentemente mi sbagliavo.
Quelle maledette voci mentivano spudoratamente, ma me ne accorsi quando ormai il loro volere era iniziato, quando ormai non era più possibile tornare al passato, quando l' oscurità avvolse la luce, quando il male riuscì per la prima volta a battere il bene, quando la tristezza amalgamò la felicità, quando il nero dipinse il bianco.

Spazio scrittrice.
SONO VIVA SIGNORI.
Quando avrò ispirazione continuerò la storia "Everything Can Change", è quella in cui non scrivo da più tempo, quindi ho intenzione di fare un nuovo capitolo.
Intanto godetevi questo di "Take my hand"
E nulla, mi spammo la pagina Instagram perché sono una brava persona (😂😂😂).
Favijsmyth, seguitemi se volete.😉❤
Zatutti.❤

Take my hand ||Lorenzo Ostuni/FavijDove le storie prendono vita. Scoprilo ora