21 ottobre 1999

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Sulla sedia nell'ufficio di papà c'era la mamma, la testa china sul tavolo, il respiro a singhiozzi. Rimasi un attimo in attesa di un movimento, ritta sulla porta. Poi feci un passo. Mia madre alzò la testa...
Aveva i folti capelli neri disordinati, gli occhi gonfi e il viso rosso. Le lacrime rigavano incessantemente il suo volto. Non finse nemmeno che non fosse successo nulla come faceva le altre volte in cui litigava con papà. Stava lì e mi fissava continuando a piangere. Nessun movimento, nessuna parola. Solo i nostri sguardi in un silenzio tombale.

Dopo qualche istante mia mamma si alzò di scatto e mi abbracciò. Non capivo cosa stesse succedendo ma rimasi in silenzio mentre sentivo la mia camicetta bagnarsi lentamente delle sue lacrime.

Fu solo dopo qualche minuto che riuscii a pronunciare un suono.
"Cosa è successo?" chiesi con voce esile e timorosa.
Mia madre mi guardò con uno sguardo di pietà.
"Ora ascoltami bene..."
Non fece in tempo a parlare che tutto d'un tratto si sentì un forte rumore di una porta sbattere.
Accorsi all'entrata e vidi mio padre, gli occhi gonfi, i pugni serrati.
Cercai di salutarlo ma lui tirò dritto verso il suo ufficio. Era sul punto di scoppiare in uno dei suoi scatti d'ira...e così fu. Non appena vide quella lettera sulla sua scrivania la prese e la strappò ferocemente. Poi, come se impazzito, scaraventò a terra tutti i fogli e le penne. Tirò un calcio ad un mobile. Avevo paura. Non lo avevo mai visto così prima d'ora. Avevo paura di mio padre.
Ad un tratto si fermò e rimase immobile a fissare il vuoto. Mamma continuava a piangere. Non riuscivo a capire e avevo bisogno di risposte. Dopo qualche minuto mio padre si avvicinò a me...avevo paura di un altro attacco d'ira, ma poi mi prese la mano. "Julie ascolta, io e la mamma dobbiamo parlarti, ormai hai quasi 12 anni dovresti essere in grado di capire..."
No, ora non volevo più essere grande.
Volevo tornare piccola, tornare al lago tutti insieme...
Mi strinse forte la mano. Mi faceva male ma non dissi nulla.
Papà fece un respiro profondo e mi disse: "Va bene ora ascoltami bene: supereremo anche questa cosa insieme...come abbiamo sempre fatto."
Non capivo e non volevo capire.
"Ascoltami...si chiama carcinoma del polmone, è un tumore che colpisce i polmoni impedendo il passaggio dell'ossigeno...sarò chiaro con te. Ci sono molte possibilità di morte quante sono quelle di guarigione. Il dottor Wilson è un ottimo medico e lui saprà curarti..."
Il mio respiro si era fermato, sentivo il volto bollente...non ascoltavo più papà. Il suono della sua voce era solo un piccolo fruscio sovrastato dalla moltitudine di pensieri che assalivano la mia mente. Fissavo il vuoto incredula e non riuscivo più a dare un senso alla mia vita. Restavo ritta in piedi senza emettere un minimo rumore. Papà e mamma decisero di lasciarmi un attimo sola. Rimasi lì immobile. Ancora non riuscivo a comprendere. Nessuna lacrima, nessuna rabbia...solo vuoto. Ero incapace di fare qualsiasi cosa. Le mie gambe cedettero e mi sedetti a terra. Le parole mi risuonavano nella testa.
Era tutto così perfetto... Lo era.

la bambina dal vestito bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora