Capitolo 5: Il tramonto che si specchia nell'oceano

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Salve a tutti gente,

eccomi qui con il quinto capitolo della storia. E' un capitolo ricco di emozioni, credo, almeno spero ahahah

Vabbè dai, al solito so sempre di corsa quindi mi limito a postare e ad augurarvi una buona lettura ;)







CAPITOLO 5: FASE TRE: IL TRAMONTO CHE SI SPECCHIA NELL'OCEANO

Parigi

Kurt non era mai stato un asso in fisica. Ma capì a cosa si riferisse il suo vecchio professore del liceo quando parlava dell'Effetto Doppler e della variazione di frequenza a causa del moto della sorgente rispetto all'osservatore portando come esempio il suono della sirena dell'ambulanza.
Capiva quanto l'ambulanza fosse vicina man mano che sentiva quel suono avvicinarsi, diventare sempre più forte, quasi doloroso per le sue orecchie.
Tutto intorno a lui era confusione.
Quanto poteva essere effimera la vita di un essere umano confrontata con l'immensità dell'Universo? Quanto può essere un attimo decisivo per decidere della vita o della morte di un uomo? L'attimo prima suo padre stava bene, era felice e spensierato. L'attimo dopo era steso sul letto di Everett, gli occhi chiusi e un colorito terreo in volto.
Cosa sarebbe successo se l'ambulanza fosse giunta troppo tardi?
Kurt non voleva nemmeno pensarci.
Sentiva suo figlio piangere sconsolato tra le braccia di Antoine, mentre lui continuava a stringere la mano di suo padre, implorandogli di stringergliela. Ma nulla accadeva.
Più lontano vedeva Adam che se ne stava leggermente in disparte. Non pensò che lo stesse facendo con cattiveria, sembrava anzi che si sentisse realmente un intruso in quel quadretto, che non fosse quello il suo posto al momento.
E fu un attimo.
Kurt singhiozzò perchè realizzò che in quel momento aveva bisogno più che mai delle braccia di Blaine attorno a lui. Realizzò in quel momento che l'unica persona con cui avrebbe voluto condividere tutto quel dolore era ancora e sempre lui.
Realizzò in quel momento che Blaine in quel quadretto non sarebbe mai stato un intruso, sarebbe stato la sua forza e la sua ancora.
Sempre e per sempre.
Quando i paramedici entrarono il caos divenne quasi isteria.
Kurt non voleva lasciare suo padre, ma Paul non voleva lasciare lui.
« Kurt ... tu vai, porto io Everett in ospedale! » Esclamò Antoine cercando di spingere Kurt verso l'ambulanza.
Dentro i paramedici avevano già iniziato a stabilizzare Burt, ma dovevano far presto, dovevano raggiungere l'ospedale.
« Monsieur, nous devons aller!. » Esclamò uno di questi concitatamente. Kurt lo guardò con sguardo vacuo, gli occhi che dolevano per la forza che stava impiegando per respingere le lacrime.
« Mon ... Mon fils? »
« Il peut venir, mais il faut se dépêcher! » Kurt annuì con il capo, sapeva benissimo che dovevano muoversi. Suo padre era incosciente già da un bel po'.
Antoine aiutò il piccolo Paul a salire sull'ambulanza e appena fu su le porte vennero chiuse.
Paul si accoccolò tra le braccia di Kurt, tirando su con il naso e cercando di non guardare suo nonno, con gli occhi chiusi e ancora l'eco di quell'ultimo sorriso stampato in volto.

* * *

New York

Sebastian non seppe dove trovò la forza di consolare suo nipote che si trovava praticamente dall'altra parte del globo, tranquillizzarlo che sarebbero stati lì al più presto e poi dire tutto all'altro nipote, quello che con suo nonno c'era cresciuto.
Per quando Everett si addormentò tra le sue braccia distrutto, Sebastian aveva un fortissimo mal di testa.
Quello era già un bel rompicapo prima, adesso era diventato solo qualcosa di davvero difficile.
Come l'avrebbe presa Blaine? Già avrebbe dovuto digerire il fatto di aver vissuto con Everett negli ultimi giorni e non con Paul. E adesso Burt.
Blaine era affezionato al suo ex suocero. Lo aveva accolto in casa sua quando suo padre lo aveva praticamente abbandonato non solo perché gay, ma anche perché aveva deciso di vivere la sua omosessualità alla luce del giorno sposando Kurt e non tenendoselo come amante notturno.
Sospirò, cercando di non svegliare Everett che si era addormentato dopo tanto piangere.
Non seppe quanto tempo passò a guardare quel visino delicato, rigato da quelle due scie biancastre di lacrime secche. Ad un tratto sentì la chiave girare nella toppa. Blaine era tornato.
Sebastian non voleva svegliare Everett, forse era il caso che lui e Blaine affrontassero prima da soli quella conversazione. Così quando Blaine entrò in sala si portò l'indice alla bocca, intimandogli silenzio. Stese Everett sul divano con dolcezza, attento a non svegliare il bambino.
Blaine capì subito che qualcosa non andava. E non gli occorreva vedere lo sguardo grave di Sebastian, gli occhi rossi e gonfi. Gli bastava vedere il volto del suo bambino, completamente devastato dal pianto.
« Bas ... cosa? »
« Blaine, dobbiamo parlare. »

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