Prologo

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Avete presente quando state facendo qualcosa nella vita che non vi piace? Io ho questa sensazione da tempo. 

Da piccola sognavo di essere una cantante, una di quelle famose che va in giro per il mondo e calca i palchi più importanti. Mi ricordo quando facevo dei piccoli "concerti" ai miei genitori che pazientemente mi ascoltavano cantare la stessa canzone per ore. Ricordo ancora la prima canzone che avevo imparato, Più Bella Cosa di Eros Ramazzotti. Perchè proprio quella? Beh, semplicemente perchè Eros era il cantante preferito di mia madre che aveva solo suoi CD in casa.

Ma quello che per me era cominciato come un gioco, si trasformò ben presto in una passione. All'età di otto anni cominciai a frequentare una scuola di canto a Roma solo per il fatto che i miei genitori non ne potevano più di sentirmi cantare a casa per tutto il giorno. Purtroppo non si resero conto che, facendo così, avrebbero alimentato la mia voglia di crescere sempre di più a livello musicale.

Ero brava, tutti me lo dicevano, e quando arrivarono i primi complimenti da parte di persone esterne alla mia famiglia cominciai a credere un po' più in me stessa. I primi saggi furono un successo, la mia maestra di canto, Alessandra, mi faceva imparare dei brani anche in inglese e io ero sempre più entusiasta. Inoltre seguivo anche lezioni di piano e di chitarra. Diceva sempre che avrei avuto un futuro, che se avessi continuato a studiare sarei diventata più famosa di Madonna. E io cominciai a crederle. Fu un grosso errore.

Io volevo veramente diventare una cantante e, quello che sembrava un semplice capriccio da bambini, diventò pian piano una convinzione. In effetti sono molto testarda e anche all'epoca non cambiavo idea facilmente. 

Mia madre fu la prima ad accorgersi di quello che stava succedendo e cominciò a farmi pressione. Non voleva avere una figlia cantante, le andava bene finchè questo rimaneva un hobbie ma niente di più. Poi convinse anche mio padre, che tentò di farmi smettere le lezioni di canto.

Io pero' non ero più una bambina. Avevo 15 anni e la musica era diventata la mia vita. Non mi interessava altro, non volevo fare altri sport. Io ero diversa dagli altri, lo sentivo. Così cominciai a scrivere le mie prime canzoni, niente di particolare, qualche frase buttata lì senza un nesso logico ma che per me era tutto. Scrivere era diventato uno sfogo, un modo per esprimere la mia opinione e per andare contro tutti.

Il mondo reale pero' era molto più crudele. Mi resi conto, crescendo, che avere una bella voce non significava essere una cantante. Che ci voleva molto di più per fare un concerto, vendere dei CD. I miei genitori avevano ragione? Ero disposta a lasciare tutto e vivere di musica?

No non lo ero. Dopo l'ennesima litigata con i miei decisi di arrendermi. Non avrei più cantato. Perchè combattere per ottenere il niente? Avevo 16 anni e una vita davanti. Perchè sprecarla andando dietro a un sogno? Volevo solo continuare ad essere una ragazza spensierata come tutti i miei amici. Non ero pronta ad assumermi certe responsabilità andando contro tutti. Perfino la mia maestra di canto mi abbandonò. Continuava a sostenere che avevo una bella voce ma dovevo ascoltare i miei genitori. Era palese che in realtà Alessandra non era d'accordo ma non voleva neanche andare contro i miei genitori. E se anche l'unica che mi sosteneva aveva cominciato ad abbandonarmi, non avevo ragione per andare avanti. In quel momento non desideravo altro che un po' di stabilità e di tranquillità. Chiedevo troppo?

Fu così che mi dedicai allo studio. Sarei diventata una studentessa modello. E' quello che volevano i miei genitori, no? 

Ma cosa volevo io? 
Volevo veramente diventare un burattino?
La verità era che sono una codarda. Non ho combattuto per il mio sogno e mi ero arresa troppo facilmente. Di sicuro la scelta di abbandonare il canto segnò la mia vita ma decisi di non abbattermi.

Dopo cinque anni di liceo scientifico, decisi di seguire le orme di mio padre frequentando l'università, facoltà di Economia. Mi sembrava la scelta più sensata, di sicuro non era quella giusta per me.

Perchè vi racconto tutto questo? Semplicemente perchè a volte anche le scelte sbagliate possono portare a  qualcosa di positivo.

Quando pensavo che il "mai na gioia" mi avrebbe perseguitato per tutta la vita, il destino mi regalò un'opportunità che poteva rendere la mia vita un un po' meno vuota.





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