Valentina aveva faticato a prendere sonno. Non riusciva a capire con quale coraggio fosse riuscita a resistere al ragazzo che, a malincuore, aveva abbandonato in salotto. Parte di lei si diceva che dopotutto era soltanto un gioco, e del resto il Nero era stato assoldato da Zio Carlo per sorvegliarla, non per andarci a letto. E questo lo aveva capito anche dalla sua ferma compostezza, quasi meccanica e innaturale. Era teso quando erano insieme. Eppure, quando la guardava con quei suoi grandi occhi languidi, la ragazza sapeva che anche lui provava qualcosa. Una curiosità, o forse una sorta di attrazione fatale, proibita. Tutto a un tratto l'idea di disubbidire alle regole prestabilite sembrava più che allettante. Ma la verità era che aveva paura. Si sarebbero fatti male, se lo sentiva. E con questo presentimento, riuscì comunque a trovare un po' di riposo, ma soltanto per qualche ora. Giusto il tempo di concedere al sole di rinascere che la bruna era nuovamente sveglia. Il cielo si era appena schiarito, senza mai perdere quel grigiore malinconico che sembrava gravare anche sul suo umore pensieroso e riflessivo. Restando in posizione supina, avvolta fra le morbide lenzuola del suo letto, Valentina ripensò ancora al Nero. Al sapore della sua bocca. Al modo fermo e deciso con cui l'aveva portata al suo petto. Le parve di sentire le palpitazioni, come se si sentisse finalmente inerme. Non era male, anzi. La giovane capì per la prima volta cosa significasse essere una ragazza normale, e non quella persona che volevano che diventasse: una macchina cinica e spietata.
Un sorriso amaro si dipinse sulle sue labbra sottili e rosee. Quasi non riusciva a crederci ma lui, pur essendo molto pacato e taciturno, era riuscito a farla sentire bene come nessuno aveva mai fatto prima. Forse erano stati proprio i suoi occhi. Quelle due magnifiche gemme cristalline che, ogni volta che si puntavano su di lei, parevano scrutarla come un quadro enigmatico. Lui la studiava, lo aveva sempre fatto, come a volerle entrare dentro per curiosare fra tutti i suoi segreti. Come se, in realtà, lui non fosse stato attratto tanto dalla sua figura, ma dalla sua testa. E per questo, lei se ne sentì profondamente lusingata. Avvertì dei passi leggeri farsi avanti, e in un gesto del tutto impulsivo e spontaneo, Valentina si finse ancora addormentata. Pur non riuscendo a vedere nulla, sentì la porta della sua camera aprirsi piano. Con tutti gli occhi chiusi, la bruna riusciva comunque a percepire la sua presenza farsi lentamente sempre più vicina, quasi stesse pregustando anche lui il momento in cui sarebbe stato abbastanza vicino per dirle qualcosa. Immaginò i suoi occhi chiari scrutarle le forme gentili mascherate della coperte, e sul suo viso la pallida ombra di un mezzo sorriso. E del resto, poteva ben affermare che non era andata a letto con una sottana di seta nera per nulla.
-So che sei sveglia- calda e vellutata, la sua voce parve una morbida carezza sul suo viso. L'aveva smascherata subito, e di questo non ne era affatto sorpresa. Senza degnarsi di schiudere le palpebre, la bruna sogghignò piano, immaginando che anche lui stesse silenziosamente facendo la stessa cosa.
-Sto aspettando il mio bacio- affermò lei con grande sicurezza restando ancora in quella posizione. Non sapeva se lo aveva spiazzato o meno. Ma il suo breve silenzio il quel momento le fece ben sperare di essere riuscita nel suo intento.
-Nero, io cento anni non ce l'ho a disposizione...- ridacchiò canzonandolo appena, ma si ammutolì non appena percepì un angolo del suo letto matrimoniale farsi improvvisamente più pesante. Lo sentì strisciare lentamente verso di lei, torreggiandola completamente. E quando il suo fiato caldo le carezzò le gote, la ragazza riuscì a sentire il cuore andarle in gola e perdere un battito. Senza rendersene conto, la bruna aveva cominciato a fremere di anticipazione sotto il suo corpo, e anche se il ragazzo sapeva bene che lei non poteva vederlo, gli fu comunque impossibile trattenere un ghigno malizioso e beffardo. Le sue piccole labbra, sottili e ben disegnate, si erano schiuse di pochi millimetri, accogliendo il suo fiato con ingordigia, quasi nutrendosene. E quella, era una vista che ben deliziava gli occhi del Nero il quale, deciso a porre fine a quel piccolo gioco, ne prese nuovamente possesso. Fu un bacio vigoroso, famelico. Quelle labbra lui le aveva bramate per tutta la notte, e anche se sapeva bene che quello che stava facendo andava completamente contro la sua etichetta, non riuscì a smettere di assaggiarla. Valentina sussultò quando la lingua del Nero la penetrò per ingaggiare una sinuosa e confusa danza con la sua. Le girava la testa, non capiva più se quello che stava provando fosse giusto o sbagliato. Tutto quello che riusciva a percepire era soltanto un maledetto brivido di piacere che le fece venire la pelle d'oca.
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Un Gioco Spietato
FanfictionIspirata alla serie televisiva tratta da "Romanzo Criminale" di Giancarlo De Cataldo. [Dal capitolo 2: Vince solo chi fugge] -Quanti ne hai uccisi?- chiese mostrandosi più diretta e spavalda. E alla sua richiesta, il moro non riuscì ad evitare di i...