Breathing In The Snowflakes #percabeth

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The A Team - Ed Sheeran
(Canzone nei media)

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- Signor Jackson, le dispiacerebbe seguire la lezione da sveglio? -, tuonò la voce della prof, facendo sobbalzare Percy, che aprì gli occhi impastati dal sonno. Non aveva fatto apposta ad addormentarsi, ma la spiegazione sulle frazioni algebriche si era trasformata in una ninnananna che l'aveva trasportato direttamente tra le braccia di Morfeo. 
Fortunatamente, il suono della campanella interruppe trillando la ramanzina della vecchia insegnante, appollaiata dietro alla cattedra. Gli studenti accolsero con un sospiro grato la fine delle lezioni e Percy si alzò, cominciando a raccogliere le poche cose sparse sul banco e ad infilarle nella cartella, che poi si mise su una spalla. Cominciò ad uscire dalla classe, ma la voce della prof lo richiamò dentro: - Signor Jackson. -
Percy si voltò lentamente, sapendo cosa lei stesse per dirgli: - Sì? -
- Dovrà impegnarsi di più se non vuole ripetere l'anno. Le posso già dire che l'ultima verifica non è andata benissimo. -
- Non lo faccio apposta, prof. -
- Non importa. In ogni caso, aiuterebbe restare svegli durante le mie ore, non trova? -
- Mi scusi, prof. -
- Può andare, Jackson. Non me ne faccio niente delle sue scuse. -
Percy abbassò la testa e mugugnò un saluto, poi uscì dalla classe a passo svelto, continuando a guardare per terra.

Continuò a camminare a testa bassa pensando a come risollevare la sua disperata situazione scolastica.
Se si fosse messo a fare un'ora in più di esercizi ogni giorno, forse sarebbe riuscito a raggiungere la sufficienza, pur rinunciando a qualche altra ora di sonno, poi con l'interrogazione avrebbe potuto rimediare un....
- Ah! - esclamò, sbattendo contro qualcuno.
Alzò lo sguardo e vide Annabeth Chase, la miglior alunna della classe, mentre si massaggiava un braccio che lui aveva urtato.
- Scusami, non ti avevo visto... - balbettò lui, chinandosi a raccogliere i libri che le aveva fatto cadere dalle braccia e porgendoglieli. Lei non rispose.
- Davvero, scusami, avevo la testa da un'altra parte. - insistette lui, ma Annabeth si limitò a guardarlo fisso per un po'.
Infine scrollò le spalle e se ne uscì con: - Quando dormi sbavi. -
Lei se ne andò e Percy rimase a guardarla allontanarsi, perplesso, poi, quando la sua figura esile scomparve dietro l'angolo, si girò anche lui e tornò a casa.
Che ragazza strana, pensò. Però è carina.

Annabeth camminava a passo svelto, rabbrividendo perché la neve si infilava nelle sue scarpe troppo leggere e le gelava i piedi. Stava male, malissimo, non riusciva più a resistere, quindi si mise a correre. Arrivò ad un ponte ricoperto dalla neve, un grazioso arco bianco sopra al fiumiciattolo ghiacciato. Si avvicinò ad uno degli alberi lì vicino e infilò la mano in un buco. Dopo qualche secondo, le sue dita si strinsero intorno ad un pacchettino di plastica e lei tirò un sospiro di sollievo.
Si infilò il pacchetto in tasca e corse verso casa più veloce possibile, non potendo resistere un altro secondo.
Arrivò ad un edificio squadrato e diroccato, dalle cui crepe nei muri grigiastri uscivano foglioline di piante rampicanti ed occasionalmente muffe verdognole. Entrò e si ritrovò nel buio più completo. Dannazione, pensò. Hanno tagliato di nuovo la corrente.
Avanzò a tastoni fino ad un mobile di legno, uno dei pochi mobili che ancora adornavano la grande stanza che un tempo era stata un salotto di tutto rispetto. Gli altri era stata obbligata a venderli per poter comprare l'unica cosa che riusciva a farla stare bene. Sarò costretta a chiedere di nuovo dei soldi a Luke, pensò, anche se so cosa mi chiederà in cambio.
Aprì un cassetto e ne tirò fuori un mozzicone di cera, ovvero quel che restava di una candela, dentro un piattino ed una scatola di fiammiferi. Accese la candela e la posò sul tavolo ottocentesco al centro della sala, pensando che certamente il moccolo aveva visto giorni migliori. Come lei, d'altronde.
Si sedette, tirò fuori dalla tasca della giacca il pacchetto e ne riversò il contenuto sul tavolo. Ora nevica anche in casa, pensò, mentre guardava la polvere bianca che scendeva dalla busta di plastica trasparente, sorridendo candidamente, come una bimba innocente al luna park. Aveva sempre amato la neve, fin da bambina, e avrebbe fatto qualsiasi cosa per averla sempre sotto gli occhi.
Quella notte, non dormì. Restò stesa nel vecchio sacco a pelo, il corpo tremante, il gelo che le si addentrava nelle ossa, le pupille dilatate in cui si rifletteva la flebile fiamma, a sentire le voci gaie dei tempi passati che continuavano ad infestare la sua casa e la sua testa.
Dov'è la mamma? Dov'è la mamma? Papà!
Una lacrima si avventurò solitaria lungo la sua guancia.
La mamma è andata via, Annie.
Gli occhi azzurri di papà le sorridevano, la sua mano le accarezzava rassicurante la testa.
Dov'è la mamma? Dov'è la mamma?
- Zitta, stupida! Stai zitta, zitta! - gridò Annabeth al fantasma della bambina bionda che la torturava con il suo vocino squillante ed allegro. Chiuse gli occhi, strizzandoli più forte che poteva, cercando di non sentire più quelle voci.
Se n'è andata, è andata via.

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