Am I an assassin?

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E si rinchiuse in camera sua, scivolando a terra dietro la porta.
Le voci continuavano a prenderlo in giro per l'accaduto, sentì sua madre dall'altro lato criticarlo per il suo comportamento, sebbene non fosse sua la colpa.
La donna era al telefono, parlava con una persona sconosciuta al ragazzo, le parole che rimbombavano nella sua testa erano: "Magari hai reso pazza anche lei, non negarlo, sei folle di natura. Forse sta parlando con la sua ombra.
Ma che male c'è a confrontarsi con i lati più scuri di noi stessi?" -una risata nella sua mente interruppe il monologo.
Lorenzo posò lo sguardo a terra, si rannicchiò sulle ginocchia e scoppiò a piangere, cosa mai fatta.
Ormai ciò che era suo amico gli andava contro, il suo sfogarsi ferendo le altre persone non bastava a calmarlo.
La vista di Chiara a terra non lo nutriva abbastanza.
Desiderava sangue.
Il ragazzo prese uno specchietto dal comodino accanto a sé, si guardò il viso: era arrossato e i suoi occhi emanavano un senso di stanchezza e malinconia.
Li chiuse, li odiava.
Una strana luce colpì il vetro di fronte a sé, Lorenzo la percepì e mostrò le iridi di scatto.
Si osservò attentamente alla luce di quel bagliore verdastro.
Rosso.
Aveva di un rosso tendente perfettamente a ciò che il demone desiderava.
Le pupille si erano ristrette in due fessure.
Attenzione a non caderci dentro, il tuo angelo è così debole da esserne capace, fidati. -avvisarono le voci, in modo divertito.
Il ragazzo scosse la testa, la stanza era ancora illuminata solo di verde, ma le sue iridi erano ritornate ad essere normali.
Si alzò da terra improvvisamente ed uscì dalla camera.
Cercava sua madre.
Vuoi ucciderla mica? Il suo sacrificio verrà apprezzato, i suoi organi donati ai bisognosi, tu non hai più bisogno di una madre, non ti ha mai capito. Stai bene da solo, mio piccolo piccolo apprendista, te lo sei sempre ripetuto. -rise il demone stesso, la cui ombra uscì da dietro la schiena del ragazzo; guardava attentamente la sua vittima, stava parlando al telefono, girata di spalle, ignara di tutto.
Lorenzo si sentiva tra il regno dei viventi e quello dei non viventi.
Aveva un cervello che apparteneva al mostro perché non riusciva a controllarlo e un corpo appartenente alla terra, a cui ordinava i movimenti.
Ma l'encefalo era superiore.
Lo fece arrivare dietro la schiena della donna; il ragazzo fu costretto ad estrarre la lametta e si avventò sul collo di colei che gli aveva dato la vita.
Si tenne i polsi per cercare di recuperare il suo autocontrollo, tornò indietro, andò a sbattere contro un tavolino e ruppe il vaso che vi era sopra in mille pezzi.
Il rumore non riuscì a svegliarlo da quello stato di trance, colpì la libreria, cercò di mordere la mano che teneva l'arma impugnata, cadde a terra e strisciò indietro, come se qualcuno lo stesse aggredendo e lui fosse troppo ferito per riuscire ad alzarsi.
Aiuto! -gridò, non ce la stava più facendo.
La madre si avvicinò, preoccupata, aveva chiamato uno psicologo e perfino il prete della città, per liberarlo dal demonio.
Finalmente l'avevano capito.
Lorenzo continuava a tenersi distante dalla donna, la quale lo seguiva, cercando di tranquillizzarlo.
La polizia aveva sentito le urla e buttò giù la porta proprio in quel momento.
Fece in tempo a vedere la lametta conficcarsi nel ginocchio della poverella, e lei cadere a terra, gemendo dal dolore, mentre il sangue scendeva da quella ferita aperta, simile ad una cascata; la creatura maligna sorrise compiaciuta.
Gli agenti presero il ragazzo per le braccia e gli sequestrarono l'arma, lo psicologo entrò in casa di corsa, all'apparenza sciupato per la troppa preoccupazione e vide negli occhi di Lorenzo un barlume di follia immensa.
Si spaventò lui stesso, nessuno aveva mai raggiunto livelli così esageratamente alti.
I poliziotti gli affidarono il compito di rieducarlo, era ancora troppo giovane per essere arrestato.
Chiamarono un'ambulanza per la donna a terra e attesero lì fino all'arrivo dei soccorsi.
Non appena i medici e gli infermieri entrarono in quella casa, diedero al ragazzo un calmante, che lo fece addormentare subito e fasciarono le ferite della madre.
La polizia levò il proprio disturbo e lo stesso fecero i soccorsi, una volta terminato il lavoro.
Lorenzo dormiva profondamente, all'apparenza sembrava un bambino innocente, vivace e con la voglia di essere sempre coccolato.
Chi l'avrebbe mai detto che dentro nascondesse un segreto così tanto?
Da quanto tempo lo teneva segregato nel suo cuore?
Evidentemente da tanto, visto il peggioramento dell'ultimo periodo.
Si sa: si vive grazie al cuore, ma da quando la malattia lo prese, iniziò a spegnerlo lentamente, a renderlo freddo.
Ormai era diventato un iceberg.
Più tempo passava, più diventava grande e, di conseguenza, pesante.
A momenti si sarebbe staccato a causa del peso e si sarebbe rotto in mille pezzi, di cui sarebbe rimasta solo la polvere per ricordo.
E tutti gli avvenimenti parlavano chiaro: quel momento era vicino.
Il ragazzo si svegliò, era calmo e non si ricordava nulla del giorno prima.
Lo psicologo lo percepì muoversi per cercare di sedersi sul lettino; i brividi gli percorsero la schiena e gli venne la pelle d'oca.
Non aveva mai avuto un cuor di leone.
Non sarebbe mai riuscito ad affrontare un assassino, teneva alla sua vita e non voleva finisse in un battere di ciglia.
Aveva solo 52 anni, ma ne dimostrava di più.
Il filo di capelli avvolto attorno al capo, formando una corona, gli occhiali da vista posati sul naso storto e il suo abbigliamento da nonno facevano capire che fosse sulla settantina se non più.
Lorenzo lo fissò in modo interrogativo, lo vedeva tremare, nei suoi occhi si leggeva un "aiutatemi, vi prego" implorato in ginocchio.
Si stiracchiò per risvegliare i muscoli e scese dal letto; i suoi calzini toccarono il pavimento gelato, ma non fece molto caso alla temperatura.
Cercò ancora di vedere cosa si nascondeva dentro la figura davanti a sé, mentre studiava lo studio allo stesso tempo, cercando di capire dove si trovasse e come fosse arrivato lì.
Dopodiché, si avvicinò all'uomo per avere spiegazioni, ma quest'ultimo prese del sale e glielo lanciò nella zona degli occhi.
Il ragazzo imprecò, strofinandoseli, faceva molto male, ma, piuttosto che pensare al dolore, riflettè sul motivo per cui aveva ricevuto un'accoglienza del genere.

Spazio scrittrice.
Era da molto che non scrivevo. Ho fatto uno dei miei capitoli lunghi.
Spero vi piaccia.
Ps: seguitemi sul privato di ig (@beax_7) .
E noi ci rivediamo ad un prossimo capitolo.
SWIUM. 💕

Take my hand ||Lorenzo Ostuni/FavijDove le storie prendono vita. Scoprilo ora